Una politica dell'autonomia per andare oltre l'ingovernabilità

Proponiamo un'intervista realizzata dalla nostra redazione a Raul Sanchez Cedillo in merito ai possibili scenari che si aprono a seguito delle elezioni nazionali spagnole dello scorso 20 Dicembre

22 / 12 / 2015

Il giorno successivo della chiusura delle urne in Spagna abbiamo intervistato Raùl Sanchez Cedillo, attivista e ricercatore di Madrid presso la Foundacion de los Comunes. Raùl, oltre ad aver partecipato attivamente ai movimenti del 15M, ha analizzato fin dalla sua nascita il fenomeno di Podemos. In questa intervista ci descrive l’attuale situazione post-elettorale, le possibilità che si sono aperte, la configurazione dei rapporti tra le varie forze politiche che sono entrate nelle istituzioni spagnole. Soprattutto nella sua lettura sono di particolare rilievo la strategia attuata da Podemos plurinazionalista e di confederazione tra le esperienze territoriali legate ai movimenti sociali, che hanno conquistato in alcuni casi i governi delle città. Di fronte al clima di forte ingovernabilità, onde evitare che tutto si risolva tramite patti e negoziati tra partiti, è necessario rimettere in moto quei processi costituenti che riescono a portare la trasformazione a livello “molecolare”, cioè facendola vivere in primis dalle persone per portare a compimento fino in fondo la svolta che si vuole lasciare alle spalle il bipartitismo. 

Come riassumeresti il contesto generale delle elezioni ed i possibili scenari che si aprono?

Nei mesi che hanno preceduto le elezioni del 20 dicembre si può dire che ci fosse il timore di uno stallo. Poi, invece, abbiamo potuto vedere la fase della cosiddetta remontada. Questo timore che ci fosse una crisi ha iniziato a paventarsi seriamente dopo le elezioni catalane dello scorso settembre, dalla lettura di quei risultati si è passati a quest’idea del sorpasso dei Socialisti, quindi nel momento in cui ti parlo posso dire che stiamo vivendo un vero e proprio miscuglio di sensazioni. Come direbbe Mao Tse Tung, “grande è la confusione ma la situazione è eccellente”. 

Questo perché, come dicevamo a Venezia a Ottobre [in occasione de seminario “Brecha democratica”, ndr] questa possibilità di essere la prima forza politica spagnola - di fare come Syriza - non era all'orizzonte. Questa situazione in cui Podemos è la prima forza in Catalogna - ma piuttosto che Podemos possiamo dire che è la “confluenza”, è Ada Colau -  così come nei Paesi Baschi, è una cosa un po’ strana, straordinaria. Sommata al fatto che nelle metropoli, se facciamo una somma tra Socialisti, Podemos e Unidad Popular, la forza del cambio politico - o se vogliamo definirlo utilizzando categorie tradizionali, la sinistra - ha vinto tranne che a Madrid, giungiamo a un dato che in un altro periodo sarebbe estremamente significativo, o anche in una situazione come quella greca. Rimane  però il fatto che nella Spagna attuale ci siano, oltre all'asse destra-sinistra, altri due assi ugualmente importanti, che cambiano la predominanza a seconda delle congiunture e che si succedono molto in fretta. Questi possiamo definirli l’asse centro-periferia e l’asse vecchio-nuovo (da una parte i partiti del '78, la vecchia politica, e dall'altra Ciudanadanos, Podemos e il municipalismo). Tenendo quindi conto di questi possiamo dire che si apre un momento di grande difficoltà, infatti anche indulgendo nel più tale realismo o positivismo non ci sono molte possibilità di combinazioni parlamentari. La sfida è ancora in alto, in questa situazione il consolidamento di Podemos a queste ultime elezioni è un fatto fondamentale e incontestato. Ora vedremo quali sono le reazioni dei poteri forti a livello europeo e anche di quelli all’interno della Spagna: la pressione per una Grosse Koalition si farà sentire ma a mio parere resterà lì, in quanto non ha senso chiedere il suicidio al Partito Socialista. Il PSOE non può permettersi di sostenere questa eventualità.  L’attuale segretario (e candidato) Pedro Sanchez - se escludiamo un golpe all’interno del Partito, che sarebbe pure giustificato vista quest'ultima tornata elettorale che ha portato al peggior risultato della storia costituzionale per i Socialisti - ha dichiarato nel corso dell’ultimo dibattito del bipartitismo Rajoy-Sanchez che il leader del PP non meritava di essere Presidente in quanto indecente e disonesto. Per cui difficilmente il partito Socialista deciderà in favore della grossa coalizione o dell’astensione.

Sarebbe un vero e proprio suicidio politico. La situazione rimane comunque così complessa che nessuna possibilità è da escludersi del tutto.

Davanti a questo quadro di ingovernabilità si potrebbe pensare che per le forze dal basso - le forze della radicalità democratica - e anche per coloro che stanno patendo le politiche di austerity e di restrizione delle libertà, sia una buona situazione, in quanto attualmente non c’è un potere forte e in questi mesi che succederanno le elezioni non ci sarà nessuna legittimità all'operare ancora tagli - già richiesti qualche giorno prima delle elezioni - e anche davanti alla protesta sociale mancherà la legittimità per ogni tipo di risposta repressiva. Rimane però il fatto che se - dopo i diversi tentativi di costruzione di una maggioranza parlamentare – nessuna forza politica determinasse la costruzione di un Governo, ci troveremo nuovamente alle urne tra 3-4 mesi; e questa continuità di un ciclo elettorale, direi elettoralista, può essere anche negativa. 

La chiave in questa situazione è, ovviamente, quale sarà l’atteggiamento dei Socialisti e in particolare si vedrà attorno alle richieste della maggioranza del Paese per un reale cambio di rotta, che passa assolutamente per la rottura dello schema bipartisan e per l'aprirsi alla questione territoriale. Infatti se guardiamo i risultati c’è una maggioranza possibile, ma estremamente improbabile, tra Socialisti, Podemos, UP più Esquerra Republicana de Catalunya, eccetera. Questa è una chimera in questo quadro, se il PSOE non fosse così intriso dei poteri forti sarebbe anche l’alleanza più giusta e democratica. Anche se questo segno di cambiamento - questo segno a sinistra - si è dato, difficilmente succederà un'alleanza di questo tipo, ma non si può dire che non determinerà una pressione in questo senso, probabilmente strozzando e devastando Pedro Sanchez. Ritengo che se non riparte la protesta dal basso, l’esigenza di cambiamento, non è detto che davanti a delle elezioni anticipate - che verranno prese come un ballottaggio - la destra di Rajoy non migliori il suo risultato e che il Partito Socialista crolli ulteriormente fino a pareggiare con Podemos. Questo porterebbe a determinare una somma ancora minore rispetto al PP, che nella forma del ballottaggio potrebbe attirare a sé i voti di Ciudadanos. In questo modo il quadro, visto dalla sola dinamica parlamentare/elettorale, non è così promettente. Ora quindi il problema è se sia all’interno delle forze della confluenza sia in quelle del cambiamento ci si riesca a rendere conto di questo, e si apra di conseguenza una vera e propria costituente per costruire queste nuove elezioni - come elezioni costituenti con un mandato che allarghi fino al massimo le alleanze sociali e politiche e quindi che metta un po’ alle corde i Socialisti.

Abbiamo visto che la strategia nazionale di Podemos si è aperta alla coalizione con le liste territoriali, nate sulla spinta dei movimenti urbani e della partecipazione alle municipali dello scorso anno, privilegiando questa impostazione a quella della  centralizzazione. Gli ottimi risultati ci fanno vedere che questa scelta ha pagato in termini elettorali. Che importanza continuano ad avere le esperienze territoriali delle città? Non credi che la forzatura dell'attuale forma partito, che trasforma il rapporto tra centro e territori dal punto di vista organizzativo, sia una novità di cui bisogna necessariamente tener conto quando si parla di forze politiche?

Questo che dici è assolutamente fondamentale, basta guardare i dati. Diciamo il Podemos iniziale, quello nazionalpopolare, tradotto spagnolista, ha raggiunto il 14-13%. 

La necessità della confluenza, di questo ibrido tra le ipotesi nazionalpopolari, nazionaliste - più o meno populiste - che erano state poste e lanciate da Lista Alegre (cioè da novembre 2014) e le ipotesi indipendentiste, dopo le elezioni catalane - in cui Podemos ha ottenuto un risultato assai negativo – si è realizzata attraverso la consapevolezza che bisognava costruire un ibrido plurinazionale. Questa dimensione non a caso è forte in Catalogna, in Galizia e nei Paesi Baschi. È integrata dalla tensione territoriale - in senso non nazionalista ma piuttosto democratico, ovviamente con un colore più pro indipendenza, per un federalismo democratico radicale - però allo stesso tempo è sorretta dalla centralità del diritto democratico alla decisione. Questa impostazione sta funzionando davanti al blocco, nel Paese catalano, delle forze nettamente indipendentiste che avevano in parte abbandonato l’idea di costruire tra la Catalogna e Madrid una maggioranza per il referendum. Queste dimensioni territoriali e poi quella delle mareas, della Pah, eccetera, si sono tradotte - in Galizia come in Catalogna – nell'affermarsi di personaggi come Ada Colau  e di molt* compagn* che sono stat* elett* al parlamento di Madrid ieri [domenica 20 dicembre, ndr]. Guardando il quadro catalano o galiziano vedi i protagonisti del 15M, mentre nel caso di Podemos non è così chiaro. Questa è una lezione chiarissima che queste ultime elezioni ci consegnano, e bisogna dire anche che è stata rilevata troppo tardi dalla direzione del partito viola, da Pablo Iglesias. Forse se questo fosse stato un dato iniziale della strategia  le elezioni di ieri potevano andare diversamente. Per quelle che verranno, tenendo conto della prevenzione che segnalavo rispetto all’autonomia del politico - all’autonomia dei patti costruiti in fretta e dall’alto - questo dev’essere l’orizzonte, anche rispetto allo sfondamento di quei grandi muri che presenta il Partito Socialista. En Comù Podem si è attestata come prima forza politica in Catalogna, En Marea come seconda forza in Galizia - nonostante lì il PSOE sia ancora fortissimo -, però i Socialisti hanno “sbancato” in Andalusia, regione che è un terzo della Spagna. In Andalusia i Socialisti si sono rinforzati grazie a Susana Diaz -  probabile sostituta di Pedro Sanchez - che parteggia per la costruzione di una grossa coalizione, e questo è stato esplicito. Quindi in quel territorio ci saranno grandi problemi rispetto alle lotte sociali, a quelle sul reddito, per la democrazia e la lotta alla corruzione per l’educazione, ecc... In Andalusia c’è un blocco di consenso elettorale che va aggredito, dal basso verso l’alto – molecolarmente - attraverso delle lotte e non attraverso dei patti. Questo è sicuramente problematico, nonché una sfida. 

Bisogna anche dire che la debolezza di Rajoy è soltanto relativa, perché questa dimensione di ballottaggio può rinforzarlo. 

Quindi, per riassumere: fermo restando che Podemos è arrivato per rimanere, questa volontà di cambiamento nel piano di una maggioranza parlamentare secondo me è ancora molto incerta, soprattutto se pensata attraverso delle coalizioni, ma deve passare soprattutto per una riattivazione - un reload - dello spirito costituente, cittadino, di protesta, di radicalità, di ibridazione sociale e di de-autonomizzazione del politico, attraverso una politica dell’autonomia. Altrimenti questi grossi blocchi sociali, blocco inteso come qualcosa che ostacola, saranno molto difficili da aggredire e risolvere. 

Proviamo ad allargare la scala: le elezioni spagnole dal punto di vista del piano europeo. Cos'hanno aperto in Europa le elezioni spagnole? Come credi che reagiranno le élites europee? Possiamo immaginarci un tentativo sostenuto dalle istituzioni europee e dagli altri governi di creare una Grosse Koalition in Spagna? Sembra che, visti i precedenti e tutte le spinte centrifughe dal comando della governance, le pressioni dall'Europa possano andare in questa direzione.

L’apertura secondo me è chiara e grida al cielo da parecchi anni, in quest’ultimo anno è già uno HOWL di Allen Ginsberg. Bisogna dare voce alla democrazia, bisogna rompere con l’austerità ma dal punto di vista di una governance politico-finanziaria in Europa mancano gli strumenti per realizzare questa rottura, vista la situazione francese, la situazione tedesca e anche quella italiana. Abbiamo visto, in quest'ultimo anno solare, che in Grecia Tsipras è ancora al governo, in Portogallo c’è questa coalizione anti-austerity e ora in Spagna si apre un periodo di ingovernabilità - che tenderà secondo me a risolversi, con diverse possibilità, ma tenendo conto che anche a livello europeo è auspicabile una ri-stabilizzazione. La profondità della crisi spagnola è tale, nella sua multidimensionalità, che veramente può essere definita una sorta di laboratorio della crisi europea. Questo anche perché questi tre assi - queste dimensioni della crisi – le troviamo dappertutto in Europa, ma in Spagna si concentrano in simultaneità e interazione. Per cui io credo che non dobbiamo attendere risposte a livello di governance, ma che siano i cittadini europei a dover veramente rispondere alla crisi. In particolare rispetto alla possibilità di capire il segno di quello che sta succedendo. Questo ovviamente riguarda i movimenti europei, la possibilità di costruzione di una sinistra capace di parlare coi movimenti, quindi capace di rispettarli e subordinarsi; credo che la lezione di Podemos sia già dimostrazione di un’esperienza - che non è perfetta ma seria - con delle possibilità reali maggiori rispetto a quello che è stata la “eurosinistra” in questi ultimi vent’anni. Questo va rilevato e le trasformazioni anche. Per quello che riguarda la situazione italiana, sono urgentissime. La nuova autonomia del politico dentro la sinistra, per quanto ho potuto conoscere, fa un po’ pena, così non si va da nessuna parte. Infine – e per quanto mi riguarda lascio ogni speranza davanti a queste porte - la socialdemocrazia europea credo sia un cadavere puzzolente e che da quel capo della tempesta non possiamo sapere se usciranno dei nuovi corpi democratici o dei mostri terribili come in Francia. 

L’incertezza è enorme, ritengo che rispetto al quadro europeo queste elezioni siano un fattore di aggravamento della crisi. Le pressioni per una grande coalizione non riusciranno, perché resta una certa autonomia relativa alla politica in un Paese come la Spagna, che - nonostante tutto - rimane la quarta economia dell’euro e ha avuto una stabilità enorme negli ultimi 40 anni. Rajoy,  Sanchez e Ciudadanos  per sopravvivere e legittimarsi a livello europeo con certe condizioni potrebbero sostenere un tripartito - un partito della troika – ma secondo me questo è improbabile. Al momento non c’è soluzione, c’è ingovernabilità.