Trento - Assemblea cittadina del mondo della formazione

Martedì 24 ottobre ore 18 facoltà di Sociologia

21 / 11 / 2009

TUTTI I MIEI TAGLI

A caduta libera, in cerca di uno schianto, l’università pubblica precipita verso il colpo di grazia definitivo: la scorsa settimana il Consiglio dei Ministri ha approvato il disegno di legge sull'università. Questo non è che il gran finale nell’esecuzione dell’ambizioso progetto di smantellamento totale della formazione e ricerca pubblica. Un piano molto coerente e preciso, di cui abbiamo avuto una prima manifestazione nel progressivo processo di sottofinanziamento dell’Università che prende piede da un decennio a questa parte, giunto al suo più glorioso passaggio con i clamorosi tagli decisi l’estate scorsa da Maria Stella “Mani Di Forbice” e il ministro Tramonti.

Queste cose si fanno così: prima cominci a levare i soldi progressivamente e con discrezione; poi assesti un colpo più deciso, decapitando il FFO e offrendo generosamente alle Università pubbliche la possibilità di svendersi ai privati; infine, la possibilità diventa un obbligo. Et voila, les jeux sont faits.  Nonostante la gravità della situazione, la cosa sembra non preoccupare troppo nessuno. Sul punto l’opposizione parlamentare latita e i media sembrano, salvo qualche voce fuori dal coro,  offrire un consenso trasversale. Per questo motivo occorre informarsi, autonomamente e da subito, sulla prossima riforma-disastro che vorrebbero (vi piacerebbe...) approvare. Di seguito alcuni spunti preoccupanti dall’ultimo DdL. 

·         L’università privata. Privata di democrazia.

il Senato Accademico (attualmente composto solo da soggetti interni all'università) cederà alcune sue prerogative alla mano (in)visibile del mercato. Secondo quanto previsto dal ddl, della gestione dell'ateneo si occuperà sostanzialmente il Consiglio di Amministrazione (che assomiglierà sempre di più a quello di una società per azioni quotata in borsa) che dovrà essere composto per almeno il 40% da soggetti esterni all'ateneo, possibilmente privati, senza che sia peraltro necessario che costoro siano perlomeno finanziatori dello stesso. Non è chiaro, dunque, con quale diritto i privati debbano entrare obbligatoriamente nell'organo decisionale più importante dell'ateneo condizionandone così pesantemente le sorti. Una possibile spiegazione potrebbe essere il tentativo di promuovere il Made in Italy favorendo l’imprenditoria locale: dai partenariati Provincia-Curia-Finanza a Trento, fino a Mafia SPA e Camorra® nel Sud Italia.

L’insistenza sulla necessità di una gestione manageriale del Consiglio di Amministrazione, attraverso l'introduzione di dispositivi di governo tipicamente privatisti, serve ad affermare logiche di profitto che dovrebbero rimanere estranee ad un'istituzione come l'università. Addirittura è prevista la possibilità di accorpamento per quelle facoltà che non sono “produttive”, il che metterà a repentaglio la qualità e l'esistenza delle facoltà umanistiche. Per gli atenei rimane aperta la possibilità, introdotta dall'art.16 della famigerata legge 180, di trasformarsi in fondazioni di diritto privato. Il rettore aumenterà ulteriormente i suoi poteri. La CRUI mastica i croccantini e scodinzola felice. L'AQUIS invece non commenta il ddl avendolo scritto di proprio pugno.

Ciliegina sulla torta: per tacitare qualsiasi possibilità di dissenso all’interno degli organi di rappresentanza (Senato e Cda) e dopo il sucesso del Maestro Unico, viene istituito il Rappresentante Unico degli Studenti. Cioè, solo un seggio è assegnato ad una svilita rappresentanza studentesca, che riuscirà ancora meno di prima a rappresentare adeguatamente le diversità di orientamenti che percorrono il corpo studentesco.  

·         Borse di studio per i ricchi, debiti per i poveri. Un piccolo regalo natalizio

È risaputo che il sistema italiano di welfare universitario è piuttosto deficitario: troppo spesso siamo costretti/e a svolgere attività lavorative, limitando i nostri tempi e spazi formativi, per poter pagare le tasse universitarie (spesso elevatissime rispetto ai carenti servizi allo studio) e gli affitti. Noi rivendichiamo reddito e casa per tutti e tutte. Il governo, invece, propone la creazione di un fondo speciale che, senza contemplare le sperequazioni legate al reddito, dovrebbe premiare i soli studenti e le sole studentesse che si mostrano più efficienti e meritevoli. Questo fondo, peraltro, dovrebbe essere gestito dal Ministero dell'Economia e dalla società per azioni che risponde al nome di Consap. Altro che sostegno alla formazione, questa manovra si tradurrà in un ennesimo regalo (sempre che questo fondo venga attivato) agli studenti e alle studentesse provenienti da un contesto economico favorevole (come potrebbe mai competere chi per studiare è costretto/a ad attività lavorative con chi si dedica interamente ad attività di studio?). Viene inoltre estesa la pratica del prestito d'onore, attraverso il quale chi non può permettersi gli studi, potrà indebitarsi con una società per azioni: possibilità deleteria come conferma il modello anglo-americano.

·         All’Itaglia la ricerca non ci serve ha gnente

Il ddl, per quanto concerne la figura dei/delle  ricercatori/rici prevede che dopo 6 anni (3 +3) non potrà più essere rinnovato il contratto a tempo determinato nello stesso ateneo, eliminando così  la figura del/della ricercatore/rice. Il combinato disposto di questo provvedimento con la legge 180, che vincolava le assunzioni in base alla capacità economica dell'ateneo, si traduce in una maggiore ricattabilità di questa importante figura rispetto ai potentati accademici. Sul versante della dichiarata lotta al baronato, ci si nasconde dietro istituzioni di finta garanzia e vigilanza(abilitazione nazionale dei docenti). In realtà, si dà la possibilità, ai/alle ricercatori/rici che mirano al ruolo di professore e che non volessero sottostare alla procedura pubblica di Facoltà, di ricevere una chiamata diretta (ù' ziu chiama ù niputi, come si dice a Palermo) dai baroni di riferimento. Quindi alla fine, la figura del/della ricercatore/rice risulta ancora più precaria, il peso politico dei docenti e il loro potere di controllo sul reclutamento non è messo in discussione, ma addirittura aumenta. È chiaro come anche in questo caso la retorica trionfi sulla sostanza. Il baronato ringrazia. 
 

Onda Trento