Kobane, socialismo e questione dell'intervento: la miseria della sinistra in Europa

15 / 10 / 2014

Riportiamo di seguito l'intervento integrale, ospitato sul portale Kurdish Question, di Yasin Sunca. 

Di fronte alla situazione sempre più drammatica che sta vivendo la città di Kobane l'autore pone una serie di questioni alla "sinistra europea", colpevole, secondo Sunca, di non riuscire a elaborare una posizione convincente in merito a quello che sta accadendo in Medio Oriente, nello specifico tra Iraq, Siria e Turchia.

Una sinistra europea che non è in grado, al momento, di recepire l'importanza di quella "terza via" che i curdi, attraverso l'esperienza del progetto politico del Rojava, stanno mettendo in atto da alcuni anni. Un esperimento, che Sunca definisce "socialista", in cui si sta attuando un modello di autogoverno, di superamento di confini, di eguaglianza e non discriminazione rispetto a etnia, genere e religione.

Rojava, sottolinea l'autore, che diviene esperienza pericolosa sia per il califfato fascista dell'IS, sia per il modello imperialista occidentale.

Una serie di domande, quelle di Sunca, che toccano i nervi scoperti di una sinistra incapace di affrontare la questione dell'Islam in Europa e che ha colpevolmente lasciato campo libero a populismi di destra in merito alla stessa.

Abbiamo deciso di pubblicare questo contributo in quanto interessante approfondimento rispetto a ciò che il Rojava e la resistenza di Kobane rappresentano per noi come movimenti. Cercando di trovare, anche nella pratica politica, le nostre risposte alle domande poste dall'autore. 

Appena l’ISIS ha iniziato ad occupare i titoli delle prime pagine dei quotidiani europei, anche gli Stati imperialisti occidentali hanno cominciato a chiamare in causa la legittimità di una guerra contro le terrificanti azioni dell’ISIS, per le quali loro stessi condividono la responsabilità.

Dovrebbe trattarsi nuovamente di un intervento imperialista, ma stavolta contro ISIS, il nemico dell’umanità. In Europa la sinistra, che non si è quasi mai occupata dei massacri perpetrati precedentemente dall’ISIS, si è opposta fermamente all’idea di un intervento militare nella tradizionale accezione socialista. Risulta più che comprensibile opporsi all’idea di intervenire militarmente; tuttavia, quale sarebbe l’alternativa? Il silenzio?

Che cos’è l’ISIS?

L’ISIS, anche conosciuta come ISIL o IS, ha tratto beneficio dalla complessa ed intensa situazione politica e militare locale ed ha autoproclamato uno Stato Islamico nelle regioni a maggioranza sunnita di Iraq e Siria. Ha ferocemente attaccato qualsiasi altro gruppo e manifestato forme brutali di violenza nel nome dell’Islam. La decapitazione degli infedeli, gli stupri e la riduzione in schiavitù delle donne, le fucilazioni di massa ed altri svariati episodi di violenza sono diventate immagini di ordinaria quotidianità provenienti dall’Iraq e dalla Siria. Ai non sunniti l’ISIS concede tre possibilità: convertirsi all'Islam, pagare la “jizya” (tassa imposta ai gruppi religiosi diversi da quello “ufficiale”) o venire uccisi. Dovendo fronteggiare tanta brutalità, molti hanno deciso di emigrare negli Stati confinanti. L’ISIS sta violentando i valori dell’umanità in Mesopotamia ed il mondo occidentale resta a guardare il tutto come fosse un film di un famoso regista, continuando a parlarne mentre si convince di quanto barbarico sia il resto del mondo.

L’ISIS e gli altri gruppi jihadisti non sono cosa nuova e non vengono fuori dal nulla. Sono almeno due anni che i curdi sono sotto attacco, anni durante i quali hanno cercato di comunicare con quei “pragmatici” e “razionali” decision makers nel tentativo di mostrare quanto i jihadisti potessero essere pericolosi per il futuro del mondo intero. Ad ogni modo, come era già successo svariate volte, l’Occidente ha iniziato a parlare di questa temibile organizzazione solo dopo che questa ha decapitato giornalisti americani e britannici e ne ha reso disponibili le immagini online. Non è certamente accettabile quanto hanno fatto ai giornalisti; tuttavia, non avremmo mai visto scene del genere se quei decision makers avessero anche soltanto preso in considerazione quello che i curdi avevano visto e stavano affrontando. La sinistra in Europa, senza troppe sorprese, ha ignorato le minacce jihadiste alla regione curda e le strade che gli sviluppi della situazione avrebbero potuto prendere. Vale la pena di ripeterlo ancora una volta, per la sinistra: queste bande stanno violentando i valori della specie umana, inclusi quelli della lotta rivoluzionaria.

La miseria dei partiti e delle organizzazioni mainstream di sinistra

Se ne potrebbero dire a centinaia di ragioni per le quali la sinistra dovrebbe opporsi all’ISIS e a ciò che l’ISIS ha fatto negli ultimi anni a gente totalmente innocente. Tuttavia, coloro che dovrebbero opporsi all’ISIS, principalmente partiti ed organizzazioni di sinistra, hanno semplicemente fallito nel raggiungere un approccio complessivo, non hanno una conoscenza esatta di quello che sta succedendo e, sfortunatamente per loro, sono incastrati nell’interpretazione ortodossa del conflitto tra socialismo ed imperialismo. Per l’ennesima volta sono bloccati sul terreno marginale dell’accusa di imperialismo contro i rispettivi governi, che, di fatto, non significa nulla né per i governi né per le relative società civili.

Nel caso specifico della resistenza dei curdi a Rojava, nel Kurdistan siriano, tuttora in corso, le Unità di Protezione Popolare (YPG) hanno resistito simultaneamente agli attacchi brutali dei jihadisti e alle aggressioni militari del regime siriano. I curdi non hanno optato per una cooperazione né con il regime né con i principali gruppi di opposizione del governo siriano per delle ragioni comprensibili e più che valide. Il regime siriano ha per molto tempo oppresso, tra i molti gruppi di minoranza, la popolazione curda, e di conseguenza era impossibile che si andasse d’accordo politicamente. Tuttavia, dovendo affrontare delle notevoli difficoltà politico-militari nel contesto della guerra tuttora in corso, il regime ha deciso di concentrare le proprie azioni in aree strategiche per combattere i gruppi di opposizione, e non hanno quindi portato avanti contro i cantoni autoproclamati curdi azioni di forza che possano dirsi significative, se confrontate con gli attacchi ad altre regioni del paese. In aggiunta, la proclamazione dei cantoni curdi di Rojava ha posto certamente dei problemi alla Turchia, che è stata - a parole - tra i Paesi che hanno criticato maggiormente il regime siriano. Così, possiamo parlare di una convergenza politica tra il regime e i curdi più che di un accordo strategicamente motivato. A parte questo, i curdi non avrebbero mai potuto collaborare con i principali gruppi d’opposizione in Siria per due ragioni di fondo. In primis, l’opposizione araba in Siria non ha mai riconosciuto i diritti della comunità curda ed ha rimandato la questione delle richieste dei curdi ad un eventuale fase post-Assad. In secondo luogo, l’opposizione araba non ha mai avuto una chiara agenda politica per il futuro della Siria. Non c’è mai stata una risposta chiara riguardo ad un futuro di democrazia in Siria oppure nuovamente dittatoriale, e i curdi sono sempre rimasti scettici riguardo le volontà democratiche delle opposizioni arabe.

Presi in considerazione questi dati preliminari, i curdi hanno optato per una “terza via”, ed hanno iniziato a costruire politicamente i loro cantoni con una nuova accezione di democrazia che includesse tutte le differenti popolazioni. I cantoni curdi non hanno mai portato la loro offensiva contro qualsivoglia gruppo o comunità a meno che non si trattasse di una controffensiva ad un attacco militare. Quella di Kobane è una resistenza in corso causata dagli attacchi brutali dei jihadisti dell’ISIS ed è una guerra di autodifesa. I curdi stanno portando avanti un esperimento di socialismo nel Medio-Oriente, una delle regioni politicamente più problematiche del mondo, e la sinistra internazionale è di conseguenza responsabile alla stessa maniera di conservare l’emergere di questa speranza socialista. Questo esperimento ha bisogno del sostegno incondizionato di tutti i socialisti del mondo e della solidarietà internazionale. (Per coloro che sono interessati al nuovo modello di Rojava maggiori informazioni sono contenute in questo articolo)

Tuttavia, i partiti e i gruppi di sinistra in Europa sono lontani dal comprendere realmente cosa sta succedendo in Kurdistan ed a Kobane, e non hanno nemmeno intenzione di assimilare l’assetto ideologico dietro la creazione dei cantoni di Rojava. Dovranno ammettere che non sono stati mai capaci di capire la scelta della “terza via” e che, esattamente come hanno fatto i media mainstream, hanno posizionato i curdi assieme al regime di Assad, nonostante essi abbiano dichiarato chiaramente e manifestato praticamente innumerevoli volte il loro essere gruppo d’opposizione, ed hanno contestato ai curdi di essere i mandanti del regime. A parte questo, alcuni altri gruppi hanno invece adottato un approccio restrittivo dichiarando che se i curdi non sono con Bashar al-Assad devono allora necessariamente essere con l’opposizione. Ci si dovrebbe allora ricordare del fatto che essere contro il regime non significa automaticamente accettare le prospettive e le analisi dei principali gruppi di opposizione in Siria. Inoltre l’opposizione principale al governo siriano in Siria è sostenuta dagli “imperialisti” contro il regime. I curdi hanno quindi capito chiaramente che il posto giusto dove stare era una “terza via”.

La maggior parte dei gruppi di sinistra ha iniziato a prendere in considerazione il problema dopo che la coalizione internazionale ha dichiarato che sarebbero partiti gli attacchi aerei contro l’ISIS. Nonostante la crisi umanitaria tuttora in corso in Kurdistan, questi gruppi hanno chiuso un occhio a riguardo e, come sempre, la loro agenda politica è stata ancora una volta scritta dagli imperialisti.

Avrebbero potuto esprimere e praticare solidarietà con la popolazione della regione curda e con l’unico esperimento democratico-socialista nel Medio Oriente.

Avrebbero potuto innalzare l’allerta riguardo la minaccia dei gruppi jihadisti, prima che questi avessero potuto fare una carneficina contro gli Yazidi nella regione Sinjar dell’Iraq, ed anche riguardo la minaccia dei massacri a Kobane.

Risulta chiaro come molti di questi partiti e gruppi di sinistra siano dipendenti dal paradigma “stato-centrico” nella loro agenda politica e non abbiano alcuna capacità di determinare il loro programma e nemmeno la capacità di fare previsioni. Rimanere in silenzio di fronte agli jihadisti vuol dire fornirgli ulteriore slancio. L’opinione pubblica europea è scettica riguardo ai musulmani e questo scetticismo viene regolarmente strumentalizzato dai partiti populisti europei di destra. Nondimeno, quando la sinistra analizza la questione dell’Islam in Europa, deve necessariamente separare l’Islam religione dall’Islam come regime jihadista politicamente motivato. La maggior parte dei gruppi di sinistra in Europa è fallimentare nell’operare questa separazione.

Riguardo all’intervento militare, i partiti parlamentari di sinistra hanno votato no all’intervento militare e i gruppi extraparlamentari hanno protestato contro l’intervento militare. Personalmente non sono stato mai a favore di nessun tipo di intervento militare e non lo sarò mai. Tuttavia, ci sono un paio di domande a cui rispondere a questo proposito: i curdi stanno venendo uccisi principalmente da armi appartenenti a Paesi occidentali che sono state prelevate dall’ISIS dagli arsenali del governo centrale iracheno e dalle armi in possesso della Free Syrian Army fornite loro dai Paesi NATO. C’è quindi una responsabilità oggettiva da parte degli Stati imperialisti occidentali per la morte dei mediorientali se questi vengono uccisi dalle loro armi? I partiti di sinistra non dovrebbero sentirsi responsabili o quantomeno ricordare tale responsabilità ai rispettivi governi? Qual’è l’alternativa ad un intervento militare che questi partiti potrebbero suggerire a partire da una prospettiva di sinistra? Cosa possono fare questi gruppi di sinistra mentre i curdi vengono massacrati dai terroristi dell’ISIS? Ed un’ultima domanda: perché i partiti di sinistra non hanno mai aperto bocca riguardo la questione curda in Siria prima dell’intervento militare della coalizione? Non esiste una scorciatoia o una risposta breve per nessuna di queste domande ma prolungare l’attenzione su queste questioni è di vitale importanza. Inoltre, a differenza del tradizionale discorso anti-imperialista, queste domande devono essere riconsiderate e concettualizzate dal punto di vista dell’attuale sinistra europea. Altrimenti, nulla di tutto questo servirà ad altro che alla continuazione della miseria.

I curdi stanno sperimentando un nuovo modello democratico-socialista a Rojava che ha bisogno del sostegno e della solidarietà della sinistra in Europa. Per questo, come socialisti curdi che vivono in Europa, ne abbiamo abbastanza di questa infinita discussione tra gruppi di sinistra senza nessun concreto passo in avanti. Riguardo al tema della solidarietà internazionale, la sinistra in europa è in un ciclo di disperazione, avendola portata in una prospettiva misera di cui si dovrebbe liberare senza indugi e senza ulteriori ritardi.