Sovvertire la “nuova normalità” meteorologica

Partendo dai tragici eventi di Mira apriamo una discussione attorno all'odierno modello di sviluppo e le conseguenze che genera

9 / 7 / 2015

Dobbiamo adattarci a una “nuova normalità”. La chiama così il meteorologo Luca Lombroso, per farci capire che i cambiamenti climatici e le loro conseguenze sulla vita sono una realtà con cui dobbiamo fare i conti. Si tratta di una condizione “irreversibile. Il danno è già stato fatto”, dice.

Una testimonianza concreta e tragica di quello che significa ha sconvolto ieri sera la Riviera del Brenta, tra Padova e Venezia. Una violenta tromba d’aria - classificabile EF4 secondo l’Arpav, nella scala Enhanced Fujita che va da 0 a 5 - ha distrutto case e ville venete tra Dolo, Mira e Pianiga, facendo un morto a Sambruson, un ferito grave, e circa novanta feriti. 15 milioni di euro i danni stimati dal sindaco di Pianiga, Massimo Calzavara; 300 le case e una decina le ville venete danneggiate (Villa Fini di Dolo è stata letteralmente rasa al suolo). “Impatto peggiore dell’alluvione 2010” twitta il governatore del Veneto, Luca Zaia, che ha decretato lo stato di crisi e chiesto di accedere al fondo nazionale della Protezione civile.

Ma non si tratta di un caso isolato. Aprendo stamattina le pagine web dei quotidiani locali si leggevano tre titoli uno dopo l’altro: “Tromba aria nel veneziano, un morto e feriti”; “Frana su strada vicino Cortina”; “Romeno muore per colpo di calore”. Le conseguenze dei cambiamenti climatici sono sotto gli occhi di tutti, quotidianamente.
Nemmeno la tromba d’aria della Riviera del Brenta è una novità, spiega Lombroso. “Questi fenomeni, tipici delle medie latitudini, si formano quando si presentano contemporaneamente alcune particolari condizioni climatiche: l’aria calda e umida, l’ingresso di aria fredda in quota (la cosiddetta “ondata di caldo”) e la confluenza di venti da nordest, la bora, con i venti caldi dall’Adriatico”. E anche la traiettoria seguita dalla tromba d’aria di ieri sera è simile a quella di altri episodi: partita dalla terraferma, si è spostata verso il mare.
Un percorso lungo il quale, però, oggi si incontrano molti più “ostacoli” di un tempo. “Sta cambiando la frequenza di questi fenomeni e il fatto che oggi trovano molte più cose da distruggere”. Edifici e strutture che non sono pronti a subire questi attacchi, continua Lombroso: “Il nostro tessuto urbano non è predisposto ad affrontare queste situazioni, come è invece negli Stati Uniti, dove la comunità si è organizzata per far fronte a un fenomeno che ci si aspetta. Questo vale sia per le case e le opere pubbliche minori, che per le grandi opere. Il progetto del Mose, per fare un esempio, non tiene conto di questi mutamenti in corso, del fatto che il clima sta cambiando e continuerà a farlo”.

E' un dato ormai inarrestabile, davanti al quale è possibile, secondo Lombroso, intraprendere solo due strade: “Imparare a convivere con questi fenomeni, attrezzandosi, e dall’altro, evitare che peggiorino. Immaginate che tra 50 anni, continuando così, queste ondate di caldo potrebbero sembrare ondate di fresco”.
Una “normalità” che dobbiamo, tuttavia, mettere in discussione, portando una forte critica al sistema che ha prodotto questa realtà e trovando delle vie d’uscita che portino altrove. Ci uniamo all’appello della rete dei comitati della Riviera del Brenta, Opzione Zero, che chiede un’assunzione di responsabilità: “Basta parlare di tragiche fatalità”. L’uso smoderato di combustibili fossili e lo spreco delle risorse naturali, il consumo di suolo e la cementificazione della nostra Regione sono tra le cause che hanno portato all’aumento della frequenza e della violenza di questi fenomeni climatici estremi. “Il consumo di suolo e l'impermeabilizzazione delle superfici, oltre a rendere il territorio più vulnerabile dal punto di vista idraulico, favoriscono anche la formazione delle cosiddette “isole di calore urbano”, un aumento della temperatura dell'aria sopra le zone più cementificate che va ad alimentare proprio le trombe d’aria - si legge nel comunicato di Opzione Zero -. Insistere con le trivellazioni per estrarre petrolio, favorire la costruzione di nuove autostrade, dare via libera ad operazioni come Polo Logistico a Dogaletto o Veneto City significa riproporre politiche vecchie, inadeguate, e soprattutto irresponsabili”.

Si avvicina la Conferenza internazionale sul clima, COP 21, che si terrà a Parigi il prossimo dicembre, sul quale possiamo fare una facile previsione. Al nulla di fatto che viene dai Governi nazionali possiamo però contrapporre le tante esperienze già in atto che praticano un’alternativa a tutela del territorio. A partire da queste voci locali, è necessario arrivare a una mobilitazione corale e una proposta concreta che, a partire dalla messa in discussione dei nostri stili di vita e di un modello di sviluppo onnivoro, possa rovesciare questa “normalità” e aprire nuove prospettive per un’altra economia che guardi, prima di tutto, al benessere e al futuro del Pianeta.