Ayotzinapa e la nuova insorgenza civile di Luis Hernández Navarro

da La Jornada dell'11 novembre 2014

18 / 11 / 2014

Vi proponiamo la traduzione curata dalla nostra redazione di un articolo di Luis Hernández Navarro, coordinatore degli opinionisti del quotidiano messicano La Jornada (articolo originale) che sottolinea la nuova fase della protesta contro la sparizione dei 43 studenti normalistas rurales in Guerrero.

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Il fuoco divora un veicolo di fronte al Palazzo del governo di Chilpancingo. Sulla carrozzeria di un altro appoggiato di lato mani piene di rabbia hanno scritto: Giustizia. Il Guerrero è in fiamme.

Il fuoco che divora gli edifici pubblici e le automobili esprime la rabbia e l'indignazione crescente di sempre più giovani della zona.

E' il termometro di una rivolta civica e popolare di ampio respiro che scuote tutto il suo territorio e si estende a più municipi e settori. È la prova di una rabbia che ogni giorno che passa si radicalizza sempre di più.

In un primo momento le proteste si sono concentrate contro le autorità locali e il Partito della Rivoluzione Democratica (PRD).

Edifici municipali e uffici del partito sono stati incendiati. Le fiamme della collera si sono poi estese contro al governatore dello stato del Guerrero Ángel Aguirre. Oggi hanno raggiunto il presidente Enrique Peña Nieto. La richiesta di dimissioni è un grido che attraversa in lungo e in largo il Guerrero e tutto il Messico.

Circa 22 degli 81 municipi dello Stato sono stati presi. Il numero cresce ogni giorno. I presidi nascono come funghi nelle piazze pubbliche. La rivolta non sta solo ostacolando il corretto funzionamento dei municipi. La folla pensa di dare vita a governi paralleli.

Come conseguenza della rivolta civile, l'economia locale funziona a singhiozzo. Gli hotel sono vuoti. Gli interminabili blocchi stradali strangolano il trasporto di merci e passeggeri. L'assedio dei grandi centri commerciali frena le transazioni commerciali.

Questa nuova insurrezione civica e popolare ricorda quella vissuta nello stato tra il 1957 e il 1962, contro il dispotico governatore Raúl Caballero Aburto e in favore di una democratizzazione, alla quale il governo federale rispose con due stragi (Chilpancingo nel 1960 e Iguala nel 1962), e che culminò, anni dopo, con la formazione dell'Associazione Civica Nazionale Rivoluzionaria (ACNR), guidata dal professor Genaro Vázquez Rojas.

La rivolta di oggi ha come sua colonna vertebrale "normalistas", insegnanti, polizie comunitarie e organizzazioni contadine. La loro lunga tradizione e l'esperienza organizzativa sono il substrato che sostiene la mobilitazione. Tuttavia, la sollevazione va molto oltre. In alcune regioni partecipano anche impresari.

In Guerrero esistono da 45 anni organizzazioni insorgenti. Secondo un resoconto giornalistico, dal 1994, 23 di loro si sono manifestate pubblicamente. Ci sono forti segnali della presenza e dell'attività di di almeno cinque. Hanno fondamento sociale in diverse regioni, abilità nell'uso delle armi e esperienza di azione. Alcune si coordinano tra di loro di comune accordo.

L'espansione dell' insurrezione civile-popolare del Guerrero è stata accompagnata e protetta da un ampio e crescente movimento nazionale di solidarietà. Il mondo universitario è in ebollizione. Almeno 82 scuole e centri di istruzione superiore si sono fermati chiedendo di riavere vivi i 43 normalistas rurali scomparsi. Nelle reti sociali ci sono forti segnali di malcontento nei confronti del presidente Enrique Peña Nieto.

La strategia del governo per affrontare la crisi è stata disastrosa. Errore dopo errore, ogni passo che le autorità fanno le avvicinano irrimediabilmente al baratro. Incapaci di comprendere la natura dell'insurrezione civile che hanno di fronte, hanno dato risposte politiche da quattro soldi ed hanno agito in maniera grossolana.

Il loro tentativo di prendere tempo e sperare in un miracolo ottiene risultati sempre più negativi.

E così è arrivato il loro ultimo inganno. La versione diffusa dalla Procura Generale della Repubblica (PGR) che gli studenti di Ayotzinapa sono stati vittime di un'esecuzione, bruciati in una discarica di Cocula e le loro ceneri gettate nel fiume, secondo la testimonianza di presunti membri del cartello Guerreros Unidos, ha inasprito ancor di più gli animi. Lungi dall'offrire una spiegazione convincente dei fatti, la conferenza stampa di Jesús Murillo Karam ha provocato ancora più dubbi e malessere. L'arroganza della sua risposta alle domande dei giornalisti ha generato più indignazione.

Il governo federale vuole fornire un resoconto formale del massacro ed una verità giuridica per schivare la loro negligenza e la responsabilità nei fatti ed evitare possibili richieste di azioni legali internazionali. Cerca di nascondere che si è trattato di un crimine di stato e di crimini contro l'umanità. La sua spiegazione è piena di omissioni, incongruenze e contraddizioni. Non è credibile.

Per contro, Felipe de la Cruz Sandoval, portavoce dei genitori dei normalistas desaparecidos, ha detto al presidente Peña Nieto, nella riunione tenutasi a Los Pinos lo scorso 29 ottobre: credo che se lei non è capace di darci la risposta, probabilmente sta pensando la stessa cosa del governatore del Guerrero.

Non è l'unico a pensarlo. Di continuo, nelle diverse mobilitazioni che si danno nel paese, la moltitudine grida due slogan che sintetizzano non solo uno stato d'animo passeggero, ma le convinzioni profonde di chi li grida.

Nel gridare ¡Fue el Estado! (E' stato lo Stato!), dicono chi ritengono responsabile della barbarie.

Richiedendo ¡Fuera Peña! (Che se ne vada Peña Nieto!) esprimono quella che può essere una via d'uscita dal conflitto.

L'insurrezione civil-popolare è entrata in una nuova fase.

Foto articolo: Giulia Iacolutti

24 Horas en Ayotzinapa

Ayotzinapa. La historia de los 43