Guarimbas y golpe suave

Il doppio binario della opposizione al governo di Maduro.

di Bz
5 / 4 / 2014

È passato oltre un mese dalle proteste di piazza che hanno cercato di destabilizzare il Venezuela e dare la spallata finale al presidente Nicolás Maduro, i sondaggi dicono che non più del 10% della popolazione è d’accordo con le manifestazioni violente e con le guarimbas, le barricate alzate in alcune zone della città per creare il caos e dimostrare, in patria e all’estero, che nel paese esiste una crisi politica insanabile e che l’unica soluzione è il rovesciamento del Parlamento e di un governo che, peraltro, sono stati regolarmente eletti dai cittadini.

Attraverso le colonne del New York Times il presidente Nicolas Maduro cerca di parlare ad Obama, all’amministrazione USA, scrivendo che: “il Venezuela ha bisogno della pace per progredire e che ben accetti sono tutti quelli che operano in tal senso” e mostrandosi aperto al dialogo nonostante l’ostracismo e le misure restrittive degli scambi imposto dagli USA e il tentativo di dare una spallata al governo venezuelano con una mozione di censura dell’Organizzazione degli Stati Americani, una specie di ONU continentale.

I governi che rappresentano la maggioranza dell’America Latina sono ora di ‘sinistra’, compresi Brasile, Argentina, Ecuador, Bolivia, Uruguay e Venezuela in Sudamerica, e El Salvador e il Nicaragua in America Centrale. Questi governi rifiutano decisamente la descrizione fatta da Washington dei recenti avvenimenti in Venezuela, come un tentativo del governo di “reprimere dimostranti pacifici.” Condividono invece il punto di vista di Maduro che le proteste sono un tentativo di rovesciare un governo democraticamente eletto e che ciò è stato fin dall’inizio l’obiettivo dichiarato dei dirigenti del movimento di protesta. Perfino la neo presidente del Cile, Michelle Bachelet, che è riluttante a criticare Washington, ha usato la parola “destabilizzazione” per definire le proteste.

Washington, come ha fatto fin dal 2000, insiste e non lesina aiuti alle forze di opposizione che stanno usando la forza per ottenere questo obiettivo passando dalla spallata con le guarimbas nei quartieri e nelle strade di collegamento tra le città, alle richieste di modificazione delle leggi che hanno radicalmente cambiato la legislazione sociale e del lavoro in Venezuela.

Sembra questa la strategia messa in campo: un alternarsi di tensioni, scontri e sparatorie da parte dei settori giovanili dell’opposizione e l’apertura di un ventaglio di controriforme sociali da parte dell’opposizione istituzionale più accreditata. In questo gioco Miguel Cocchiola, primo cittadino della città di Valencia, ha un ruolo di primo piano, si dice pronto a partecipare alla Conferencia de la Paz promossa da Maduro. La chiamata al dialogo da parte di Cocchiola prova la strada del golpe suave: ai provocatori come Leopoldo Lopez e al picchiatore Henrique Capriles (lo sfidante di Chávez e Maduro alle presidenziali, sempre sconfitto) che in passato assaltava l’ambasciata cubana in Venezuela, si sostituisce Lorenzo Mendoza, uno dei più potenti imprenditori del paese. Mendoza ha proposto a Maduro un nuovo programma di governo, articolato in 12 punti pressoché irricevibili. Tra i principali, l’annullamento della Ley Orgánica del Trabajo, il pagamento di un supposto debito in dollari e la cancellazione della Ley de Precios Justos. Il presidente Maduro si è detto disponibile ad un confronto a tutto campo, ma non a rimettere in discussione le conquiste sociali di tutti cittadini. Questo diplomatico diniego del governo ha infiammato nuovamente le guarimbas e centinaia di molotov hanno illuminato la notte nei quartieri bene e le principali arterie di collegamento del paese.

Il braccio di ferro continua.