L'EZLN, il CNI e le elezioni

Una riflessione di Luis Hernandez Navarro, pubblicato ne La Jornada martedì 18 ottobre

26 / 10 / 2016

L'EZLN e il CNI hanno deciso di proporre la candidatura di una donna indigena come Presidente della Repubblica per le elezioni del 2018, in accordo con tutte le comunità indigene. La decisione ha sollevato numerose polemiche. Alcuni vedono in questa scelta un cambiamento di 180 gradi rispetto alle solite linee di azione. Altri lo considerano come il loro ingresso in politica. Altri ancora, lo vedono come il tentativo di formare una coalizione anti-Andrés Manuel López Obrador.

Queste tre opinioni sono per di più erronee e cariche di pregiudizi. Si basano sulla disinformazione e su uno schema analitico che considera come punto di partenza il fatto che chi non sta con me è contro di me. Questi punti di vista non conoscono la storia e l'evoluzione politica, tanto dell'EZLN quanto delle organizzazioni indigene che formano il CNI.

Da quando l'EZNL è entrato nella vita pubblica non è mai stato una forza astensionista. Non ha mai chiesto l'astensione né il boicottaggio delle elezioni, bensì ha chiamato ad organizzarsi e a lottare. E, almeno in un'occasione, ha promosso il voto di un candidato.

Nelle elezioni presidenziali del 21 agosto del 1994 spinse a votare contro il PRI, come parte della sua lotta contro il sistema di partito dello stato e del presidenzialismo. Inoltre, il 15 maggio dello stesso anno, mentre si trovavano a Guadalupe Tepeyac, le basi di appoggio ed il Subcomandante Marcos hanno ricevuto il candidato del PRD, Cuauhtémoc Cárdenas, ed il suo seguito. I ribelli lo hanno salutato e riconosciuto che il candidato li aveva ascoltati con attenzione e rispetto. Nel mentre, hanno criticato il sole azteco (il partito PRD).

Pochi giorni dopo, in occasione della Seconda Dichiarazione della Selva Lacandona, hanno convocato una Convenzione Nazionale Democratica, la quale doveva emanare un governo provvisorio o di transizione, attraverso la rinuncia dell'Esecutivo Federale o attraverso la via elettorale. Questo processo – hanno allora segnalato - dovrebbe sfociare nella redazione di una nuova Carta Magna e alla realizzazione di nuove elezioni.

Dopo poco tempo, l'EZLN ha sostenuto la posizione espressa dal giornalista Amado Avendaño come candidato della società civile al governatorato del Chiapas. E, nonostante i brogli elettorali che impedirono il suo trionfo, lo ha riconosciuto come governatore ribelle e lo ha trattato come tale.

Sul finire del 2005 gli zapatisti hanno lanciato un appello con lo scopo di organizzare un movimento nazionale per trasformare le relazioni sociali, elaborare un programma nazionale di lotta e creare una nuova costituzione politica. In questo contesto hanno dato vita alla otra campaña, un'iniziativa di politica popolare dal basso e da sinistra, indipendente dai partiti politici registrati, di taglio anticapitalista.

Anche se l'otra campaña non ha mai chiamato all'astensionismo né al boicottaggio delle elezioni, ha criticato invece duramente i candidati dei tre principali partiti politici, incluso Andrés Manuel López Obrador. In prossimità delle elezioni del 2 luglio 2006, superata la repressione avvenuta a San Salvador Atenco (3 e 4 maggio dello stesso anno), la dinamica di questa iniziativa è cambiata: il Subcomandante Marcos ha rifiutato personalmente di discutere su chi potrebbe votare: “Colui che desidera votare, voti” ha detto.

Si voleva incolpare gli zapatisti del risultato finale delle elezioni del 2006, inclusi i brogli che privarono Andrés Manuel López Obrador della vittoria. Il giorno seguente, il dirigente di Morena denunciò che in quella giornata l'EZLN e la chiesa progressista avevano spinto il popolo a non votare per lui (cosa che non successe mai), compromettendo così la sua vittoria alle elezioni, anche se indirettamente. Da quel momento il dibattito è stato amaro e intenso. Non ha smesso di esserlo nemmeno dopo più di 10 anni.

Negli anni la posizione degli zapatisti non è cambiata. Lo stesso Subcomandante Moisés lo ha affermato nel comunicato intitolato “Sulle elezioni: organizzarsi”, dell’aprile 2015. “In questi giorni, così come ogni volta che c'è questa cosa chiamata 'processo elettorale', ascoltiamo e osserviamo come sostengano che l'EZLN inciti all'astensione, o che dica non di non andare a votare. Dicono questo e altre falsità”.

Successivamente si chiarisce la posizione dei ribelli sulla congiuntura elettorale di quest'anno: “Come zapatisti quali siamo non diciamo di non votare né di votare. Come zapatisti quali siamo, quello che facciamo, ogni volta che si può, è dire alla gente che si organizzi per resistere, per lottare, per ottenere ciò di cui ha bisogno”.

Il recente documento scritto dall'EZLN e il CNI, “Che tremi nei suoi centri la terra”, rappresenta un cambio di posizione per i ribelli. Ma non di 180 gradi, perché non sono stati mai astensionisti.

In queste parole si parla di intervenire attraverso una nuova forma di azione, che ha come punto centrale la partecipazione diretta nella congiuntura elettorale, come una forma di resistenza, organizzazione e lotta. Si parla di collocare gli indigeni e le loro problematiche al centro dell'agenda politica nazionale. Di rendere visibili le aggressioni contro i popoli originari. Di costruire il potere dal basso. La decisione presa non si riferisce all'ingresso in politica dell'EZLN. Gli zapatisti sono sempre stati presenti. Non hanno mai smesso di fare politica da quando sono entrati nella vita pubblica ribellandosi nel 1994. Si può o non si può essere d'accordo con la politica da loro promossa, ma ridurre la loro partecipazione politica ad un' azione elettorale come in questo caso è una sciocchezza.

Lo stesso si potrebbe dire delle organizzazioni che fanno parte del CNI. La mobilitazione dei purépechas di Cherán (un'esperienza fondamentale nel nuovo percorso di lotta degli indigeni) per il riconoscimento del loro autogoverno e della loro autonomia è essenzialmente politica. Così come l'esperienza di autodifesa del popolo náhuatl di Ostula, o la difesa della comunità otomí Xochicuautla per il territorio e le risorse naturali.

Nessuno detiene il monopolio della rappresentanza politica della sinistra messicana. Questa rappresentazione si ottiene giorno per giorno nella lotta. Accusare gli zapatisti e il CNI di fare il gioco del governo perché pretendono di partecipare alle elezioni elettorali del 2018, a margine dei partiti politici, dimostra prepotenza ed intolleranza. In fin dei conti, sarà la società messicana in generale e i popoli indigeni in particolare, coloro che decideranno se questo cammino è utile o no per trasformare il paese.

Traduzione a cura di Camilla Camilli, Associazione Ya Basta! Êdî Bese!

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