Traduzione di Simon Armini - Casa Bettola Reggio Emilia

Svezia - Megafonen: sempre al fianco delle popolazioni dei nostri quartieri contro ghetti, esclusione e povertà

Comunicato del collettivo Megafonen

26 / 5 / 2013

Durante l’ultima settimana Megafonen è stata criticata per non aver preso le distanze dalla violenza e dalla distruzione a Husby, nella periferia di Stoccolma.

Abbiamo convocato una conferenza stampa per spiegare come mai le fiamme bruciano i nostri quartieri. Ci siamo rivolti a politici, alla polizia e ai giornalisti. I media invocano il governo, il governo chiede più polizia. La polizia si rivolge solo a se stessa è diventa sempre di più. Anche noi abbiamo, ma tanto tempo fa, sollevato alcune questioni ora dirompenti ma ci siamo trovati davanti a orecchie sorde, incapaci di sentire le nostre parole.

La situazione è scappata di mano, solo polizia. La prima notte degli scontri c'era tantissima polizia, ora sempre più polizia. Un sintomo della politica del governo. Controllo, controllo solo controllo e sorveglianza in modo di non perderlo. In questo modo pezzi importanti della società hanno perso la fiducia nella società stessa. La periferia straborda di polizia ma gli incendi non finiscono. Ancora più polizia viene chiamata, allertata, inviata nei sobborghi, mentre il primo ministro da la colpa ai giovani incazzati, e il conflitto continua a crescere. Sempre più quartieri sono in fiamme.

E’ tragico che i trasporti pubblici, i servizi di pronto soccorso siano attaccati. Triste che le automobili brucino, e le case e i locali siano danneggiate. Condividiamo la disperazione con tutti gli altri che vedono la distruzione dei nostri quartieri.

Ma proprio questa disperazione ci costringe a cercare le spiegazioni strutturali e ad affrontare le cause.

Megafonen non è responsabili degli incendi ma cerca di comprenderli, di analizzare le ragioni.

Ci chiediamo, come mai i giornalisti e i politici sono così interessati di avere una nostra condanna della rivolta? I giovani giustamente arrabbiati sono demonizzati, si vogliono scaricare su di loro tutte le responsabilità, così non siamo costretti a cercare la verità. Perché la verità fa e farà male. Gli editoriali dei giornali e la polizia demonizzano anche noi di Megafonen, perché non ci siamo messi un bavaglio, perché non abbiamo condannato nessuno, ma stiamo cercando di comprendere le ragioni e di cercare così la verità per organizzarci come abbiamo sempre fatto e per cambiare le cose.

Possiamo capire che è scomodo riflettere su quello che succede oggi in Svezia fuori dalla lente del controllo, della sorveglianza, della militarizzazione. Ancora più difficile per il governo, la polizia e i media che sono parte delle cause di quello che sta succedendo.

Da parte nostra vediamo un governo che risponde a problemi sociali con più polizia. Vediamo la brutalità e gli abusi della polizia nei nostri quartieri. Vediamo azioni razziste, pestaggi con botte e manganelli. Vediamo la polizia puntare le armi di servizio contro i giovani urlando “Spariamo!”.

Vediamo un sistema scolastico riformato e ancora riformato con gravi peggioramenti alla qualità dell'istruzione. Scuole dove noi, fratelli e sorelle, lottiamo, scuole dove mancano le risorse. Vediamo che chi riesce manda i propri figli alle scuole private.

Vediamo una politica abitativa che produce carenza di alloggi a buon mercato. Il diritto, che dovrebbe essere universale, di avere un posto degno dove abitare si trasforma nell'esercizio della proprietà privata, in un non diritto per chi è senza nulla, senza cittadinanza. Vediamo, nella maggior parte dei casi, come gli affitti stiano aumentando drasticamente con la scusa che le case sono state restaurate quando in realtà solo le facciate sono state tinteggiate.

Adesso tutti sono dalla parte delle periferie e fanno a gara per proporre soluzioni. Dove eravate prima che tutto iniziasse?

Noi eravamo qui e organizzavamo doposcuola, conferenze, spazi di libertà e concerti. Lottavamo per i nostri luoghi d’incontro/socialità e per il diritto alla casa. E anche adesso continuiamo a sostenere la nostra periferia.

Ci dicono che dobbiamo assumerci le nostra responsabilità.

Noi non abbiamo giornali, non siamo e non controlliamo le istituzioni. Ci siamo assunti la nostra responsabilità attraverso il dialogo nei nostri quartieri, organizzandoci e creando progettualità, iniziative per i giovani senza futuro che continuamente sono demonizzati e stigmatizzati.

Abbiamo iniziato un raccolta fondi per gli abitanti dei nostri quartieri che hanno avuto la macchina bruciata o subito danneggiamenti. Allunghiamo una mano. Nessuno deve vivere senza speranza. Cerchiamo di ricucire lì dove l'assenza di politiche sociali e l'odio verso i più deboli frammenta.

Chiamiamo tutti nella periferia ad organizzarsi per la giustizia sociale e i diritti, a conquistare nuovi spazi vitali. Solo allora le nostre automobili non bruceranno più e le pietre non voleranno più. Stiamo lavorando e creando contro-informazione contro la violenza della polizia e la sua brutale repressione. Continueremo a costruire le nostre proposte formative, continueremo a costruire il nostro comune, prenderci cura dei nostri quartieri, per mostrare che c’è una strada, un futuro, una speranza per la periferia.

Noi camminiamo anche se ci mettete le catene intorno ai piedi. Camminiamo anche se le catene ci fanno del male.

Stig Dagerman scriveva: “le catene scelgono/stringono il piede, noi abbiamo scelto di camminare”.

Noi ci siamo assunti e ci assumiamo le nostre responsabilità, e voi lo farete?

Gli attivisti di Megafonen:

Emma Dominguez

Rami Al-khamisi

Patrik Gronostaj

Info: www.megafonen.com

Contributo video del collettivo Pantrarna sulle attività dei vari collettivi nei sobborghi delle città contro l'inoperato della politica e la repressione violenta della polizia