Taranto - In direzione ostinata e contraria

Verso il corteo del 13 Ottobre e oltre

11 / 10 / 2012

“Esisteva uno spirito chourmo.

Non eri di un quartiere o di una cité. Eri chourmo.

Nella stessa galera, a remare

Per uscirne fuori. Insieme”.

J.C.Izzo

Taranto nelle ultime settimane vive in attesa, mentre sui giornali locali e nazionali tiene banco la diatriba tra magistratura e proprietà Ilva rispetto al sequestro degli impianti dell’area a caldo, la città appare attenta alle mosse che i soggetti in campo si apprestano a fare.

Da una parte la procura di Taranto che, rispedita al mittente la proposta di investimento da 400 milioni, giudicata insufficiente, e la richiesta dell’Ilva di mantenere in funzione gli impianti seppur al minimo della produttività, il 6 Ottobre ha accelerato sull’effettività del sequestro che dovrebbe avvenire a partire da Giovedì 11 con l’inizio delle procedure di spegnimento.

Dall’altra il presidente Ferrante che cerca di guadagnare altro tempo ( il sequestro infatti dovrebbe essere operativo dallo scorso 26 luglio), spiegando,in prosa ed in rima, che le lungaggini sono dovute ad una mancanza di competenze all’interno della fabbrica per questo tipo di interventi, e rassicurando che sono stati programmati con una ditta esterna, la Paul Wurth, le procedure di spegnimento degli altiforni 1 e 5 previsti rispettivamente per Dicembre 2012 e durante il 2015.

Di più, e più in fretta per il Gruppo Riva proprio non si può fare e per questo i legali dell’azienda hanno depositato, nei giorni scorsi, istanza contro il respingimento da parte del Gip Todisco il piano di interventi immediati.

Sullo sfondo un Governo che goffamente cerca di tenere insieme, sul piano delle dichiarazioni, il rispetto dell’autonomia della Magistratura, gli interessi di uno dei gruppi industriali più potenti del paese e la sua credibilità “tecnica”.

Incaricato della difficile gestione del caso Taranto il ministro dell’ambiente (!?) Clini che, aldilà delle innumerevoli dichiarazioni di sfida alla procura capeggiata da Franco Sebastio e all’operato del Gip Patrizia Todisco, prepara una doppia mossa che in breve tempo dovrebbe, nelle intenzioni del Ministro, risolvere il problema Taranto e restituire tranquillità a tutto un apparato di potere che si è mostrato negli ultimi mesi più scricchiolante di come lo si era mai immaginato.

La prima mossa consiste nella messa a punto, da parte della Commissione preposta dal Ministro, in tempi record, della nuova Autorizzazione Integrata Ambientale (AIA) che dovrebbe contenere delle misure più stringenti rispetto a quella del 2011 rispetto all’adozione delle BAT conclusions (Best Available Technology), che dovrebbero entrare in vigore entro il 2012, a dispetto della loro adozione prevista entro il 2014 dalla precedente AIA e lo spostamento dei parchi minerali di 80 metri dai confini dello stabilimento, la riduzione degli stessi cumuli del 20% e la parziale copertura delle aree che presentano i maggiori contributi in termini di emissioni diffuse.

Tutto ciò a scapito della tempistica per l’ adeguamento complessivo degli impianti che slitterebbe secondo le indiscrezioni a marzo 2016 in conformità con le disposizioni europee.

La seconda mossa invece spetta direttamente al Governo ed è molto meno tecnica e decisamente più politica, a conferma, qualora ce ne fosse ancora bisogno, dell’ abuso semantico del termine per un governo politicamente orientato nella direzione degli interessi delle lobbies industriali.

Questa mossa consiste nell’approvazione attesa nelle prossime settima del d.l. Semplificazioni secondo cui all’articolo 21 "l'eliminazione della fonte di contaminazione" deve avvenire "ove possibile e economicamente sostenibile" e all’articolo 22 “nei siti contaminati, in attesa degli interventi di bonifica e di riparazione del danno ambientale possono essere effettuati tutti gli interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria, di infrastrutturazione primaria e secondaria, nonché quelli richiesti dalla necessità di adeguamento a norme di sicurezza, e più in generale tutti gli altri interventi di gestione degli impianti e del sito funzionali e utili all'operatività degli impianti produttivi ed allo sviluppo della produzione".

In pratica se il disegno di legge dovesse essere approvato, e in parlamento non pare ci siano le condizioni per dedurre il contrario, lo stabilimento di Taranto potrebbe continuare a lavorare, nonostante il blocco della produzione disposto dalla magistratura. 

In continuità con il percorso del precedente Governo e con l’operato dell’allora Ministro Prestigiacomo ci troviamo quindi ad una nuova norma “ad aziendam” (http://www.globalproject.info/it/in_movimento/ad-aziendam/6161) .

In città tutto questo trambusto alimenta varie sensazioni, prima tra tutte quella di essere nel bel mezzo di un cambio di fase storico e, mentre nelle piazze e nei bar l’argomento di discussione resta da oltre due mesi il caso “Ilva”, si ha la percezione che non sarà solo il modello produttivo ed economico a non essere più lo stesso ma anche e soprattutto la città e chi la abita, che riscopre quel senso di comunità che la modernità aveva cancellato in pochissimo tempo.

La fiaccolata convocata da varie sigle dell’ambientalismo Tarantino lo scorso 5 Ottobre ne è una prova, oltre 6mila persone in strada “a sostegno della magistratura e in ricordo delle vittime dell’inquinamento” i motivi della mobilitazione.

E il tre ruote era li, anche se non presente fisicamente, in quella marea di gente che attraversava le vie del centro, era li perché è il posto che gli si addice, in movimento.

Le considerazioni partono dai numeri: nessun partito o organizzazione di massa è in grado in questo momento di mobilitare un cosi alto numero di persone; tale disponibilità alla partecipazione è, in maniera evidente,legata alla necessità di un cambiamento che si è fatto ormai indispensabile; di fatto la piazza di venerdì scorso ritira la delega a chi ha portato un’intera comunità al disastro ambientale, sociale ed economico e si propone essa stessa come soggetto politico.

Tuttavia bisogna anche individuare i limiti delle parole d’ordine e della poca attenzione ad un elemento che è stato invece la forza del movimento in questi mesi. E’ bene infatti ricordare che la magistratura, pur riconoscendo l’audacia e lo zelo del suo intervento,in fin dei conti, sta solo assolvendo al suo compito e dovere, cosa più preoccupante invece è che i grandi assenti della serata di venerdì scorso erano gli operai e non perché mancassero in termini numerici nel serpentone umano, ma perché non veniva, in quel contesto, data centralità a quel soggetto che assieme a tutti gli altri deve rappresentare e far vivere l’alternativa e per questo, non può essere considerato secondario.

Essere operaio non è più solo condizione esistenziale delle migliaia di uomini che lavorano dentro lo stabilimento ma immediatamente composizione di una classe che tende a farsi moltitudine e che non può fare a meno di loro per mettersi realmente in cammino.

La sfida lanciata dal Comitato dei Cittadini e dei Lavoratori Liberi e Pensanti è invece proprio quella di connettere quei soggetti che si sono visti per tanto, troppo, tempo non solo diversi ma addirittura in contrapposizione.

Quella sfida sarà riproposta Sabato 13 con il corteo che partirà da Piazzale Democrate, in zona Porta Napoli e che giungerà fino al quartiere Tamburi , un corteo che si annuncia partecipato, nonostante l’impossibilità di misurarsi, sui numeri, con la fabbrica.

L’impossibilità di indire uno sciopero in fabbrica infatti, non darà la possibilità di vedere in quel corteo un numero elevato di operai, ma non è il numero dei lavoratori quello che interessa portare in strada il prossimo sabato, bensì essere con loro in termini di appartenenza ad una stessa battaglia che ha nella capacità di connettere la sua potenza e nella produzione di discorso e pratica comune la possibilità di farsi costituente di un nuovo futuro e di un diverso modello di società e di economia.

Connettere le individualità ,trovare un terreno comune di rivendicazione di quei diritti da troppo tempo calpestati, dare corpo e sostanza alle parole d’ordine per renderle programma politico da perseguire, e quindi la salute da bene individuale diviene comune, l’ambiente diviene qualcosa da difendere dalla devastazione e dal profitto, il reddito diviene strumento per difendersi dai ricatti e garanzia di un esistenza degna, l’occupazione una naturale tendenza alla cooperazione finalmente liberata dallo sfruttamento.

E’ questa la sfida che si andrà a rappresentare nel corteo del prossimo sabato. È questa la sfida con cui si misurerà un intera città nei prossimi tempi.

E quindi, mentre nei Palazzi, a vari livelli, ci si affanna a tappare le falle di una nave che naviga in un mare in tempesta, c’è una città che ha deciso di non attendere di colare a picco e rema in direzione ostinata e contraria verso il sereno e che, nella tempesta, coglie la sfida di mettersi alla prova, si organizza per ammutinare il comandante e i suoi ufficiali per riprendere il controllo dell’imbarcazione e per condurla in porto.

Perché alla fine, essa non appartiene né all’armatore nei ai suoi fedeli servitori, ma a chi è in grado di farla navigare.