L'appello tratto da l'Adige di giovedì 17 aprile 2014

Trento - I senza dimora, dramma sottovalutato

di Vincenzo Passerini

19 / 4 / 2014

Quello dei senza dimora è un dramma sottovalutato. Alla fine di aprile chiuderanno i dormitori invernali, almeno 120 persone torneranno a dormire in strada e fino a dicembre, a Trento, resterà aperta solo la Bonomelli della Caritas coi suoi 40 posti. Dall’estate dello scorso anno lanciamo appelli in tutte le sedi perché si affronti in maniera nuova il dramma di chi non ha neanche un letto per dormire. Sono sempre di più. Quanti? Almeno 300, forse 400, forse 500 (stime Caritas del 2012). La comunità trentina ha saputo distinguersi per il Muse e il Mart, gioielli di architettura, di natura e di arte ammirati da folle di turisti. È ora che sappia distinguersi anche per l’accoglienza dei più poveri, senza costruire palazzi, ma offrendo loro almeno un tetto e un po’ di amicizia. Niente è più grande e meritevole di cura e di attenzione dell’essere umano. È lui l’insuperabile gioiello. Specialmente il più debole. La civiltà di una comunità si misura non dai suoi musei, ma da come tratta i più deboli. Trento deve ambire a diventare prima anche in questo. Soprattutto in questo. La prima cosa da fare, allora, è ripensare la chiusura dei dormitori invernali. Provincia e Comune, insieme a enti e volontari, si facciano carico di questa emergenza. Non è possibile che da qui a dicembre rimangano soltanto 40 posti per i senza dimora. Se non si vuole assistere a una prevedibile sequenza di drammi nei prossimi mesi, si deve affrontare subito la questione. Siamo in ritardo. Il popolo dei senza dimora non è più quello di una volta.

Non solo il numero è notevolmente cresciuto, ma è cambiata anche la tipologia. Pochi i classici «barboni». Tanti invece i giovani, i senza lavoro, gli immigrati che magari il lavoro l’hanno perso, le persone gettate in strada dalla crisi. Un popolo molto variegato al suo interno, con esigenze diverse che chiedono risposte diverse. Occorre conoscerlo bene questo popolo, e questa è la seconda cosa da fare. Presto. Perché se lo si conosce bene, si può anche intervenire bene.

La terza cosa da fare è un piano per i prossimi cinque anni, almeno. Basta con le emergenze. Quest’inverno c’è stata la bella novità del nuovo dormitorio «Casa papa Francesco», per 60-80 posti letto, voluto da Trentino solidale, l’associazione animata da Francesca Ferrari e Bruno Masè. Ammirevoli. Hanno colmato un vuoto. Ma anche loro devono chiudere, adesso. I volontari non possono tenere in piedi strutture impegnative da soli, tutti i santi giorni dell’anno. Provincia e Comune, insieme a enti e volontari, devono fare un piano organico. Ci vuole una regia pubblica orte, partendo dal dato di fatto che questo dramma è una priorità. Gli edifici da utilizzare (pubblici, privati, ecclesiastici) non mancano. Non mancano gli enti e le associazioni competenti. Non mancano i volontari. Ci vogliono volontà e organizzazione. E anche un po’ di soldi. Il Trentino che sa costruire in pochi giorni nuovi villaggi per le popolazioni terremotate in qualsiasi regione italiana non può rivelarsi incapace di accogliere degnamente i propri senza dimora. Anche con strutture, organizzazioni, modalità flessibili. Nuove. Che sanno adattarsi ai bisogni diversi, ai tempi diversi. Ma che sanno rispondere alla domanda di un tetto, di un letto, di un po’ di umana accoglienza. Alla domanda di diritti elementari, di dignità. Nessun trentino può credere che questo sia impossibile.

Vincenzo Passerini

È presidente del Punto d’Incontro