La fredda accoglienza della Fortezza Europa

Un report multimediale della staffetta #overthefortress dal confine sloveno-austriaco

3 / 11 / 2015

Siamo in Slovenia dove, oramai da settimane, transitano migliaia di rifugiati che vogliono raggiungere il nord Europa. Cerchiamo di raccogliere maggiori informazioni sulle modalità del loro passaggio visto che, nei recenti vertici delle istituzioni europee, sono stati sanciti degli accordi fra gli stati dell’UE che riguardano la prima accoglienza, la ripartizione di fondi e quote di migranti, e successivamente, le annunciate espulsioni di quasi mezzo milione di migranti. Le persone in arrivo dalla Croazia con pullman e treni vengono suddivise in gruppi di settecento/mille persone in strutture definite temporanee, perlopiù caserme militari o campi con tende, dislocati in varie località slovene. Le prime che vediamo sono a Vrhnika e Logatec, lì incrociamo una decina di pullman pieni di persone che prendono la direzione di Maribor, nel nord della Slovenia, dove verranno “parcheggiate” in attesa di entrare nel campo ufficiale di Sentilj, al confine con l’Austria.

A Sentilj arriviamo nel tardo pomeriggio. Sulla strada, “scortati” da polizia e militari, vediamo camminare un migliaio di persone arrivate col treno, che hanno percorso un paio di chilometri a piedi fino alle transenne del campo. Qui vengono suddivisi in lunghe file che rappresentano una prima selezione fra chi di loro potrà entrare e ricevere almeno una bevanda calda, e chi dovrà fare una lunga attesa. Per primi passano coloro che hanno un passaporto ma sono la minoranza, gli altri hanno un foglio di carta, una informale “registrazione di transito” fatta lungo il cammino (Macedonia, Serbia, Croazia). Ma c’è anche chi non ha nulla, sopratutto le persone afghane ed iraniane che aspetteranno delle ore prima di accedervi. Parliamo con alcuni di loro, dopo essere stati in molti campi di transito e senza ricevere nessuna informazione, non sanno nemmeno dove si trovano, che confine sia quello che hanno davanti, se quello che hanno difronte sia un campo di detenzione per chi non ha documenti, oppure la porta d’ingresso per una nuova vita.

Cerchiamo di rassicurarli, spieghiamo a loro che gli operatori della Croce Rossa dicono che resteranno fermi una notte e che il giorno dopo passeranno in Austria. C’è chi, in un viaggio di mesi pieno di incognite, ha voluto portare con sé il proprio cagnolino.
Passiamo il confine per trovarci con altri attivisti della staffetta e cercare di entrare nel campo di Spielfeld, in Austria. Oramai è buio e fa freddo, dall’autostrada intravediamo un fumo denso che si diffonde nell’aria e c’è un forte odore di plastica bruciata. Ci fermiamo e, dall’alto, riusciamo a vedere la parte austriaca del campo.

Sembra un inferno dantesco, migliaia di persone stipate, una barriera impenetrabile di polizia all’ingresso che filtra chi può passare e chi deve aspettare, probabilmente anche qui in base al paese di provenienza, a chi ha o meno i documenti, a chi fa richiesta di asilo in Austria. Si sentono voci, grida di protesta, pianti di bambini. In quel punto, alla barriera di transenne e polizia, c’erano state le proteste della mattina, migliaia di persone che premevano per entrare, esasperate da notti di attesa al freddo, ma anche dalle notizie sull’intenzione dell’Austria di chiudere il confine.

Capiamo come “funziona” il tutto. Da Sentilj a Spielfeld c’è una specie di “terra di mezzo”, una “no man’s land” di circa tre/quattrocento metri fra la boscaglia, dove i rifugiati devono rimanere nell’attesa di passare. Accendono fuochi, si brucia quel che c’è, si montano le tende per riparare dal freddo almeno i bambini, possiamo immaginare la difficoltà di rimanere fermi mentre piove! 
Nel frattempo, angosciati da quello a cui stiamo assistendo, scorgiamo dall’alto l’operazione della polizia che sta blindando col fino spinato la parte che collega la “terra di mezzo” con la scarpata che porta all’autostrada in modo da evitare che qualcuno scappi. Hanno i cani e i mitra e ci allontanano.

Riusciamo ad entrare nel campo oramai a tarda notte mescolandoci ai volontari austriaci. All’ingresso ci sono decine di taxi in attesa, ci dicono che portano via, non sappiamo quale sia la destinazione, coloro che fanno richiesta d’asilo in Austria. I taxi sono pieni zeppi di persone, anche qui constatiamo un’altra tranche dell’immenso business che si crea sulla pelle dei rifugiati.

Il campo è organizzato con precisione e rigore "tedesco", volontari e Croce Rossa operano delimitati dalle transenne, di qua loro di là i migranti in fila per un pasto caldo. Il campo si è un po’ svuotato, le prime persone sono passate, gli altri premono alla barriera. Finalmente riusciamo ad entrare, le persone sono in fila infreddolite coi bambini addormentati in braccio e aspettano. Vediamo una specie di recinto transennato, dentro dormono delle persone, una donna, piangendo, ci dice che è bloccata da tre notti coi figli piccoli: non li fanno passare anche se sono siriani e quando chiede il motivo ai poliziotti non le rispondono, se insiste la trattano in malo modo. Non riusciamo a capire il perché di quel trattamento, di quel recinto. Alcuni di noi si fermano per la notte, per dare una mano ai volontari.

Nonostante l’organizzazione militarizzata degli austriaci c’è comunque bisogno, transitano migliaia di persone 24 ore al giorno e questo è l’unico campo ufficiale (probabilmente lungo tutta la rotta balcanica) dove possono trovare del cibo caldo e una tenda riscaldata per chi sta male. Il giorno dopo facciamo a ritroso alcune tappe per monitorare i campi di transito, non ci sono più come in settembre le scene di migliaia di persone lasciate senza acqua e cibo camminare per i campi e i binari della Croazia, della Serbia e dell’Ungheria. L’organizzazione, anche se blindata e militarizzata, di un “canale” di transito in questa parte di Europa è stato attivato.

A Dobovo, al confine con la Croazia, troviamo un’ altro campo, davanti ci sono sedici pullman pieni di gente in attesa di partire per Sentilj, vediamo passare un treno carico di rifugiati. I pullman stanno fermi a lungo, polizia e militari li sorvegliano. Capiamo che una volta arrivati a Sentilj, molti di loro dovranno passare la notte al freddo alla barriera di Spielfeld e nella terra di nessuno.

Nei prossimi giorni la staffetta #overthefortress continuerà ad essere presente in questi luoghi portando solidarietà dal basso, generi di conforto, indumenti pesanti. Continueremo a monitorare quel che accade consci che, dopo questa fase di buonismo, le istituzioni europee mostreranno la loro vera faccia tramite politiche di esclusione, selezione dei diritti, alleanze con paesi come la Turchia, in quanto la volontà è quella di fermare la migrazione in quel paese per far tornare "invisibile" la rotta balcanica

(tratto da meltingpot.org)

(foto Carmen Sabello)