Venezia - Occupato il consolato turco in solidarietà ad Afrin

14 / 3 / 2018

Nei giorni scorsi l’offensiva portata avanti dall’esercito turco su Afrin è aumentata. Da oltre 50 giorni il cantone curdo è sotto attacco delle forze congiunte di Turchia e milizie jihadiste FSA. Le iniziative di solidarietà alla popolazione curda si stanno moltiplicando in tutto il mondo. Questa mattina attivisti dell’Associazione Ya Basta Êdî Bese e dei centri sociali del Nord-Est hanno occupato il consolato onorario turco di Venezia. Gli occupanti hanno comunicato, con un fax inviato all'ambasciata turca di Roma, che la motivazione dell'iniziativa «è l'operazione "Ramo d'Ulivo" contro il cantone di Afrin, con il conseguente massacro di civili». Allo stesso tempo viene chiesto di fermare qualsiasi scambio commerciale con il regime turco.

Afrin

Di seguito il comunicato con cui gli attivisti e le attiviste hanno motivato l’iniziativa

Il regime islamista del dittatore turco Erdogan ormai da due mesi ha iniziato l'aggressione contro  Afrin, uno dei cantoni del Rojava, area a maggioranza curda nella Siria del Nord dove fin dal 2012 si sperimenta la rivoluzione confederale. Si tratta di una prospettiva politica che è stata capace di assicurare la pacifica e democratica convivenza tra le varie etnie e religioni di quelle terre, attraverso la costruzione di una reale parità di genere ed una concreta giustizia sociale. Ma soprattutto il Rojava, con le sue milizie popolari, YPJ (unità di protezione delle donne) e YPG (unità di protezione popolari), è stato un baluardo inespugnabile contro cui si sono infrante bande islamiste che infestano la regione. Sia i cosiddetti "ribelli" siriani che l'Isis sono stati battuti dai partigiani e dalle partigiane del Rojava, che lo scorso autunno  hanno liberato la stessa capitale del “califfato nero”, Raqqa.

Stati Uniti, Unione Europea e Russia avevano applaudito gli autori della disfatta dell'Isis mesi fa, salvo abbandonarli ora alla vendetta del vero capo dell'islamismo in tutto il Medio Oriente: il dittatore turco Erdogan. Questi è sempre più intenzionato a imporre anche nella vicina Siria quella versione islamista del fascismo che sta applicando in patria, dove perseguita il popolo curdo e ogni forma di opposizione, legalizza la pedofilia sotto forma di "matrimonio" delle bambine e impone l'integralismo religioso nei programmi scolastici.

Tutti sanno cosa fa Erdogan e quanto grande sia stato il suo sostegno all'Isis, ma i governi “occidentali”, le banche e multinazionali (tra cui l'italiana Finmeccanica) preferiscono far finta di nulla e vendere al “sultano di Istanbul” le armi con cui uccide chi sta difendendo il Medio Oriente dalla barbarie dell’Isis. La cosa non stupisce, perché il fascismo è figlio del capitalismo e il fascismo di oggi ha due volti: il razzismo e l'islamismo, entrambi tollerati dai "democratici" governi occidentali.

Così, nel silenzio e nell'indifferenza del mondo intero, da più di venti giorni i partigiani e le partigiane di Afrin combattono da soli contro l'esercito turco, il secondo esercito NATO, e le milizie islamiste siriane sue alleate. Sono migliaia i caduti, tra combattenti e civili. La città di Afrin è ora assediata, sottoposta al bombardamento dell'artiglieria e dell'aviazione turca, mentre già le belve islamiste pregustano gli stupri e le torture che infliggeranno ai civili. Quello che si preannuncia è un bagno di sangue. 

Ma non tutto è già deciso, sappiamo che partigiani e le partigiane del Rojava si batteranno fino all'ultimo, come hanno fatto a Kobane quando sconfissero l'Isis. A noi spetta far si che il loro sacrificio non sia vano, spetta spezzare il silenzio ipocrita dell'occidente, spetta sollevare l'opinione pubblica contro i potenti che stringono le mani sporche di sangue dei macellai islamisti. A noi spetta il compito di mostrare che Afrin è ovunque, ovunque è resistenza.

Associazione Ya Basta Êdî Bese

centri sociali del Nord-Est

Occupato consolato turco