Trento 31.05.14 - WS 1: “Riappropriazione della ricchezza socialmente prodotta e nuovi modelli di welfare”

3 / 6 / 2014

Al workshop sulla "riappropriazione della ricchezza socialmente prodotta" hanno partecipato diversa realtà nazionali e internazionali che nel quotidiano lavorano per la riappropriazione di welfare e reddito.

Si sono ripresi i concetti teorici elaborati nel corso della mattina in particolare sui nodi di finanziarizzazione, precarietà e debito.  Partendo da un dato critico relativo alla questione della precarietà, che in quest'ultimo anno di mobilitazioni non è stata affrontata, nella sua complessità, in maniera decisiva, si è cercato di mettere in comune diverse esperienze di lotte sociali.

Il quadro italiano è disarmante:  le politiche del governo Renzi in materia di lavoro non portano nessun elemento di discontinuità rispetto agli ultimi trenta anni. Le riforme annunciate per creare maggiore competitività confermano la tendenza a liberalizzare ulteriormente il mercato del lavoro, senza pensare a nessuna forma di flexsecurity che garantisca continuità di reddito e sicurezza sociale. In Italia le ore medie di lavoro per singolo lavoratore sono più alte della media europea; si può dire che in Italia, per quelli che un'occupazione ce l'hanno, si lavora tanto e male, le retribuzioni sono tra le più basse d'Europa, non esistono (come ad esempio in Germania e in altri paesi) accordi contrattuali per un salario minimo.

Di fronte ad una gestione della crisi che non inverte la tendenza nel verso della ridistribuzione della ricchezza e che non garantisce l'accesso ai servizi e a tutti i beni materiali, è emerso come sia importante intrecciare i percorsi di lotta e riappropriazione determinando nuovi rapporti di forza con le istituzioni e la governance finanziaria.

La manifestazione del 19 ottobre dello scorso anno ha fornito, rispetto a questo, degli stimoli importanti riconosciuti come punti di partenza di una stagione dove l'elemento dell'occupazione di case, di studentati, di spazi sociali è tornato ad essere protagonista.  Da quella data si sono create alcune esperienze, come la Rete dell'Assemblee Sociali per la Casa che in tutto il nord -est ha visto il dilagare di occupazioni di case e di blocchi degli sfratti, riuscendo a creare, in rete con altri territori italiani, una vertenza collettiva dal basso su queste questioni. La sfida che ora va posta, e a maggior ragione dopo il cosiddetto decreto Lupi, e in particolare con l'articolo 5 del "Piano casa", è come trasformare queste pratiche del comune in istituzioni del comune.

Su questo punto interessante è connettere l'esperienza italiana con quella di altre realtà europee come ad esempio la "Haushalten ev" di Lipsia che possono dare suggestioni progettuali per concretizzare il diritto all'abitare. Il lavoro di questa associazione autofinanziata consiste nel trattare con proprietari di edifici sfitti il comodato d'uso degli immobili (nella sola Lipsia ci sono oltre 30.000 appartamenti sfitti), pagando solamente le utenze. Una volta ottenuto lo stabile, questo viene auto-recuperato e dato in concessione per almeno 5 anni a chi ne faccia richiesta.

Tra i protagonisti di questa stagione di lotta per il diritto all'abitare ci sono stati in Italia anche gli studenti universitari. Alcune realtà, come Lisc a Venezia e Refresh a Trento, si sono poste il problema di come  connettere i temi della formazione con quelli della riappropriazione del Welfare nel contesto dell'Università post-Gelmini. La questione dell'occupazione di case, mense e studentati diventa centrale perché si lega ad un percorso complessivo relativo alla precarietà giovanile che si sta dando a livello europeo.

I temi del diritto all'abitare si intrecciano con la conquista di nuovi diritti e di una nuova cittadinanza per tantissimi migranti che nelle nostre città hanno dato vita ad esperienze molto significative. E' il caso della Casa dei diritti Don Gallo di Padova, occupata dai rifugiati cui veniva negata un'accoglienza degna nel nostro paese.

Oltre al diritto all'abitare, ha assunto grande centralità il tema del reddito legato allo sfruttamento ed alla precarietà nel mondo del lavoro. In questo senso le lotte che si sono date in Italia nel settore della logistica sono state paradigmatiche ed hanno visto l'Adl Cobas costruire in tante città italiane coalizioni con altre realtà sindacali di base. Queste lotte hanno avuto il merito di non basarsi su singole vertenze, ma di unificare i lavoratori di diverse cooperative in una lotta unica sulla conquista di diritti,  come la malattia retribuita fin dal primo giorno o il t.f.r., che prima non venivano neppure immaginati.

La discussione ha posto sempre l'accento, in continuità con le relazioni della mattina su "Europa, finanza e democrazia", sulla dimensione europea dei movimenti, che più che mai in questa fase si rende necessaria.

Tutte questi percorsi e lotte vedranno nelle giornate attorno all'11 luglio a Torino la possibilità di ricomporsi e convergere per costruire, a partire da quella data, che coincide con la presidenza italiana dell'UE, un semestre europeo conflittuale.

Nell'agenda politica emersa durante gli interventi del workshop assume una rilevanza centrale anche la data del 21 giugno a Milano, quando le realtà sociali che hanno dato vita alla Carta di Lampedusa, assieme a tanti richiedenti asilo, cercheranno di forzare il confine con la Svizzera mettendo in discussione quell'idea di Europa fortezza, che in questi ultimi anni è stata più volte ribadita dalle politiche sull'immigrazione dell'UE.

Stefano bleggi