Una enorme protesta in strada ha colto di sorpresa nel Guandong le autorità locali e nazionali cinesi, costrette a fare marcia indietro sul progetto per il trattamento di combustibile nucleare nel parco industriale di Longwan, presentato dalla potentissima Compagnia nucleare nazionale cinese (Cnnc).

Gezi Park chiama il Guandong

Manifestazioni antinucleari

19 / 7 / 2013

Alla fine è stata la stessa agenzia ufficiale cinese Xinhua a dover fare buon viso a cattivo gioco e ad annunciare che le manifestazioni antinucleari nel Guandong, sulle quali aveva taciuto nei giorni prima, hanno costretto all’annullamento di un progetto di trattamento di combustibile nucleare.

L’ondata di manifestazioni sembra aver colto di sorpresa le autorità locali e nazionali che hanno fatto rapidamente marcia indietro sul progetto del parco industriale di Longwan presentato dalla potentissima Compagnia nucleare nazionale cinese (Cnnc) e che doveva essere realizzato nel borgo di Zhishan della città di Heshan, nel sud della Cina.

Il sindaco di Heshan, Wu Yuxiong, ha detto a  Xinhua che «Numerosi residenti locali si sono opposti al progetto dopo il suo annuncio da parte del governo di Heshan il 4 luglio. Il governo di Heshan rispetta l’opinione pubblica e non disporrà di richiedere l’autorizzazione per questo progetto».

Sembra definitivamente rotta la cieca fiducia dei cinesi verso l’energia nucleare e la gente che è scesa a manifestare per le strade era soprattutto preoccupata per la sicurezza dell’ambiente e delle persone.

Il parco industriale della Cnnc entro il 2020 avrebbe dovuto trattare 1.000 tonnellate di uranio, con impianti per la conversione e l’arricchimento dell’uranio e la costruzione di attrezzature per la produzione di combustibile nucleare. Un investimento da 37 miliardi di yuan (6 miliardi di dollari).

Le manifestazioni antinucleari del 12 luglio a Jiangmen erano anche contro i progetti di costruzione di nuove centrali a 120 km da Hong Kong, nelle città di Jiangmen ed Heshan ed hanno visto la partecipazione di migliaia di persone con striscioni e cartelli no-nuke, una cosa che fino ad ora in cin asie era vista in qualche sporadico blitz di Greenpeace.

La Cnnc voleva costruire il nuovo complesso nucleare su 230 ettari nel Guangdong ma alla manifestazione sembra abbiano partecipato anche persone provenienti dalle vicine regioni amministrative speciali di Hong Kong e Macao, preoccupatissime per l’0avvicinarsi della minaccia nucleare cinese.

Un annullamento così insolitamente rapido è il sintomo dell’attenzione del regime cinese verso le crescenti preoccupazioni ambientali della sua opinione pubblica, il timore di una svolta alla turca o alla brasiliana, con proteste di piazza che crescono e si autoalimentano, è evidente. Già prima del primo clamoroso no ad un impianto nucleare cinese, diversi progetti chimici e petrolchimici o di trattamento di metalli erano stati annullati grazie alle forti proteste locali.

La dinamica è la stessa delle proteste “spontanee” che stanno dilagando in tutto il mondo: un gruppo di cittadini ha lanciato attraverso Internet l’idea di fare una “passeggiata” antinucleare a Jiangmen alla vigilia del 13 luglio, quando si doveva prendere la decisione definitiva sull’impianto di trattamento del combustibile nucleare dopo una consultazione pubblica di soli 9 giorni della quale non si fidava praticamente nessuno: i cittadini si lamentavano per essere stati tenuti all’oscuro dei progetti nucleari che avrebbero interessato le loro città e c’era già stato qualche arresto ad Heshan.

Infatti a fine marzo il governo municipale di Jiangmen aveva firmato un accordo con la Cnnc per un progetto di parco industriale energetico. Nella Cina continentale da Internet venivano fatti sparire tutti i messaggi riguardanti la questione, ma l’ultimo pubblicato in aprile affermava: «Più il governo dichiara che è tutto sicuro, più mi preoccupo».

Dopo i successi delle proteste contro le fabbriche chimiche, da Hon Kong e Macao sono partiti appelli come questi a scendere in piazza anche a Jiangmen: «Se vivete nel Delta del Fiume delle Perle, cari amici,  ricordatevi, se amate la vostra patria, che la fuga nucleare di Chernobyl ha causato centinaia di migliaia di decessi per cancro, in un raggio di diverse centinaia di km, per diventare una città morta. Le generazioni future sono le vittime. Vigilate ed agite insieme, utilizzando mezzi legittimi, per mantenere i vostri diritti a difendere la vostra patria!».

Alla fine anche la provincia del Guandong si è unita a Macao ed Hong Kong per chiedere al governo centrale di conoscere i dettagli del progetto nucleare che è sottoposto a regolamenti amministrativi nazionali. Le manifestazioni sono state pacifiche, colorate e fantasiose, con maschere e cartelli in stile “occidentale” ma con un inconfondibile tocco cinese, ma tutti hanno notato il gran numero di poliziotti, in divisa e in borgese che presidiavano piazze e strade e si infiltravano tra i no-nuke, inoltre le strade che poortano alle sedi dell’amministrazione municipale erano presidiate da autoblindo con cannoni ad acqua.

I manifestanti hanno scandito slogan antinucleari e cantato l’inno nazionale cinese. Dopo una delegazione è stata ricevuta dal sindaco che ha annunciato la rinuncia all’impianto di trattamento del combustibile nucleare.

Una prima vittoria che dovrebbe preoccupare non poco il regime comunista, visto che apre un altro insospettabile fronte ambientalista di protesta e una crepa nella rigida pianificazione nucleare cinese, che ha già subito una pesante battuta di arresto e revisione dopo la catastrofe nucleare giapponese di Fukushima Daiichi del marzo 2011.

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