Forum Sociale Magrebino sulle Migrazioni

Mères

Madri in rivolta

20 / 4 / 2014

Essere qui dall'altra parte della frontiera della fortezza Europa e avere già toccato con mano l'effetto tragico delle politiche migratorie europee. Sono i volti deformati dal dolore di queste donne a raccontarcelo. Donne che portano in riva al mare le fotografie dei loro figli e figlie, giovani che hanno preso il largo verso terre sconosciute e ostili in cerca di una sorte migliore, e di cui però si sono perse le tracce. Queste donne, che urlano il loro dolore in piazza con il capo coperto dai veli tradizionali e le fotografie strette tra le mani, riportano alla mente un'immagine conosciuta, quella di altre madri che da quarant’anni sfilano a Plaza de Mayo in Argentina per chiedere verità e giustizia per i loro figli desaparecidos. A tessere un filo tra le loro storie c'è un elemento devestante che rende impossibile l'accettazione della morte, la rassegnazione: l'assenza dei corpi. In Argentina giovani oppositori politici venivano arrestati, torturati e uccisi e i loro corpi venivano gettati nell'oceano da aerei in volo: il mare, oggi come allora, si trasforma nell'immaginario, in una voragine che inghiotte i corpi e che cancella tracce e prove. Le prove dello scempio che si consuma nel Mediterrano, un massacro di persone che sono semplicemente alla ricerca di una vita degna, e che nel gennaio 2014 ha fatto sì che a Lampedusa si riunissero tutte quelle realtà decise a lanciare insieme, attraverso la redazione della Carta di Lampedusa, un segnale forte contro quell'idea di frontiera che impedisce all'uomo di muoversi liberamente tra i confini, permettendo invece la libera circolazione di merci e denaro.

Quello che le politiche migratorie europee e dei paesi del bacino sud del Mediterraneo producono è evidente non solo nelle immagini trasmesse dai telegiornali italiani sugli sbarchi dei migranti nel nostro paese, che qui vengono viste con l'attenzione di chi cerca di scorgere negli schermi un volto conosciuto, ma anche nei racconti personali, attraverso i quali l'immaginario sulla migrazione si sostanzia di umanità reale.

Alcune donne tunisine raccontano che da quando non hanno più notizie dei loro congiunti hanno smesso di mangiare il pesce. Sul fondo del mare, mangiati dai pesci ne immaginano i corpi. Quando queste donne si dirigono all'ambasciata italiana per chiedere notizie senza mai ricevere risposte, quando in una ricerca disperata inviano fotografie, impronte digitali e campioni di sangue per il riscontro del DNA alla polizia di Lampedusa, lo fanno perchè l'assenza dei corpi rende ancora possibile la speranza, ma anche per non far cadere nell'oblio le loro storie, i loro figli, e perchè quando inizia ad essere percepito il dolore individuale come il risultato di un sopruso collettivo allora si trova il coraggio per trasformare la frustrazione in lotta. Durante il Forum Magrebino sulle Migrazioni di Monastir, quando alcune madri di giovani dispersi intervengono urlando dalla platea mostrando ai fotografi le immagini dei loro figli e figlie, parlano di un'assenza che è presenza allo stesso tempo: quelle foto, come quelle ormai sbiadite che pendono dal collo delle Madres a Plaza de Mayo, sono la testimonianza urlata che quelle donne non si arrenderanno finchè non avranno ottenuto giustizia.

 Camilla, Csoa La Strada