Cronaca di un lungo 36 Marzo


Scontri e arresti durante le manifestazioni del 5 Aprile contro la Loi El-Khomri a Parigi. Tensioni al corteo degli studenti medi: diversi feriti. Lunghe proteste ai commissariati per il rilascio degli arrestati

6 / 4 / 2016

Parigi. Sono le quattro del mattino e le note di un sassofono accompagnano centinaia di voci in marcia, che risvegliano le strade. “Paris Debout, souleves toi!”. Da Boulevard Saint Germain a Place de la République. Per chi non è pratico della capitale si tratta della Parigi che in linea di massima dorme sonni tranquilli. Qualcuno compare dietro i vetri delle finestre, altri riprendono i canti col cellulare. Un corteo che ancora attraversa la notte. Tuttavia l’apparente “manif sauvage” é scortata da 3 camionette della BAC (Brigata anti-criminalità) e un cordone schierato la segue e sorveglia sul lato destro obbligandola a seguire un itinerario predefinito. I manifestanti sono di ritorno dall’incrocio al 60 di Boulevard St. Germain dove, in risposta alla richiesta del rilascio dei 4 manifestanti, in garde à vue dal pomeriggio, sono stati incalzati, accerchiati, gasati e manganellati prima di essere platealmente scortati a Place de la République. Ma sul dispositivo singolare impiegato stanotte ritorneremo dopo.


E’ un veloce fotogramma, in chiusura di un lungo 36 Marzo, che restituisce visibilmente, da un lato l’escalation repressiva, tra stato di emergenza e loi travail, che fa leva sulla ormai totale immunità giuridica di cui godono i CRS e la Brigata anti-criminalità nella gestione della piazza, dall’altro la fase costituente di un movimento che resiste nelle piazze stesse. Una resistenza di corpi che occupano, producono spazio comune, lo difendono. E il bisogno del governo, di codificare e neutralizzare questa eccedenza, appare chiaramente in giornate del genere.

Partiamo dal mattino. Alle 11 si concentra a Nation il corteo di studenti medi, dopo i diversi blocchi in tanti licei parigini tra cui Gagny, Clichy, Levallois-Perret, Athis-Mons, Ulis. Il corteo è subito bloccato dalle forze dell’ordine per poi riuscire a proseguire su Boulevard Diderot. Qui i primi scontri: gas lacrimogeni, spray e manganelli contro la testa del corteo. I manifestanti si dividono in due spezzoni e dopo ulteriori scontri (circa 10 i feriti, di cui due studenti con più di dieci punti di sutura in testa) la polizia in assetto anti-sommossa inizia ad effettuare numerosi arresti. Più di cento studenti, per la gran parte medi, sono condotti in auto e camionette ai commissariati di Saint Geneviéve e Evangile.  Di questi una gran parte è rilasciata dopo poche ore, previe identificazioni. La manifestazione continua e arriva a Denfert-Rochereau dove parte una manif sauvage per raggiungere  i collettivi "Stop Etat d'urgence" e "Nous ne cederons pas" sotto il Senato. In seguito alla stessa altri 22 manifestanti sono condotti a Evangile. 

In trecento si recano al commissariato per pretendere il rilascio degli attivisti in stato di fermo, che sono effettivamente liberati, dopo alcuni tentativi di bloccaggio del concentramento da parte dei CRS.


La strategia della tensione degli ultimi giorni di contestazione, nel caso degli studenti medi, si trasforma in strategia della paura. Violenza sconsiderata in piazza combinata a una moltiplicazione dei fermi rispetto alle scorse manifestazioni. Un esercizio che introduce il rischio in ogni espressione di dissenso, ma al quale la piazza ha contrapposto una solidarietà trasversale (composito il gruppo di manifestanti accorsi al commissariato) e forme di contestazione che, come nel caso dei manifestanti fermati a Evangile, hanno vinto.

Nel pomeriggio, durante le contestazioni al Commissariato, si tiene a place de la République un Assemblea generale, dove convergono i manifestanti dei due cortei tenutisi in giornata. L’assemblea è partecipatissima tanto da occupare quasi metà della piazza. Si discutono e si presentano le commissioni di lavoro e si affrontano diverse criticità tecniche e organizzative. 
Dopo la notizia della liberazione di tutti i manifestanti trattenuti a Evangile, giungono aggiornamenti su 4 manifestanti in garde à vue ancora detenuti al commissariato di Saint Geneviève. Sono in più di duecento dall’AG ad accorrere e pretendere il rilascio dei manifestanti in stato di fermo.

Il concentramento si forma di fronte il commissariato, dove con canti e striscioni si richiede la liberazione immediata dei “camarad-e-s”. Alcun segnale di vita dal commissariato, il grigio cubo di rue Saint Genevieve, di qui l’ immediata l’occupazione di boulevard Saint Germain all’incrocio con Rue Monge e Saint Geneviéve (luogo del commissariato). La circolazione è totalmente bloccata. Ad opporsi al passaggio di macchine e autobus i corpi dei manifestanti e una barricata di lastre in ferro. La permanenza in strada si protrae per circa un’ora dalle ventidue. In seguito ad una deviazione della circolazione da parte della polizia, i 200 e più occupanti decidono di partire in manif sauvage verso i quais de Seine dove decine di Bac riescono a disperdere il corteo e a accerchiare una quarantina di manifestanti sul Pont au double.  Dopo pochi minuti all’ombra di Notre Dame, i manifestanti sono rilasciati. 


Nel frattempo il corteo si ricostituisce e, evitando diversi blocchi delle forze dell’ordine, raggiunge nuovamente il commissariato. Qui iniziano a convergere altri 150 partecipanti dell’AG di République in via di conclusione, e a mezzonotte, in trecento ritornano a occupare Boulevard Saint Germain. 
Comincia la costruzione delle barricate in corrispondenza dei diversi angoli dell’incrocio. Una barriera simbolica fatta di lastre di ferro, cassonetti e fiorere è costruita in corrispondenza del numeroso cordone di Bac schierato a 40 metri su blv Saint Germain. Un orchestra di strumenti, musicali ma soprattutto non, comincia a esibirsi in barba alle forze dell’ordine, che aggirano le barricate.

Poliziotti in assetto antisommossa circondano i manifestanti, che si compattano e uniti resistono, senza attaccare gli agenti. Comincia una lunga fase di trattative. Gli agenti stessi aprono alla possibilità di lasciare libero il corteo, con obbligo di dispersione, senza compiere alcuna identificazione. L’opposizione a quest’offerta è radicale e i manifestanti continuano a pretendere la liberazione dei quattro compagn* trattenuti a pochi passi. La risposta immediata delle forze dell’ordine è già stata accennata. Circondati tre lati del quadrato costituito dagli attivisti, la polizia spinge verso il commissariato (il lato aperto) i manifestanti, i quali oppongono resistenza, ancora senza aggressioni. Cominciano una serie di manganellate e una scarica di gas e spray urticante che costringono i manifestanti a spostarsi verso il commissariato. In una spirale di richieste al ribasso è proposta la dispersione immediata a gruppi di 7 in alternativa al fermo di tutti i presenti e relative identificazioni. I manifestanti rifiutano e ottengono il rilascio senza identificazione e soprattutto tous ensemble. Di qui la condizione “a salvaguardia dell’ordine pubblico” di guidare il tour notturno nel cuore di Parigi fino a République.


Le quattro persone trattenute in garde à vue sono ancora a rue Saint Geneviève. A differenza di Evangile, i manifestanti non sono riusciti a ottenere alcuna liberazione, a fronte di una repressione ben più dura e violenta e nonostante il presidio notturno partecipato.

La sensazione, a caldo, è che si ponga in seno al movimento, in una fase costitutiva, un’istanza di radicalizzazione delle pratiche. Che s’impone nella costruzione delle giornate di piazza sotto un tale stato di emergenza, nella sua componente migrante con gli accampamenti in fase di installazione a République, nella pratica di forme di sciopero che intercettino tutte le figure del lavoro.

Intanto Marzo continua.