Ieri il parlamento italiano ha finalmente votato la legge sulle unioni civili stilata dalla senatrice Monica Cirinnà e che di fatto per la prima volta riconosce le coppie formate dallo stesso sesso, e anche da sessi opposti, senza aver contratto il vincolo del matrimonio. Sarà sufficiente dichiarare in sede comunale la sussistenza dell’unione civile al fine di poter godere di alcuni fondamentali diritti quale – per fare un esempio molto semplice – quello di poter assistere in caso di necessità medica il proprio partner.
Bene. L’Italia che è un paese del cosiddetto primo mondo, nel 2016 ha
riconosciuto che alcune persone possono stare insieme anche se il loro
sesso è il medesimo, o semplicemente se non hanno voglia, soldi o
necessità di sposarsi. Inutile ricordare che la Danimarca questo stesso
passo lo fece nel’89 per poco dopo riconoscere i matrimoni tra gli
stessi sessi. Ma almeno, qualcosa è.
Eviteremo di fare i disfattisti – o forse no – ricordando che la Corte
di Strasburgo nel maggio 2015 aveva stabilito che l’Italia dovesse
introdurre il riconoscimento delle coppie dello stesso sesso – pena
ingenti multe da parte della Comunità Europea.
Naturalmente il governo Renzi, terribilmente a disagio con il suo
seguito e scarsamente votato da chi ancora non è convinto che il Pd sia
il vecchio Partito Comunista, ha appena guadagnato una fetta importante
di elettori in Italia. Buona parte della comunità Lgbtq. Poco importa
che questa legge sia tardiva e limitata e che sia a tratti
discriminatoria riconoscendo la possibilità alle coppie dello stesso
sesso e non, di essere considerate una “famiglia” certo – però non come
quelle composte da una coppia sposata. E no, perché per esempio
l’assegno familiare, che è una cosa con la quale uno Stato riconosce
davvero una famiglia offrendo sostegno economico, l’unione civile se lo
può scordare. Uniti sì, ma in modo differente.
Poco importa anche che la stepchild adoption – l’adozione del figlio del
proprio partner – sia stata praticamente tolta; un frammento della
legge, il quale riconoscimento non solo avrebbe svecchiato la
legislazione italiana dalla mannaia cattolica ma avrebbe consentito
all’Italia di trattare la materia civilmente come il resto d’Europa fa,
del tutto estromesso; uniti sì, ma non fate i bambini cari gay e care
lesbiche, perché poi l’ala cattolica del Pd chi la sente.
Poco importa che mentre Renzi e i suoi festeggiano le unioni civili,
nessuno si preoccupi di stilare una legge che punisca e riconosca quali
illegali le discriminazioni, le violenze e le esclusioni che ogni giorno
le persone gay, lesbiche, bisex, trans e queer soffrono in Italia.
Tanto per dire; se sei trans e qualcuno ti picchia per strada perché sei
trans, non sei stato discriminato. Sei stato picchiato, come due
ragazzini che si menano perché uno dei due ha la giacca identica
all’altro.
Insomma riconosciuti sì, ma diversi. Diversi per lo Stato, cittadini di serie B.
Niente da aggiungere sulla pena che fanno alcuni partiti in Italia: dal mitico M5S che si astiene – il partito di tutti e per tutti – alle destre che chiedono un referendum contro la legge che semplicemente dice “sì, siete una coppia e se tuo marito/moglie si sente male puoi entrare nella sua stanza d’ospedale.” Un referendum che possa impedire a due persone di essere riconosciuti come una coppia; agli italiani non va chiesto se sia giusto trivellare il mare Adriatico con tutto ciò che comporta; no, agli italiani si chiede se gli stia bene che due uomini o due donne si sentano e si riconoscano una coppia. Questi sono i valori per i quali lotta la destra italiana.
Infine piccolo inciso; abbiamo fatto un piccolo passo in avanti, è
indubbio. Ieri qualcuno diceva è un primo passo, ma il primo passo è
sempre il più complesso. Siamo un po’ più moderni, un po’ meno
retrogradi, abbiamo superato di un paio di posizioni l’Angola ed il
Congo in materia di diritti civili.
Mentre questo decreto ha impiegato tre anni per essere discusso e
approvato, quello sullo Ius soli è fermo da molto tempo e temo che lo
rimarrà per ancora tanto. D’altra parte non dobbiamo ricordarlo noi che i
finocchi votano e i neri no. E che ad ogni modo, non dar la
cittadinanza a chi è nato qua anche se di genitori non italiani, è e
rimane un modo per fare cittadini di serie A, B e C; i neri ovviamente
sono i C.
Quindi sì è un giorno di festa.
Ma dal dichiararci un paese civile siamo ancora ben distanti.