Yes we hate

8 / 7 / 2009

A volte ci accorgiamo che anche il silenzio ha un suono, un rumore, un segnale sonoro che modifica lo stato di assenza di vita. E' il rumore dei generatori delle fotocellule elettriche che illuminano a giorno Piazza Duomo a L'Aquila.

Dopo tre mesi dal sisma che ha distrutto la citta' e portato via 307 vite, quella luce si staglia sui palazzi come un raggio nell'oscurita' totale, in una citta' deserta dove il senso di vuoto angoscia e prende diritto allo stomaco. E' l'elaborazione del lutto che la comunita' aquilana non ha potuto consumare in questi 3 mesi. I funerali di stato serviti come passerella per Berlusconi e Bertolaso non sono stati un vero momento di comunita', ma appunto una fiction macabra per fotografi e giornalisti. Dopo tre mesi grazie alla fiaccolata nella notte tra il 5 e 6 luglio gli aquilani sono ritornati nelle strade del centro della citta' per il ricordo vero, quello della loro intera comunita'.

Questo senza dubbio Bertolaso non puo' toglierlo o impedirlo a nessuno.

Il "re" come ironicamente lo chiamano da queste parti, in questi giorni del vertice sembra essersi messo in secondo piano, alle spalle del premier Berlusconi, continuando nella sua tipica pantomima da signor Wolf, quello che risolve i problemi, con il pulloverino blu ed il sorriso rassicurante
pronto.

Da queste parti hanno imparato ben presto a conoscerlo. Le ordinanze di blindatura dei campi portano la sua firma. Impossibile svolgere assemblee, impossibile dare volantini, impossibile trovare momenti di socialita' alternativa a quelli forniti dalla Protezione Civile. Fino anche la caffeina e' stata tolta ai terremotati. E' un'eccitante e potrebbero svegliarsi dallo shock...

Gia', lo shock e' il dato che maggiormente colpisce a ormai tre mesi dal sisma. Le ricette da shock economy del governo da un lato, con i progetti di new town e gli sciacalli del mattone pronti a tuffarsi nell'eldorado della speculazione edilizia piu' grande degli ultimi venti anni.

Ma anche i processi di comando e controllo e le loro articolazioni fanno parte della ricetta complessiva. Uno stato di shock perenne, che immobilizza, che obnubila le menti e dissuade l'articolazione della rabbia. Gli aquilani ci convivono. Lo shock del terremoto, e quello dello sciame sismico infinito che continua a far tremare il suolo, lo shock del vedere cancellata la propria memoria, lo shock di trovarsi in delle tendopoli che somigliano molto di piu' a dei Cpt che a dei campi per accogliere cittadini che hanno perso tutto. Una condizione psico-fisica che risulta essere il migliore strumento di controllo per garantire l'immensa operazione speculativa che il verbo della shock economy lancia sul dramma dell'Abruzzo. Per mantenere il "governo dell'emergenza" questa volta l'eserizio del dominio ha costruito un vero e proprio modello amministrativo, politico e giuridico capace di sostituire l'ordinamento costituzionale, una sorta di governo parallelo a cui e' affidato pero' l'esercizio del monopolio della forza e la declinazione stessa di sovranita' attraverso le ordinanze speciali a firma di Bertolaso. In Abruzzo non si governa piu' con i livelli amministrativi classici ma con un altro modello quello dei Com ovvero dei comando locali, ordinati per zone, che coordinano il controllo dei campi, le modalita' di gestione, i divieti, ed il mantenimento stesso dello stato di shock.

A governare il processo, il livello centrale ovvero il Dico Mac, ovvero la direzione centrale di comando e controllo con a capo Guido Bertolaso, a questo organismo e' dato il potere centrale in materia di ordine pubblico, di controllo e di legiferazione straordinaria.

Le mobilitazioni del G8 a L'Aquila hanno rappresentato il momento in cui dall'elaborazione del lutto l'embrione di comunita' resistente prova ad articolare in termini politici la rivendicazione di ricostruzione dal basso, che significa partecipazione alla ricostruzione, che significa difesa delle radici di una comunita' e della propria terra.

Quell'esperienza capace di contestare Berlusconi in quella passerella che lui stesso si era costruito, con un ignobile operazione di speculazione sul dramma dell'Abruzzo, capace di riprendersi il centro storico della citta' vietata, di andare il 1.500 a Roma contro il decreto Abruzzo che non prevede la consultazione dei cittadini sulla ricostruzione, ha incontrato le altre comunita' in lotta, e lo ha fatto nel momento stesso in cui elaborava il proprio lutto, ricordava i propri morti. Dal Forum contro il G8 il messaggio chiaro e' quello della necessita' di supportare questa comunita' per permettergli di uscire dallo stato di shock permanente e cominciare ad articolare la rabbia.

Proprio l'elemento della rabbia, ai piu', e' sembrato essere fino ad ora uno dei limiti di questa mobilitazione.Ma senza comprendere davvero il contesto in cui oggi l'Abruzzo e' rinchiuso, e' difficile comprendere perche' davanti all'impossibilita' di riappropriarsi della propria stessa vita le tendopoli non siano oggi un fuoco acceso della ribellione. Ogni comunita', ogni movimento dal basso, raggiunge delle fasi di maturazione diverse a seconda dei contesti ed a seconda delle dinamiche di sottrazione dal controllo che si mettono in campo, e che vivono del sentire comune della comunita' stessa.

L'articolazione di quella rabbia, di quelle lacrime, di quella disperazione, che abbiamo visto in Piazza del Duomo a L'Aquila la notte tra il 5 e 6 luglio oggi muove i primi passi. Lo fa a partire dalla consapevolezza che il solo modo per sottrarsi al governo dell'emergenza, al controllo totale del Dico Mac, e' quello di esplicitare la loro indipendenza.La blindatura della citta', da questo punto di vista senza dubbio ha agevolato questo processo. Fa davvero ridere vedere gruppetti di poliziotti in borghese delle questure di mezza Italia girare nelle strade deserte di L'Aquila a controllare chissa' chi o chissa' cosa, con intorno solo palazzi abbandonati e strade buie e vuote. In compenso, proprio in questi giorni si e' allentato il controllo in prossimita' dei campi, rendendo possibile un accesso piu' ampio agli stessi, nonostante il lavoro di terrorismo psicologico della Protezione Civile che ferma tutti coloro che escono dai campi per "avvisarli" del fatto che sebbene possano uscire e' sconsigliabile a causa dei probabilissimi scontri in occasione del G8 !?!?

Intorno all'articolazione della rabbia, in questi utlimi giorni, e rispetto ai recenti avvenimenti come gli arresti nell'ambito dell'inchiesta Rewind della Procura della Repubblica di Torino, e' un tema centrale nella riflessione in tutto il paese ed anche a L'Aquila. L'inchiesta infame di Torino, che ha portato all'arresto di 21 attivisti in tutta Italia, ci dice molto piu' in termini politici che in termini giuridici. Senza dubbio il solo appoggio tecnico che giustifica gli arresti e' quello del pericolo di reiterazione del reato in merito alle mobilitazioni contro il G8 de L'Aquila, una sorta di arresti preventivi, con tanto di caso da montare come ad esempio e' successo ad Egidio Giordano che e' stato arrestato proprio nel campo della rete 3e32 all'alba del 6 luglio dopo la grande fiaccolata della notte prima. Ma in termini politici gli editoriali del Corriere e le dichiarazioni del capo del Ucigos De Stefano ci dicono molto di piu'. I movimenti possono solo essere espressione di pura opinione, ma nel momento in cui aggrediscono il nodo della decisione nei processi reali, nel momento in cui affrontano il tema dell'articolazione della rabbia in termini politici, come meccanismo di sottrazione dal controllo ed esplicitazione di autonomia ed indipendenza, escono dal quadro della compatibilita' e quindi vanno messi in galera.

I movimenti degli ultimi anni c'hanno consegnato invece dei processi veri, dal basso, che aggrediscono in pieno il tema della decisione, e le cui caratteristiche principali sono proprio l'autonomia e l'indipendenza. Ed e' proprio il tema dell'articolazione della rabbia, che consiste nella esplicitazione delle pratiche ad essere messe sotto inchiesta. Potete anche abbaiare ma mai mordere. Nessuna abiura puo' mai essere possibile davanti all'uso sociale della forza, che abbiamo chiamato disobbedienza, e che trova oggi nuove, diverse e diffuse forme di espressione. Ed e' su questo tema che le discussioni a L'Aquila hanno generato una riflessione positiva. Da un lato la necessita' di comprendere il cambiamento della fase, che bisogna ovviamente forzare a partire dal prossimo autunno, in Abruzzo, dall'altro le esperienze di autodifesa e disobbedienza delle comunita' di Chiaiano e Vicenza che hanno deciso dal basso ed in maniera condivisa di sfidare con i propri corpi divieti e decreti.

Intorno a questo ragionamento il legame tra L'Aquila e l'inchiesta Rewind appare evidente, ovvero come ci si oppone alla crisi e come si inverte la piramide decisionale in questo paese ed in Europa. La presenza degli studenti tedeschi al Forum ci parla di come i movimenti, quelli reali, quelli dal basso che provano ad agire davvero la costruzione di comunita' resistente, si interrogano intorno a questo tema.Ma di certo una cosa e' chiara ed evidente, quei 21 attivisti arrestati hanno provato in concreto ad articolare la rabbia, la rabbia di un futuro che viene sottratto, la rabbia di non poter decidere sulle scelte che riguardano i propri destini, orgogliosi e felici di essersi messi in gioco.

La rabbia, alla fine del Forum, con le notizie di nuovi arresti che giungono da Roma e dalle mobilitazioni nella capitale, sale ancora di piu', un segnale ulteriore che serve a comprendere i giorni che viviamo e le scelte che abbiamo davanti.