Saldi invernali in città: si svendono le Caserme. Pisa nelle mani di fondi speculativi

12 / 1 / 2018

«Il diritto alla città legittima il rifiuto a lasciarsi escludere dalla realtà urbana da parte di un’organizzazione discriminatoria e segregativa. [...] Il diritto alla città significa allora la costituzione o la ricostituzione di un’unità spazio-temporale [...] invece di una frammentazione.»

(Henri Lefebvre, Spazio e politica. Diritto alla città II

L’agenzia del Demanio, in combutta con il Ministero della Difesa e il Comune di Pisa, ha venduto la caserma Artale (che si trova tra via Roma, via Savi e via Derna) e la caserma Curtatone e Montanara (tra via San Martino e via Giordano Bruno) a un fondo d’investimento privato.

Quest’ultimo stabile è stato riaperto alla città nel 2014 dal Municipio dei Beni Comuni, a tutti gli effetti l'unico soggetto che - attraverso l'autogestione e l'auto-recupero - aveva restituito alla città per poco più di due mesi il gruppo di immobili, ribattezzato “Distretto 42”, e un giardino di 8 mila mq abbandonato da più di vent’anni, intitolato alla memoria di don Andrea Gallo. 

Il Progetto Rebeldia, fra gli animatori della rete del Municipio dei Beni Comuni, evidenzia come negli ultimi vent'anni il "Distretto 42" sia stato utilizzato in qualità di parcheggio abusivo dal personale militare che approfittava dell'abbandono dello stabile per posteggiare la propria auto a due passi da Corso Italia. Al contrario, con l'occupazione e la riapertura di quattro anni fa era diventato un luogo di socialità e di rigenerazione del verde pubblico, nonché uno spazio di mutualismo, dove iniziavano a radicarsi progetti collettivi per far fronte alla morsa della crisi economica. La ricchezza collettiva e le ricadute virtuose di quell'esperienza sono state spazzate via dalla violenza dei plotoni della celere: i militanti, nell’aprile 2014, sono stati tirati giù dagli alberi con la forza e sgomberati nonostante si stesse siglando un accordo con il Demanio applicando la legge sul cosiddetto “Federalismo demaniale”. Tale accordo, inoltre, era stato sottoposto alla revisione di prestigiosi giuristi come Ugo Mattei e Paolo Maddalena. Nonostante ciò, la violenza dello sgombero prese presto il sopravvento rispetto al dialogo e alla politica: la giunta Filippeschi sostenuta dal tandem Pd-SEL non volle mai autenticamente aprire un tavolo di confronto per una riconversione a uso sociale. Infatti, come attivisti più volte abbiamo denunciato che l’amministrazione Filippeschi ha scelto consapevolmente di precludersi l’occasione di acquisire le caserme a titolo gratuito con il federalismo demaniale e restituirle a una reale funzione pubblica e sociale.

L'operazione di vendita, conclusa fra Capodanno e l’Epifania, è di fatto una clamorosa svendita e dismissione del patrimonio pubblico. È un progetto chiaramente progettato contro l’interesse pubblico della città, poiché è stato portato avanti senza troppi clamori, come trattativa privata tra istituzioni. Un po' di dati e un po' di memoria storica sono utili per ricostruire il quadro complessivo. Innanzitutto, le due caserme sono passate dal Demanio al "Fondo investimenti per la valorizzazione Comparto Extra", un fondo di investimenti gestito dalla Cassa Depositi e Prestiti, soggetto che col tempo è stato privatizzato e scorporato. In totale si parla di circa due ettari di centro cittadino che a novembre 2017, durante la firma dell'accordo con la presenza del Ministro Pinotti, erano stimabili per un valore di circa 40 milioni di euro. In data odierna il valore pare essere precipitato a 8 milioni. Il Progetto Rebeldia infatti sostiene che il deprezzamento di 32 milioni di euro in soli 2 mesi è un vero e proprio regalo alle banche e accusa, con un po’ di ironia, l’amministrazione comunale di accodarsi ai saldi che - com'è noto - si aprono nel mese di gennaio. 

Dall’altra parte della barricata, ovvero quella dei poteri forti, ci sono il sindaco e l'assessora Zambito i quali parlano di vaghi riutilizzi sociali, sostenendo che le due caserme saranno riconvertite in uno studentato e housing sociale. Tali dichiarazioni, tuttavia, non sono comprovate da atti concreti: in particolare, sia nel protocollo firmato dal sindaco, che nell’atto d’indirizzo approvato dal consiglio comunale non è predisposto alcun vincolo stringente; di fatto, sarà il fondo speculativo di investimenti a proporre e decidere il futuro dell’area, potendo anche proseguire nella strategia dell’abbandono. 

È necessario registrare il fatto che il Comune di Pisa a guida PD e sostenuto da MdP - fu l'amministrazione Fontanelli infatti a inaugurare i progetti speculativi su questa larga porzione del centro storico - preferisce vendere a un fondo finanziario, anziché accogliere la progettazione partecipata proposta dal Municipio dei Beni Comuni che è stata promossa per mezzo di una mozione popolare sostenuta da migliaia di cittadini e abitanti del quartiere San Martino. 

Come intuito più di trent’anni fa da Henri Lefebvre, la politica oggi riguarda sempre più l’interrogativo “Chi decide sulla città e sulla sua organizzazione spaziale?”: ancora una volta le operazioni di speculazione economica vengono predilette rispetto alle proposte che giungono dalla cittadinanza. La partecipazione delle persone alle scelte sul futuro della città sono relegate a mero spot elettorale, esattamente come questa svendita, che avrà l’unico effetto di pesare come un macigno sulla struttura spaziale e urbanistica della città della Torre pendente.