Senigallia: gravi provvedimenti giudiziari

La libertà, un doveroso pericolo, in verità

26 / 3 / 2012

Potendosi desumere dalla recidività delle sue condotte orientate finalisticamente alla consumazione di delitti pluriaggravati contro il patrimonio e dalla violazione delle norme che regolano l’ordine pubblico, ciò che gli permette di vivere, almeno in parte, con i proventi di attività delittuose, dalle quali si deve ritenere che tragga i mezzi di sussistenza considerando che il prevenendo risulta nelle banche dati econometriche avere comunicato nominalmente un reddito imponibile irrisorio.

Questa è la tesi che la Questura d’Ancona utilizza per giustificare i provvedimenti giudiziari notificati nella mattina di sabato 24 marzo a un militante dello “Spazio Comune Autogestito Arvultùra” di Senigallia. Nello specifico si tratta della notifica del foglio di via obbligatorio dalla città di Ancona per la durata di tre anni e della comunicazione d’avvio del procedimento volto all’irrogazione delle misure di prevenzione connesse alla pericolosità sociale.

Riteniamo questi provvedimenti un fatto gravissimo non solo perché ledono la libera iniziativa politica e la libertà di movimento personale, ma soprattutto perché questi provvedimenti si fondano sul teorema che vuole l’attività politica come una copertura per svolgere condotte illegali al fine di trarne un profitto privato, dedotto dal reddito irrisorio dichiarato. Il problema è proprio questo: il nostro compagno lavora con un contratto a progetto e questo suo essere precario, che è comune ad una fetta crescente della popolazione italiana, lo rende potenzialmente un delinquente.

A questo si deve aggiungere che tali conclusioni non sono sostenute da un impianto accusatorio coerente poiché non vengono contestati reati dai quali è possibile trarre proventi. Che proventi si possono trarre da reati penalmente minori come resistenza a pubblico ufficiale, occupazione o manifestazione non autorizzata? Nessuno, appunto! Senza considerare il fatto, che non ci troviamo di fronte a nessuna condanna definitiva.

La realtà è che all’aggravarsi della crisi economica corrisponde sempre di più una crescita del dissenso, che viene gestito dal governo presunto tecnico come un mero problema di ordine pubblico, che si traduce in un uso tutto politico del codice penale e delle misure di prevenzione. 

In ultimo, non è un caso che questi provvedimenti giudiziari arrivino dopo la settimana di mobilitazione nazionale in difesa della Val di Susa. Settimana che ha visto anche nella città di Ancona delle azioni in solidarietà ai No Tav, una delle quali avvenuta il primo marzo 2012 che ha visto la polizia caricare brutalmente i manifestanti davanti alla stazione di Ancona.

Dalla Val di Susa alle Marche, la paura non è di casa. 
CENTRI SOCIALI DELLE MARCHE