La battaglia dei metal detector alla Spianata delle Moschee

22 / 7 / 2017

Metal Detector. D’altra parte risulta difficile costruire un muro di cemento nella città vecchia a Gerusalemme. Da domenica i palestinesi e tutti i musulmani hanno trovato l’accesso alla Spianata delle Moschee, uno dei luoghi più sacri della religione islamica, presidiato da militari e controllato da metal detector che, a detta dell’ esercito, hanno lo scopo di non far entrare armi e, di conseguenza, pericolosi “terroristi” all’interno del luogo sacro.

Per giorni la preghiera è stata eseguita proprio davanti i varchi appena installati, come segno di protesta e boicottaggio. Ieri la situazione è esplosa. Gerusalemme ha visto scendere in piazza migliaia di palestinesi. Gli scontri con le forze di polizia sono stati inevitabili: ai primi accenni di dimostrazione da parte dei palestinesi l’esercito ha sparato sul corteo dando il via a proteste a Gerusalemme, ma anche in altre città e villaggi della West Bank e della striscia di Gaza. L’IDF e i coloni israeliani ultraortodossi sparano, vi sono irruzioni negli ospedali di Al-Khalil e di Gerusalemme, sequestri durante le manifestazioni di giovani manifestanti. Tre morti palestinesi, tutti giovanissimi. Mohammad Hassan Abu Ganem, 19 anni ucciso dall’ esercito durante gli scontri a Gerusalemme est, Muhammad Sharaf, 18 anni, ucciso da un colone ebreo, e il suo coetaneo Mohammad Lafi. Pesantissimi anche gli scontri nelle altre città della West Bank. I feriti in totale sono quasi 500. Ma sono tanti gli attacchi ai coloni ultraortodossi che, armati, hanno partecipato agli scontri a fianco delle forze di polizia israeliane. Il più violento attacco si verifica nella colonia illegale di Halmish vicino a Ramallah. Qui Omar al Abed accoltella tre coloni israeliani. Il villaggio di Khouber da cui proveniva viene occupato dall’esercito, la sua casa demolita, suo fratello arrestato.

Una breve sintesi di quanto successo ieri in Palestina, una giornata di sofferenza e ingiustizia. Questo perché ciò che ha fatto Israele è illegittimo. Non si tratta di prendere una posizione di carattere religioso. Non è questo che dovremmo fare, come non relegare tutto alla banalizzazione nel parlare di “islamici terroristi”, palestinesi assassini e le tante semplificazioni che troviamo nella stampa mainstream, compresi i colossi dell’ informazione mondiale (da HAARETZ ad al-JAZEERA).

Ciò che dobbiamo ricordare e denunciare è il carattere politico che ha questa vicenda, sì complicatissima, ma che vede ancora una volta in atto il progetto israeliano di voler arrivare ad un punto tale di esasperazione che raggiunge livelli disumani di repressione e privazione di diritti. Nel 2000 la passeggiata di Sharon nella Spianata delle Moschee aveva portato alla seconda Intifada; oggi la privazione del diritto di entrare in uno dei luoghi più importanti per i palestinesi musulmani - e non solo - vuole raggiungere i medesimi scopi: affermare la supremazia israeliana e continuare a sradicare e privare di tutti quei fattori culturali che rimangono ai palestinesi. È la logorante corrosione di tutto ciò che la Palestina ancora possiede. La terra è già stata espropriata, la libertà di vivere e di movimento pure. Ora Israele vuole anche il cuore e l’anima dei palestinesi. Perché è quello che al Aqsa rappresenta, ciò che rimane ai Palestinesi è solo la fede nella religione. Ideologie politiche e solidarietà araba o internazionale che sia sono oramai – purtroppo - elementi marginali. Del resto lo sappiamo: questo per la Resistenza palestinese è uno dei momenti più difficili.

Ma oltre ad un luogo religioso è un simbolo di cui, come già detto, i palestinesi hanno bisogno per sentirsi ancora tali. È un elemento culturale fondamentale per i loro e Israele sa che la sua privazione rafforza il potere su quei territori. Da ieri diventa anche l’ennesimo simbolo dell’oppressione e della estrema violenza dell’esercito israeliano.  Quale sarà il prossimo passo? Vietare la lingua araba, e bruciarne i libri? Assad potrebbe insegnare a Netanyahu come fare, dato che in Siria ha fatto lo stesso con i curdi, cercando di cancellarne la  memoria collettiva.

A proposito di Netanyahu: nella sua visita nell’Ungheria di Orban (uno degli stati europei più nazionalisti di sempre) ha dichiarato che volenti o nolenti bisogna accettare Israele per quello che è, con i coloni e gli insediamenti illegali. D’altra parte non serve più nascondersi dietro i miti della grande democrazia di Israele, anzi è una retorica oramai lontana, che non interessa più  nessuno. La Knesset preferisce il pugno di ferro, l’oppressione, la costruzione di una società sempre più discriminante e razzista. E al di là di tutte le prese di posizione religiose e politiche in Palestina si muore e si soffre, la libertà è solo un miraggio. Questo ci basta nonostante tutto a scegliere con chi stare, ieri oggi e, sperando in una terra libera e democratica, domani.