Tonfa che ti passa

Siap e Anfp chiedono repressione preventiva, introduzione di tecnologie e sicurezza della pena per limitare l'agibilità dei movimenti nelle piazze

28 / 10 / 2015

“Dobbiamo scrollarci dalle spalle il peso del 2001: abbiamo studiato, analizzato, trovato soluzioni e oggi nella gestione dell'ordine pubblico siamo un'organizzazione completamente diversa rispetto al passato” Alessandro Pansa.

Pensiamo alle parole Ordine Pubblico a partire dalle vicende di queste ultime settimane. Le prime immagini che ci vengono alla mente non possono che essere gli idranti e le cariche di Roma, contro studenti e attivisti per il diritto alla casa, lo sgombero forzato dell'Ex Telecom a Bologna e la pistola nelle mani di un funzionario della DIGOS a Pisa.

Andando ancora più indietro con la memoria, fino ai 10 anni proposti dal libro presentato quest'oggi a Palazzo Chigi dall'Associazione Nazionale Funzionari di Polizia, le immagini non sono molto differenti.

Senza scomodare i famigerati giorni di Genova 2001 citati dal Capo della Polizia - “la più grande sospensione dei diritti democratici, in un paese occidentale, dalla fine della II guerra mondiale” per Amnesty International - che hanno prodotto una condanna per tortura da parte della Corte Europea senza che questa abbia comportato alcun cambiamento legislativo da parte delle Istituzioni di Governo del nostro Paese, ci basta ricordare le violenze perpetrate in Val di Susa o nelle metropoli italiane in occasione dei molti cortei che hanno attraversato le piazze in questi ultimi anni.

L'agibilità democratica si “difende” attraverso repressione preventiva, "materiale tecnologico all'avanguardia" e sicurezza della pena. Questa la teoria esposta oggi da Siap e Anfp, che guardano all'utilizzo delle FFOO in un sistema securitario firmato a più mani e auspicano l'introduzione di ulteriori norme repressive. In particolare viene sollecitata la possibilità di bloccare mezzi (pullman o treni) che si muovono verso una manifestazione, i Daspo per gli attivisti, l'arresto in differita rispetto a disordini di piazza e la certezza della pena per chi indossa indumenti atti a renderne difficoltoso il riconoscimento (per il travisamento nella bozza del Ddl Sicurezza 2015 di Alfano sono previsti fino a 5 anni di carcere anche in assenza di atti di violenza imputabili).

A queste si somma la “novità” della richiesta di introduzione di un equipaggiamento “high-tech”, di cui abbiamo potuto vedere l'utilizzo in diverse piazze d'Europa e non solo. Quindi via libera a tonfa, proiettili di gomma, fucili marcatori e fondine anti furto. Strumenti che già hanno prodotto mobilitazioni per il ritiro degli stessi, come nel caso di Barcellona che nel 2014 ha vietato l’utilizzo dei “bales de goma” in seguito ai numerosi ferimenti gravi e alle proteste dei cittadini.

La teoria che sta dietro alle dichiarazioni di queste anime cosiddette “democratiche” delle istituzioni di Polizia (non stiamo parlando del Sap o di altri sindacati dichiaratamente riconducibili alla destra fascista) è forse ancora più pericolosa in quanto condiziona l'eventuale scomparsa delle violenze di piazza e delle “fuoriuscite dallo svolgimento professionale” dell'operato delle FFOO (comunque sempre inteso come reazione inevitabile o azione di poche mele marce) al restringimento dello spazio di agibilità e libertà per chi, quotidianamente, mette in campo lotte per la salvaguardia e l'accrescimento di diritti.

Rimane, inoltre, sul tavolo la questione dell'introduzione del codice identificativo per le Forze dell'Ordine, un adeguamento europeo richiesto a gran voce da diverse anime della società civile e di movimento, che viene bypassata con scioltezza e rimandata ad un futuro non troppo prossimo, rendendo evidente ancora una volta lo scarso coraggio politico nell'operare una scelta che possa aiutare a determinare le responsabilità di chi compie abusi e violenze.