Stop confermato, Ilva aizza «i fedeli»

22 / 9 / 2012

Il futuro «modello di sviluppo» somiglia all'inferno tarantino: nessun ostacolo per l'impresa, nessun diritto per il lavoro, cura ambientale zero Anche la Procura boccia il piano di risanamento presentato da Ferrante. Un gruppo di dipendenti accenna alla protesta contro i magistrati, tutte le sigle sindacali si dissociano. Silenzio Uil
L'Ilva è una polveriera. La scintilla che ha riacceso il fuoco che cova sotto la cenere dallo scorso 26 luglio, quando il Gip Todisco firmò il sequestro preventivo di sei aree del siderurgico, è stata la notizia - scontata - del parere negativo depositato dalla Procura della Repubblica sul piano di adeguamento ambientale degli impianti presentato dall'azienda venerdì scorso. Cui era allegata l'istanza in cui l'Ilva chiedeva di poter mantenere una «minima» capacità produttiva per non disattivare completamente gli impianti.
La Procura non ha fatto altro che confermare la relazione depositata dai tre custodi-amministratori giudiziari giovedì, in cui veniva bocciato il piano Ilva, confermando come l'unico modo per eliminare del tutto le emissioni inquinanti sia quello di seguire le disposizioni che prevedono il loro spegnimento e rifacimento(cokerie e altiforni in primis), notificate all'azienda lunedì scorso.
«Il parere della Procura è in linea con quello dei custodi» si legge nel documento dei magistrati. Che sottoscrivono quanto relazionato dai custodi, che avevano giudicato gli interventi proposti dell'azienda «assolutamente inadeguati per fermare le emissioni inquinanti dagli impianti» e richiamato il presidente Ilva, Bruno Ferrante, nel suo ruolo di «custode amministrativo», alla predisposizione di un piano per l'impiego del personale nelle opere di risanamento degli impianti e bonifica delle aree sequestrate.
La Procura ha espresso parere negativo anche per quanto concerne l'uso degli impianti ai fini produttivi, anche se l'azienda lo ritiene necessario per rendere sostenibili gli investimenti. La sua tesi è che il tribunale del Riesame, parlando di «salvaguardia degli impianti visti gli enormi interessi in gioco», sottintenda in realtà una presunta facoltà d'uso. Dimentica però che i giudici del tribunale anteponeva a ciò il risanamento degli impianti, perché prioritaria è l'eliminazione delle emissioni diffuse e fuggitive provenienti proprio da quegli impianti. L'ultima parola però, spetta al Gip Todisco, che si esprimerà tra oggi e lunedì.
Ma la presa di posizione della Procura ha avuto anche il «merito» di acuire lo scontro tra i sindacati metalmeccanici. Sin dalle prime ore di ieri infatti, un centinaio di lavoratori si sono radunati all'interno dello stabilimento, nell'area della direzione, protestando perché l'azienda avrebbe «iniziato a spegnere le luci e a interrompere l'erogazione dell'acqua nei reparti sottoposti a sequestro». Smentita dell'azienda, ma via libera ad una serrata polemica con il presidente Ferrante. Il primo attacco é arrivato da Francesco Rizzo, delegato dell'Unione sindacale di base (Usb), che ha accusato l'Ilva di produrre in questi giorni come mai avvenuto prima d'ora. «Ieri in azienda si è prodotto l'ennesimo record di 80 colate e oggi l'Ilva esercita pressioni sui lavoratori affinché scendano in piazza».
Dalla manifestazione si è dissociata anche la Fim Cisl, sostenendo che la protesta sarebbe stata incentivata dagli stessi responsabili aziendali. Ancora più duro il segretario provinciale della Fiom Cgil di Taranto, Donato Stefanelli. «I capi stanno istigando alla rivolta contro la magistratura e i sindacati stanno dicendo cosa fare». Riferimento fin troppo chiaro alla Uilm Uil, stranamente silente ieri, da anni il sindacato più rappresentato nel siderurgico. Poco dopo, Ferrante ha respinto le accuse con una nota ufficiale: «Prendo la più assoluta distanza dalle parole del segretario della Fiom Cigl Stefanelli. Sono accuse irricevibili e infondate». In serata, è arrivata la controreplica di Stefanelli, che oltre a confermare le sue accuse, ha specificato che si riferiva «a quello che è il governo ombra in azienda rispetto al governo ufficiale e a cose che in questi mesi abbiamo riferito a Ferrante direttamente».
A soffiare ulteriormente sul fuoco, ci ha pensato il ministro dell'Ambiente Corrado Clini. Dopo aver annunciato che fra pochi giorni saranno pronte le prescrizioni del ministero dell'ambiente per la nuova «Aia», che potranno o meno consentire l'attività dell'azienda, il ministro ha lanciato il guanto di sfida alla magistratura. «L'autorizzazione per l'esercizio degli impianti compete al ministero. Né il procuratore della Repubblica, né il Gip, né il presidente del tribunale hanno l'autorità per autorizzare un impianto industriale». Nel caso in cui si creasse un conflitto o una divergenza con la magistratura, per Clini il caso «dovrà essere risolto secondo quanto prescritto dalla legge. Io so qual è il mio compito e conosco quelli della magistratura».

articolo pubblicato anche sul IlManifesto del 22/09