Fire Walk with Me

21 / 8 / 2014

Ferguson è ormai l'incendio del sistema americano, povertà, razzismo, scontro fra poteri e istituzioni, ruolo e responsabilità dei media e le contraddizioni dell'amministrazione Obama.

Da qualunque parte si provi ora a vederla l'immagine di Ferguson è quella di un incendio che attraversa trasversalmente la società e la politica Statunitense. Ferguson è una Katrina, un uragano sociale che si scatena e alimenta su responsabilità politiche ed economiche determinate e che colpisce tutti quelli che ne sono coinvolti. Per inciso è parte strutturale della storia americana, ma questo non può essere nè consolatorio nè giustificativo ma deve essere indagato e compreso.

Nella sovrabbondante discussione su quanto sta avvenendo, di cui abbiamo scelto come Global Project di sottolineare alcune analisi certamente non conclusive ma particolarmente utili a comprendere, quello che ormai sembra essere chiaro è la determinazione di un prima e dopo ma soprattutto l'idea che qualsiasi soluzione sarà contenitiva: “... è un fuoco che si alimenta, che divampa e poi si fa silente ma mai domo, mai spento, chiamalo rabbia, chiamalo giustizia, chiamalo povertà, dagli il nome che vuoi ma ormai cammina con noi.

Nelle centinaia di prese di posizioni di parole e citazioni questa che rimane anonima, chi parlava ha il volto coperto ed esce da una nuvola di gas lacrimogeni, descrive e fa comprendere molto. Come altro. La necessità di molti volti noti, anche oltre il ruolo politico o istituzionale, di prendere posizione, ed il silenzio imbarazzato di altri, ma sopratutto la voglia, la necessità di tante persone, soprattutto giovani, di essere nelle strade di Ferguson a violare il coprifuoco, le zone rosse a scontrarsi con la polizia; una polizia che spara oltre gli ordini oltre il suo ruolo di “proteggere e servire”.

Ed è forse questo il dato strutturale che rappresenta la crisi: la rottura dell'idea cardine che sta dietro il “proteggere e servire” cioè il definitivo disfacimento dell'idea di comunità; di un comune che si rappresenta e manifesta, ora, nelle Big City, devastate e spopolate, nella distanza abissale tra amministratori e cittadini, nei processi di integrazione destrutturati dalla povertà diffusa e nell'idea, main stream, che un presidente come Obama rappresentasse giustizia, coesione e partecipazione; la possibilità della politica di traghettare, salvare!?!, un paese evitando il conflitto sociale.

Ed è qui che Ferguson assume un dato complessivo.

In questo processo di riscrittura sociale e politica , ancora lungo e certamente ancora cupo e violento, che travalica i confini materiali delle strade di St.Luis e dell'America due questioni arrivano a essere questione coplessiva, come specchio e volano del conflitto in atto: la povertà, come esito strutturale della rideterminazione del capitale nella fase di nuova accumulazione post crisi, e ciò che ne scaturisce come primo esito sensibile: la necessità di una nuova giustizia sociale.

Nella America delle notti di scontri a Ferguson tutto questo ha fatto nascere l'esigenza di determinare e perimetrare la natura di questo incendio, e da voci insolite ma che vengono da lunghe tradizioni di attivismo radicale e di movimento, senza enfasi e con cognizione di causa il si è utilizzato nuovamente il termine: “lotta di classe”. La precisa idea di un conflitto sociale non esauribile e che di certo non si conluderà con la presenza di Obama lunedì ai funerali di Mike Brown.

L'incendio è divampato e il fuoco cammina con noi.

Post Scritum

E' l'anno 14 di un altro secolo, il Grande Paese è in fiamme, i confini dell'Europa ad Est e sulle sponde del Mediterraneo bruciano di conflitti armati alimentati da i venti caldi dell'ortodossia religiosa e del capitale militarista, il Papa di nome Francesco parla di Terza Guerra Mondiale: oggi più che mai è tempo di scegliere, di alimentare il proprio fuoco di giustizia e libertà.

Per non essere travolti e bruciati da questi incendi, per non essere complici, per non morire di povertà o uccisi e poi dover chiedere una giustizia che non avremo mai.

Per essere tra i giusti.