Spazi costituenti: Europa, Lotte, Mondo - EuroPassignano2014

2 / 9 / 2014

EuroNomade

 Spazi costituenti. Europa, Lotte, Mondo

18-21 settembre 2014 – Auditorium Urbani

 Passignano sul Trasimeno (PG)

www.euronomade.info

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La locandina

Invito a EuroPassignano 2014 [Ita]

Programma e sinossi

Invitation to EuroPassignano 2014 [Eng]

Info logistiche

Materiali preparatori

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Invito a EuroPassignano 2014 [Ita]

Euronomade vi invita anche quest’anno a Passignano sul Trasimeno, per un momento di incontro e di analisi: un tentativo di mettere alla prova la tenuta dei nostri strumenti concettuali, di scartare quelli che non funzionano, di consolidare quelli che possono servire, di sperimentare quelli necessari. Proseguiamo quel compito che, con tutti i nostri limiti, abbiamo cercato di svolgere durante l’anno attraverso il sito, gli incontri e il lavoro di elaborazione: una messa alla prova complessiva delle pratiche teoriche da cui proveniamo.

Gli spazi costituenti evocati dall’incontro di quest’anno sono spazi attraversati dalla guerra: la stessa lunga durata della crisi impedisce qualsiasi stabilizzazione dei rapporti internazionali, e apre un quadro di conflitti devastanti. Facile, in un panorama segnato dalla competizione, al tempo stesso tremenda e precaria, delle potenze globali e delle pretese neoimperiali, cadere nella tentazione di esercitarsi al gioco del “piccolo geopolitico”, e lanciarsi nelle più svariate previsioni geo-strategiche. Come potrete vedere dagli inviti alla discussione che accompagnano in questo programma le singole giornate, noi abbiamo intenzione, al contrario, di lasciare rigorosamente chiuse le scatole dei war games. Mai come ora, insistiamo sul fatto che lo spazio, gli spazi, i confini, non sono dati: sono processi, prodotti di tensioni e di conflitti. E come terreno di conflitto interessa qui l’Europa: terreno certo, di scontro tra le strategie delle potenze, ma anche spazio, incerto e continuamente riscritto dalla crisi, di lotta e di soggettivazione.

Il percorso che proponiamo ha appunto quest’ambizione: intrecciare la riflessione sullo spazio con quello della dimensione delle lotte, assumendo come centrale la diagnosi dell’evoluzione del capitalismo contemporaneo. Cominceremo proprio da qui: dal provare a sondare più in profondità la sua natura estrattiva.  La presenza importante di David Harvey ci permetterà di interrogarci sulla trasformazione e sulla differenziazione delle modalità dello sfruttamento. Spossessamento e rendita, saccheggio dei beni comuni e cattura del lavoro vivo, metropoli e finanziarizzazione: una mappa complessa e imprescindibile per aggredire i dispositivi della produzione di valore contemporanea.

La seconda giornata è dedicata alla questione che, utilizzando a bella posta un termine carico di tensioni e ambiguità, continuiamo a definire come “sindacalismo sociale”: che è, in altri termini, la questione della produzione di soggettività aperta dalle lotte all’interno di quella mappa molteplice. Lotte che pongono la questione dell’organizzazione di conflitti che attraversano continuamente le geografie tradizionali dello sfruttamento: tra lavoro e welfare, tra produzione e riproduzione sociale, tra “diritto alla città” e rendita. E’ il caso di riflettere sui tratti in comune che queste lotte cominciano a mostrare: e affrontare (in particolare i tavoli ragioneranno su questo) i nodi non più rinviabili delle “istituzioni del comune”, delle forme dell’organizzazione e dei destini molto incerti di quello che il lessico sindacale classico definiva “negoziazione”.

Atlantico, Est, Mediterraneo: il rapporto tra lotte e spazi si incarna su assi precisi, cui dedichiamo la terza giornata.   Ripresa di prospettive di lotta comuni sulle due sponde dell’Atlantico, sguardo ad Est contro la Nato e, insieme, contro l’autoritarismo di Putin, continuità dei movimenti del 2011 e continuità delle migrazioni , ventate reazionarie nel mondo arabo,  aggressione israeliana, guerra siriana, dissoluzione dell’Iraq, questione kurda… Non si tratta più, evidentemente, di “provincializzare l’Europa”, né di assumere semplicemente come dato di fatto la sua marginalizzazione: ma di saper praticare e rovesciare la crisi europea come spazio costituente dei movimenti sociali.

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Programma

 Giovedì 18 settembre - Ore 18

A proposito del capitalismo estrattivo: approssimazioni politiche

David Harvey discute con Miguel Mellino, Sandro Mezzadra, Toni Negri e Benedetto Vecchi.

Venerdì 19 Settembre – giornata dedicata al ‘Sindacalismo Sociale’

> Ore 10.30 -13 “Sindacalismo sociale”: what’s in a name?

Relatori: Michael Hardt, Raul Sánchez, Giso Amendola

> Ore 14,30 – 18 – Workshop

Primo Panel: Tra lavoro e vita: Istituzioni del comune e negoziazione sociale

Secondo Panel: Il sindacalismo sociale e i nuovi spazi per l’organizzazione

Hanno aderito fino a questo momento: Markos Trogoto, Paolo Di Vetta, Alfonso De Vito, Alioscia Castronovo, Mareas, Maria Rosaria Marella, Studenti universitari, Valery Arzaga, Nicola Carella, Sabrina Apicella, Maurillio Pirone, Francesco Caruso, Roberto Ciccarelli, PAH…

>>> A latere dei due panel, durante la giornata si terranno tavoli di discussione intorno a situazioni specifiche: è al momento già programmato un incontro su Università, lotte e saperi nell’Accademia ‘post-riforma’

Sabato 20 settembre 2014 – giornata dedicata a Europa/Mondo

> Ore 10

1. Mediterraneo: Sandro Mezzadra introduce e coordina gli interventi di Francesco Festa, Ugo Rossi e Martina Tazzioli

2. Est: Toni Negri introduce e coordina gli interventi di Srecko Horvat e Simone Pieranni

3. Atlantico: Benedetto Vecchi introduce e coordina gli interventi di Vincenzo Comito e Raf Sciortino

> Ore 19  Dibattito sulla situazione brasiliana ed elementi di bilancio sulle esperienze latinoamericane di questi annicon Giuseppe Cocco(Coordina Sandro Mezzadra)

Domenica 21 settembre - Ore 10,30: Assemblea conclusiva

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Sinossi del programma: prime note sui temi qualificanti del seminario

1. Europa/mondo

Porre oggi la questione dei rapporti tra l’Europa e il mondo significa invitare a riflettere sui molteplici elementi di blocco che caratterizzano l’attuale congiuntura a livello globale. La stagnazione economica, che in Europa è come raddoppiata dalla crisi costituzionale del processo di integrazione, riguarda infatti – sia pure in forme e con effetti differenziati – buona parte del mondo. La debolezza strutturale della “ripresa” negli Stati Uniti è ormai ampiamente riconosciuta, così come il carattere arbitrario della sovranità monetaria globale del dollaro. Gli stessi “Paesi emergenti”, a partire dall’asse BRICS, scontano crescenti difficoltà, riconducibili in parte a fattori interni e in parte all’approfondimento dell’interdipendenza sul mercato mondiale.

Una cosa ci pare certa: il mondo che si era profilato dopo l’’89, organizzato attorno alla netta supremazia statunitense, non esiste più. La sconfitta in Afghanistan e in Iraq ha segnato il tramonto dell’illusione che il soft power statunitense, unitamente alla sua traduzione nelle alchimie della global governance, potesse governare il processo di globalizzazione. Il sostanziale fallimento dei negoziati avviati a Doha dalla WTO (certificato dal rifiuto indiano di accettare la bozza di accordo definita lo scorso anno a Bali) mostra chiaramente questa crisi. L’emergere di nuovi nazionalismi economici (dalla Russia alla stessa India, per fare soltanto due esempi) contribuisce ad approfondirla: ed è appena il caso di notare che tendenze in questo senso sono bene presenti anche in Europa, nella politica commerciale tedesca ma anche dietro l’affermazione di forze “euroscettiche” in molti Paesi. Lo stesso cambiamento di strategia nella politica statunitense, che punta oggi su due iniziative parallele – la Trans-Pacific Partnership (Tpp) e la Transatlantic Trade and Investment Partnership (Ttip) – per isolare la Cina e la Russia e ristabilire margini di egemonia geo-economica a livello globale, sconta la debolezza delle basi materiali di un capitalismo atlantico che non si è ancora ripreso dalla devastante crisi del 2008.

E’ proprio la lunga durata della crisi a rendere precaria ogni ipotesi di stabilizzazione dei rapporti globali. Questa precarietà si esprime tra l’altro nelle crisi e nelle guerre devastanti che continuano a svilupparsi ai confini dell’Europa: dall’Ucraina alla Libia, dalla Siria alla Palestina, con una progressione che arriva a lambire i confini iraniani e a infiltrarsi nell’Africa sub-sahariana. Non bisogna in ogni caso dimenticare che l’Europa, con le tensioni che la attraversano, è di fatto un terreno di conflitto decisivo per la stessa competizione globale delle potenze imperiali. La stessa impotenza del movimento contro la guerra in Europa (la nostraimpotenza) si misura qui a partire dall’incapacità di far fronte a nuove dimensioni di conflitto, in cui spettacolari rivolgimenti geo-strategici (la riapertura del rapporto tra Russia e Cina, ad esempio, ma anche i nuovi margini di manovra di Paesi come Turchia e Iran, o l’oggettivo profilarsi di un contrasto tra USA e Arabia Saudita) spesso oscurano le pur presenti rivendicazioni di grandi masse popolari. E’ anche nella prospettiva di ripensare l’orizzonte strategico della mobilitazione contro la guerra che ci pare urgente una riflessione sui rapporti tra Europa e mondo, o sulla posizione dell’Europa in un mondo in tumultuosa trasformazione ma al tempo stesso segnato da una esiziale stagnazione.

Nei primi anni Sessanta dell’Ottocento, in piena guerra civile americana e tra le due prime crisi globali del capitalismo (quella del 1857 e quella del 1873), Marx esaltava la maturità della classe operaia inglese che, schierandosi risolutamente contro la schiavitù nel Sud degli Stati Uniti, si era ormai dimostrata capace di intervenire negli stessi “misteri della politica internazionale”. In un mondo radicalmente mutato, vogliamo riprendere questa indicazione di Marx. Siamo convinti che le lotte sociali in Europa debbano porsi immediatamente (verrebbe quasi da dire: come problema di “politica interna”) il problema di un intervento sugli equilibri e sugli squilibri globali. In questione non è qui semplicemente la “solidarietà internazionalistica”: la qualità della libertà e dell’uguaglianza che sapremo conquistare nei prossimi anni dipenderà direttamente dall’evoluzione del quadro globale, al pari di quanto la posizione dell’Europa in questo quadro (la sua capacità di essere forza di pace e di redistribuzione della ricchezza) dipenderà dalla spinta delle lotte sociali. E’ per questa ragione che i temi a cui abbiamo deciso di dedicare quest’anno il seminario di Passignano (“sindacalismo sociale” e “Europa/mondo”) sono per noi strettamente collegati.

In questo quadro vorremmo strutturare la discussione di sabato 20 settembre. Senza alcuna pretesa di esaustività proponiamo di assumere tre assi di riflessione: il Mediterraneo, l’Est e l’Atlantico. E’ evidente che quest’ultimo asse – quello atlantico – tocca direttamente la struttura dell’Europa, sia dal punto di vista di finanziario (in primo luogo per il peso della City di Londra) sia dal punto di vista strategico e militare (la NATO). Si può cominciare a pensare una rottura di questo asse atlantico che, non paradossalmente, sia funzionale alla ricostruzione di una comunanza di interessi e di lotta negli Stati Uniti e in Europa? Per quel che riguarda l’est, ci interessa discutere delle prospettive aperte da una nuova ipotesi di alleanza strategica tra Cina e Russia, in particolare sul terreno della politica energetica, che tocca direttamente l’Europa, ben al di là del suo confine orientale. E’ ipotizzabile una nuova forma di apertura dell’Europa verso est, che metta in discussione il nazionalismo economico e l’autoritarismo di Putin senza essere al servizio della NATO? Per quel che riguarda il Mediterraneo, infine, vorremmo partire da una riflessione su una duplice continuità, che ci interpella direttamente: quella dei movimenti e delle lotte del 2011 e quella delle migrazioni attraverso il Mediterraneo. D’altro canto, parlare di una continuità dei movimenti del 2011 non significa, evidentemente, sottovalutare la congiuntura letteralmente “reazionaria” che caratterizza un’ampia parte del mondo arabo: è anzi in questa cornice che vorremmo ragionare sulla stessa aggressione israeliana a Gaza, sull’attivismo delle petromonarchie del Golfo, sulle trasformazioni dell’islamismo e sui rivolgimenti delle alleanze che emergono in particolare sullo sfondo della devastante guerra siriana. Al tempo stesso, vorremmo insistere sul carattere strategico delle sfide – politiche, economiche, perfino “culturali” – poste all’Europa dalle migrazioni: è nel Mediterraneo che si giocano alcune delle partite decisive per la costruzione di un’Europa per cui valga la pena di lottare.

2. Sul cosiddetto ‘sindacalismo sociale metropolitano’

Porsi il problema dell’Europa significa affrontare la questione delle spazialità e delle forme di organizzazione politica, nella nuova geografia – che in modo instabile – sembra prendere corpo nella crisi.

Dopo circa sei anni dall’apertura delle turbolenze nei mercati finanziari statunitensi, è forse possibile parlare di crisi-ciclo, e non più della crisi nei termini di un fenomeno in grado di scandire il tempo della ristrutturazione capitalistica tra cicli (più o meno lunghi) di sviluppo. Nella crisi-ciclo, data la sua estensione, assistiamo al succedersi di fasi interne, in cui adesso sembra prendere corpo un cambiamento nello stesso management della crisi.

La politica monetaria adottata dalla BCE, esercitando una forma di comando sul mercato finanziario, è stata in grado di frenare le spinte centrifughe che premevano per l’implosione dello spazio europeo, ma contemporaneamente sembra del tutto incapace di chiudere la fase recessiva o di stagnazione delle economie europee. I meccanismi di trasmissione tra “capitale finanziario” e “capitale produttivo”, su cui si era basata la novità neoliberale del money manager capitalism, sembrano essere entrati in una nuova fase di riconfigurazione, senza che questo significhi la profonda modifica della logica di accumulazione finanziaria così come l’abbiamo conosciuta – su cui poggiano i dispostivi della «macchina estrattiva» del valore. La ferrea disciplina di bilancio dell’austerity, sembra lasciare spazio, soprattutto in alcuni paesi europei (come in Italia e in Germania), alla costruzione di deboli politiche «equitative» che attraverso il recupero marginale dei livelli salariali, hanno ottenuto l’effetto politico di ristabilire un nuovo ordine del discorso, piuttosto che produrre un effetto diretto nella ripresa del ciclo economico, attraverso il rilancio dei consumi. Proprio in queste ore, come contraltare a queste politiche «equitative» marginali, sembra seguire l’ipotesi oramai reale di nuovi tagli della spesa pubblica in diversi paesi europei, che sembrano riaprire l’ennesimo approfondimento delle politiche di privatizzazione del welfare.

All’interno di questo scenario, occorre chiedersi come si collocano, e quali possibili linee di sviluppo sono capaci di intraprendere, le esperienze di lotta che negli ultimi anni hanno attraversato lo spazio europeo.

Ben lungi dall’essere semplicemente reazioni difensive contro le politiche di austerity di smantellamento del welfare state universale, compressione dei salari e aumento dell’impoverimento, queste lotte presentano un carico di sperimentazione e innovazione capace forse di imprimere una nuova fisionomia alle forme di organizzazione dei conflitti sociali. Pratiche di riappropriazione del reddito, autogestione dei servizi, esperimenti di mutualismo, nuove forme di conflitti sul lavoro e per il salario, esperienze di istituzionalità autonoma: abbiamo provato a designare questo variegato arcipelago di esperienze con l’espressione «sindacalismo sociale». L’utilizzo di questo termine (non privo di ambiguità), più che fornire una proposta, ci è utile ad avviare una ricerca su quegli esperimenti di nuova organizzazione sociale dei conflitti che ci sembrano far emergere tratti comuni e ricorrenti. Tra questi, due sono quelli su cui maggiormente vogliamo puntare l’attenzione. In primo luogo queste esperienze organizzative hanno saputo stabilire collegamenti, alleanze e coalizioni inedite fra soggettività separate nel mercato del lavoro e nelle istituzioni del welfare state disarticolando le classiche divisioni su cui si sono nel tempo consolidate le tradizionali strutture sindacali. In secondo luogo, queste lotte tentano di sperimentare nuove forme di negoziazione sociale. Qui alla ripresa delle lotte sul salario diretto e indiretto, si affiancano pratiche di gestione «comune» dei servizi e degli spazi urbani, rivendicazioni che puntano all’affermazione e al riconoscimento di istituzioni radicalmente alternative alle logiche dello Stato e a quelle del mercato. Sindacalismo sociale, dunque, è il nome comune con il quale vogliamo mettere in luce quel terreno di lotta nel quale i confini tra vita e lavoro, rivendicazioni e invenzione di nuova soggettività si fanno mobili, labili e incerte.  Sarebbe tuttavia limitato soffermarsi unicamente sul resoconto di queste esperienze. Crediamo che occorra oggi interrogarle a partire dalla loro capacità di produrre una propria spazialità transnazionale, capace di disarticolare le asimmetrie e le gerarchie della geografia economica europea. Questo crediamo sia il terreno sul quale si presenta la principale sfida per i movimenti sociali. Se da un lato l’accelerazione impressa dalle politiche di gestione della crisi con le cosiddette «riforme strutturali» ha oramai da tempo prodotto una significativa convergenza tra le politiche del mercato del lavoro e tra i sistemi di workfare nazionali, dall’altro assistiamo alla moltiplicazione dei confini interni allo spazio europeo e all’approfondimento delle dissimmetrie fra le macro-regioni che lo compongono.

L’urgenza di ripensare «organizzazione» e «negoziazione» su un piano esteso, attraversa oggi il dibattito dei movimenti europei consapevoli dell’impossibilità di agire un rapporto di forza vincente all’interno dei confini nazionali. Questo sarà il filo rosso che attraverserà la giornata del 19 settembre, dedicata alle tematiche del sindacalismo sociale. Intendiamo strutturare la giornata intorno a due assi principali di riflessione. Il primo proverà ad interrogare gli esperimenti di nuova istituzionalità del comune che si sono prodotti nelle lotte in Europa, approfondendo alcuni elementi di blocco, a partire soprattutto dalla difficile definizione di nuovi spazi di negoziazione sociale. Come si definisce il rapporto tra esperienze di autogoverno e negoziazione? Il secondo asse, invece, ha lo scopo di indagare le pratiche di «sindacalismo sociale» come nuovo campo di organizzazione politica. Le esperienze di lotta sul lavoro e sul terreno della riproduzione sociale quali sentieri di organizzazione possono alludere nello scenario europeo?  Questi due ambiti di riflessione saranno affrontati all’interno di due workshop dedicati. La giornata si aprirà con un momento seminariale nel quale discuteremo del modo in cui le esperienze del sindacalismo sociale si collocano all’interno dei cicli di mobilitazione moltitudinaria, stravolgendo, fino a renderla indistinguibile, la classica divisione fra lotte economiche e lotte politiche.

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Invitation to Passignano 2014 [Eng]

Constituent Spaces. Europe, Struggles, World

We are happy to invite you to the annual meeting organized by the EuroNomade network, to be held in Passignano sul Trasimeno on September 18-21. EuroNomade is a network of activists, scholars and researchers that has existed since 2013. Many of its members were previously part of the UniNomade network. Coming from the “workerist” and “postworkerist” tradition we aim at fostering political debates within social movements, in a way that works at the boundary between the university and political activism. We are particularly interested in asking questions about the meaning of a European subversive politics. We are therefore connected with comrades and networks in many parts of Europe, but we always try to develop our discussion within a broader framework. In this sense fostering relations outside of Europe (e.g. in Latin America and Asia) is particularly important for us. Indeed our work on Europe is part and parcel of a broader attempt to reinvent the politics of internationalism.

The Passignano meeting will be dedicated this year to two interrelated topics. We will start on Thursday, September 18, with a discussion with David Harvey. His recent work has focused on what we would like to call the “extractive” dimensions of contemporary capitalism. Although we have often critically discussed his work, we are particularly happy that he has accepted our invitation. What we want to discuss with Harvey are the different regimes and forms of what he calls “accumulation by dispossession” as well as the relation between dispossession and exploitation.

We are convinced that the discussion with Harvey, who will participate in the whole seminar, will be an excellent introduction to the topics that we want to address in the two following days (September 19-20). The first is what we tentatively call “social unionism.” By this we mean emerging forms of social struggles, which often blur the boundary between the point of production and social reproduction. The second topic is “Europe and the world,” which will have us discuss the position of Europe within the current world disorder. We are convinced that there is a strong connection between these two topics. In other words, we think that the quality and intensity of social struggles in Europe will strongly influence the position of Europe in the world, while this position will in turn have important consequences for the spaces of struggle as well as for the quality of freedom and equality in Europe. Moreover we think that there is an urgent need to reflect upon the connection between the two proposed topics in order to go beyond the predicament of the movement against the war in Europe, which was apparent in the last months in front of the multiple wars at Europe’s borders (Ukraine, Syria, Palestine…).

We really hope that you will join us in Passignano. We have invited activists and researchers from several European countries (including Germany, Spain, and Greece). There will also be a discussion about the current situation in Brazil, and more generally in Latin America, with the participation of Brazilian comrades. The format of the seminar will be mixed, with roundtables followed by discussions in smaller groups, especially on the 19th, when we expect to have an intense discussion on the perspectives of struggles in Europe next Fall. On the 21st we will close the seminar with an open assembly, where we hope we will be able to lay the basis for an even more intense cooperation for the next future.

For logistical infos, please write to Carlo: [email protected] -  328 2627747

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Info logistiche

L’evento si svolge presso l’Auditorium Urbani di Passignano sul Trasimeno (PG), che si trova, entrando a Passignano dall’uscita “Passignano Est” della superstrada Perugia Bettolle, sul lato sinistro della strada che costeggia il lago Trasimeno.

ALLOGGIO: ci sono diverse possibilità di alloggio, in strutture ricettive in prossimità della struttura ove si svolge l’evento, in diversi campeggi dai prezzi molto contenuti raggiungibili rapidamente in auto, presso le case di alcuni compagni in zona (per dettagli contattare Carlo: [email protected] -  328 2627747). Verrà inoltre offerta la possibilità di pernottare con sacco a pelo GRATUITAMENTE nella palestra adiacente l’Auditorium ove si svolge l’evento.

ALIMENTAZIONE: verranno distribuiti pasti ( primo e contorno) in occasione della serata di apertura (cena prevista per le ore 20 di giovedì 18 settembre) e delle pause pranzo di venerdì 19, sabato 20 ed alla fine dei lavori di domenica 21 ad un prezzo di 5 euro.
Si prega di segnalare in anticipo particolari esigenze (celiaci, vegani, ecc.) in modo da darci il tempo di provvedere. Portando una borraccia o un contenitore di vetro sarà possibile rifornirsi di acqua fresca (naturale o con bollicine) presso il distributore di acqua adiacente all’Auditorium.

INFO: Carlo, [email protected]328 2627747
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