Libano - Tra confessionalismi e crisi economica e sociale

3 / 5 / 2014

"Il regime libanese non ama lavoratori e contadini, ma  le banche e le società connesse con il sistema finanziario.  La malattia pericolosa del Libano è il confessionalismo". Inizia con queste frasi l'incontro con Talal Salman del giornale Assafir. La descrizione della realtà del paese non lascia dubbi nel nostro interlocutore: i partiti al potere utilizzano gli slogan confessionali per mantenere il loro potere. Sono divisi nelle varie fazioni religiose e ancora sulla base delle loro relazioni internazionali peraltro legate alla crisi siriana. Si tratta però di un elite politica che condivide il sistema economico neoliberale. I partiti sono indissolubilmente legati l'uno all'altro nel mantenimento del sistema. Lo si vede anche in questi giorni con la vicenda, quasi una sorte di "teatrino", peraltro guidato anche dall'esterno, dell'elezione del presidente.

Un giovane giornalista che partecipa all'incontro ci parla delle ultime proteste dei lavoratori pubblici e degli insegnanti sia pubblici che privati per l'aumento dei salari, all'interno di una vertenza che dura da tre anni per equiparare le retribuzioni all'aumento dell'inflazione.

Proprio il 29 aprile c'è stata una grande manifestazione nel centro, accompagnata da scioperi e il giorno dopo un sit-in davanti al Parlamento e due ore di sciopero nel trasporto aereo. Queste vicende sono la dimostrazione di una crisi economica, sociale che nel paese oggi non ha risposte da parte del governo. Aggiunge  che non si tratta ancora di movimenti estesi a livello sociale e di base. Alcuni degli esponenti della protesta sono affetti anche loro dalla "malattia del confessionalismo". Ci sono diversi protagonisti della protesta e nell'incontro i nostri interlocutori dividono tra quelli che sono scesi in piazza con la coalizione di associazioni degli insegnanti UCC in un corteo che ha attraversato il centro città da quelli che hanno manifestato il mercoledì davanti al Parlamento su indicazione della General Labor Confederation, che definiscono come "destra". Anche se sottolineano che in questa dimensione confessionale che attraversa tutte le questioni usare le definizioni di destra e sinistra è impossibile.

Tornando alle proteste di questi giorni, il giovane giornalista dice che quello che sta succedendo può però essere l'inizio di qualcosa di nuovo nel paese anche se niente è scontato.

E' la prima volta da tempo che si utilizza la strada, le manifestazioni per fare politica e questo è una novità. Le ultime proteste (dopo quelle dal 2005 in uno contesto completamente diverso per allontanare la presenza siriana) erano state quelle di circa due anni fa contro il confessionalismo e per cambiare il sistema politico, che però non hanno portato a risultati reali. Quando si tornerà a scendere in piazza su questi temi si potrà dire che sta iniziando un cambiamento per ora stanno succedendo delle cose interessanti ma non si tocca ancora il tema del sistema, ci dicono nell'incontro.

Alla conclusione della chiaccherata il giovane giornalista ci dice che comunque come sempre che quel che può succedere in futuro non si può certo sapere in anticipo, come ha dimostrato la storia di quel che è successo a partire da Sidi Bou Zid in Tunisia ormai quasi tre anni fa.

Il giorno dopo andiamo alla manifestazione, l'unica di piazza, per il Primo Maggio convocata dal Partito Comunista libanese. Si parte da Barbir Street per arrivare sotto la sede del Governo, tra bandiere rosse ed inni.

Al comizio finale incontriamo Hanna Gharib, uno dei portavoce delle proteste dei lavoratori.

"Noi siamo in lotta da tre anni per i salari, chiediamo un aumento del 121% pari all'inflazione. Il Parlamento rifiuta la nostra richiesta. Chi scende in piazza sono lavoratori pubblici, insegnanti delle scuole pubbliche e private. Alle rivendicazioni si sta rispondendo che, come da ogni parte nel mondo, non ci sono soldi, il paese è in debito. Ma i fondi si possono trovare tassando i ricchi e la speculazione."

Il governo di fronte alle proteste parla invece di un aumento dell'equivalente dell'Iva, che viene rifiutato dai manifestanti perchè si tratterebbe ancora una volta di peggiorare la condizione economica soprattutto dei più poveri.

Alla manifestazione del Primo maggio partecipa più gente del solito, tra le 1000 e 1500 persone, proprio per la concomitanza con le mobilitazioni di questi giorni, ci spiega un giovane palestinese presente al corteo.

Che la condizione economica sia difficile in Libano c'è lo confermano anche alcuni ragazzi che intervistiamo. Trovare lavoro è difficile ed in più l'arrivo dei profughi siriani ha peggiorato ancor più la situazione visto che accettano salari bassi, creando una concorrenza tra poveri molto preoccupante per gli effetti sociali che può generare.

Ci raccontano che da un punto di vista della solidarietà umanitaria c'è chi sta raccogliendo fondi per i profughi, come con il concerto organizzato in questi giorni per la Siria ma la preoccupazione sta crescendo nel paese proprio per la concorrenza sul lavoro. Chi è ricco continua ad arricchirsi mentre in generale la disoccupazione aumenta così come la difficoltà a vivere.

Anche per avere un lavoro appartenere o meno ad una confessione religiosa diventa un requisito, che si accompagna ad una corruzione generalizzata della classe politica. Molti giovani libanesi in molti casi migrano verso paesi come quelli del golfo. 

Una piccola parte detiene le ricchezze frutto dei flussi economici finanziari di ogni appartenenza religiosa e politica mentre quella che potremo definire classe media ha sempre più problemi ad arrivare a fine mese ed i poveri sono in aumento.

L'immagine del Libano è quella del famoso 1% della popolazione, composto da ogni tipo di confessione religiosa e collegato a tutti gli attori internazionali, che detiene potere e ricchezza e dall'altro il 99% frammentato tra libanesi che ora fanno fatica a quadrare il bilancio, libanesi già poveri e poi ancora palestinesi rifugiati ormai da decenni privati di diritti essenziali, siriani che sfuggendo da una situazione drammatica accettano ogni tipo di compenso con il rischio di generare tensioni sociali, donne migranti trattate senza diritti.

Una gerarchia sociale che in questo pezzo di mondo si vuole mantenere  anche attraverso le nuove forme della guerra che allungano le proprie ombre devastanti dalla Siria.

"Sulle rotte dell'Euromediterraneo" in Tunisia, Turchia e Libano organizzate da:
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