Stupro di Rovereto (Tn): chi specula sul corpo delle donne

di Paola Rosà *

27 / 7 / 2014

Offende e sconcerta che l’ennesimo atto di brutalità sul corpo di una donna venga preso a pretesto da una strumentale violenza verbale, politicamente utilizzabile, e scateni un clima di becera e incivile (penalmente perseguibile) istigazione alla vendetta, mentre è la stessa vittima, benché violata nel corpo e in tutto il suo essere, ad avere ancora la ferma lucidità di usare il cervello.

“Non ce l’ho con loro”, ha dichiarato riferendosi ai richiedenti asilo ospiti del campo di Marco da dove, secondo i primi sospetti, sarebbe uscito l’aggressore. Uno. Da identificare, da perseguire, da incriminare. Questa è la giustizia secondo la Costituzione italiana, per cui “la responsabilità penale è personale”, non quindi trasferibile ad appartenenze familiari, etniche o nazionali. Il resto si può chiamare faida, vendetta, odio razziale, o bassezza populista di chi istiga gli istinti più gretti che covano sotto le apparenti “buone maniere” adottate per convenzione o per maschera.

L’impressione è che il delirio di dichiarazioni pubblicate sui social network e sui media obbedisca a calcoli politici che ancora una volta sfruttano la cronaca a fini utilitaristici, sulla pelle di chi non c’entra nulla, sul corpo di chi dopo aver subito una terribile violenza merita solidarietà umana, rispetto, giustizia. E non certo un delirio che stravolga la logica e brutalizzi la legalità. Chi propone la chiusura del campo di accoglienza di Marco colpevolizza in massa un gruppo di persone che, in quanto gruppo, in quanto massa, nulla hanno a che vedere con il fatto di cronaca: i richiedenti asilo, i rifugiati, sono persone di provenienza nazionale, sociale, culturale estremamente diversificata, non sono un gruppo, non sono un “loro” cui si possano attribuire caratteristiche comuni, tantomeno responsabilità o colpe.

Torna alla mente il delirio provocato dall’uccisione di Giovanna Reggiani nel 2007, quando appurata la colpevolezza di un muratore rumeno il governo Prodi annunciò di voler procedere a espulsioni di massa che avrebbero coinvolto anche i familiari dell’assassino. Un annuncio delirante sotto ogni profilo costituzionale e legalitario.

Offende e sconcerta che si alimenti un presunto scontro tra “noi” e “loro” quando i protagonisti altri non sono che la vittima e il colpevole, la donna e l’aggressore, il corpo e la brutalità. Una brutalità maschia che in troppi stanno usando come alibi per violenze verbali e politiche che rimandano agli anni dei pogrom e del razzismo legalizzato.

*giornalista freelance e scrittrice