Militari e polizia ostacolano brigatisti e soccoritori a Città del Messico

Messico: sempre più crepe dopo il terremoto

Il governo vuole mostrare una capacità di controllo della situazione che non ha rispetto all'organizzazione popolare

23 / 9 / 2017

[di Fabrizio Lorusso, Perez Gallo, Nino Buenaventura] “Andatevene a casa, non serve più aiuto”, intimano alcuni poliziotti federali a una brigata di cittadini solidali a San Gregorio, uno dei rioni del sud di Città del Messicodove il terremoto del 19 settembre ha fatto crollare una cinquantina di edifici. Alla difficoltà di organizzarsi negli aiuti, nel recupero di cibo e materiali, e negli scavi tra le rovine, fisiologiche in una megalopoli da 20 milioni di abitanti, è venuto ad aggiungersi col passare delle ore un atteggiamento ostile da parte delle autorità. “Nella capitale la polizia, la marina e soprattutto l’esercito in 45 punti critici stanno impedendo l’accesso ai volontari e chiudono del tutto i siti alle 9 di sera, proprio quando c’è più silenzio ed è più facile individuare le persone sotto le macerie”, spiega un comunicato dei Topos, organizzazione nata dopo il terremoto dell’85 e tra le più organizzate ed efficaci negli aiuti. “Il fatto è che agiscono goffamente, entrano negli edifici pieni di paura, si lamentano per il freddo, non danno informazioni, non fanno nulla pur essendoci migliaia di volontari disposti a entrare per cercare i loro cari, e così si perdono preziosi minuti per incontrare persone vive per cui ci sono cibo e braccia in abbondanza, ma l’esercito impedisce i salvataggi”, conclude il testo. 

“Abbiamo recuperato una pianta per la generazione di energia e luce ma a mezzanotte i soldati l’hanno spenta perché dicono che di notte non si lavora”, questa la testimonianza diretta di un altro dei Topos riportata dal giornalista del quotidiano La Jornada Arturo Cano. Nei primi tre giorni dopo il sisma si sono accumulate molte critiche e testimonianze contro l’operato di militari e polizia da parte dei soccorritori.

Nelle prime ore dopo la scossa di martedì, che ha fatto 286 morti nella capitale e nei vicini stati del Morelos, Puebla, Oaxaca e Guerrero, la presenza di forze della polizia, militari e della protezione civile era scarsissima, mentre l’organizzazione della gente s’è attivata immediatamente. Nel tardo pomeriggio le autorità si sono concentrate nei punti più critici come la scuola “Enrique Rébsamen”, in cui sono morti 21 bambini e 4 adulti, o la fabbrica tessile di calle Chimalpopoca, dove un gruppo di sarte è rimasto sepolto sotto le macerie. Tuttavia molti volontari si sono lamentati di come, invece che un aiuto effettivo, avessero imposto coi mitra spianati una militarizzazione giudicata “senza senso”, impedendo alle persone di entrare.

Secondo la rivista messicana Proceso l’intervento di militari e federali armati pesantemente avrebbe bloccato il flusso di informazioni sul campo e indebolito l’organizzazione della popolazione. “L’obiettivo è spostare gente dalle zone disastrate per mostrare un’immagine di controllo nell’opera di soccorso e non far capire che la società può superare un governo inefficiente e corrotto, come è successo nel 1985 e adesso”, spiega Alfredo López Casanova, artista e militante a Città del Messico.

Il caso della scuola Rébsamen è emblematico. Il 20 e 21 settembre i media nazionali e internazionali hanno inseguito ininterrottamente una vera e propria fake newscreata dalla Marina e da alcuni soccorritori, credendo che vi fosse ancora una bimba, di nome Frida Sofia, sotto le macerie che chiedeva acqua e aiuto. Non era vero e la Marina ha dovuto chiedere scusa alla cittadinanza e a Televisa, principale TV del paese, la cui reputazione è stata compromessa dalla vicenda.

Le organizzazioni dei diritti umani Serapaz, Artículo 19, Victoria e la spagnola Espora hanno denunciato la volontà, espressa più volte dal governo già il giorno dopo la tragedia, di utilizzare bulldozer per rimuovere i detriti, a prescindere dai “danni collaterali” sulle persone, eventualmente ancora vive sotto le macerie. Dopo le segnalazioni il Ministero della Difesa ha rettificato e userà “mezzi pesanti per sgomberare macerie e non dove si stanno salvando persone”. Comunque le brigate d’intervento continuano a non fidarsi e in vari punti della città hanno impedito l’accesso ai macchinari pesanti.

Mentre la solidarietà popolare si concretizza in brigate attive 24 ore su 24 nei centri di accoglienza e nei punti di raccolta, la macchina istituzionale pare più preoccupata di fare atto di presenza e di tenere sotto controllo la situazione perdendo tempo prezioso e distraendo l’attenzione dell’opinione pubblica con la creazione di casi mediatici e “personaggi” come i “cani soccorritori” della Marina “Titán” e “Frida”, che avrebbero salvato decine di vite.

Anche la più nota giornalista messicana, Carmen Aristegui, ha parlato di “autorità disposte a far presto ad ogni costo”, forse per pressione delle imprese del mattone, e ha criticato l’operato di Graco Ramírez, governatore del Morelos, stato dell’epicentro, che a meno di 24 ore dal sisma aveva già annunciato “la fine della fase dei soccorsi”, mentre i protocolli delle Nazioni Unite raccomandano di mantenerla in vigore per 72 ore.

Inoltre varie imprese hanno imposto ai propri dipendenti il ritorno al lavoro, anche se le condizioni di sicurezza non erano ideali. “Le lavoratrici dell’impresa di pulizie Micmar erano terrorizzate, sono state sono costrette a tornare al lavoro nonostante il luogo in cui l’impresa gestisce l’appalto, il tribunale, sia considerato non sicuro”, narra Caterina Morbiato, giornalista freelance in Messico, dell’impresa di pulizie Micmar.

D’altro canto emergono ora drammaticamente i problemi strutturali dell’ediliziacittadina che sono enormi, nonostante in teoria gli standard sulla sicurezza degli edifici siano stati rinforzati dopo l’85. “Nell’edilizia il tempo è denaro ed è più conveniente la corruzione per facilitare le pratiche, ma ne risentono la qualità dei materiali e il rispetto degli standard”, ha comunicato l’Ordine degli Architetti della capitale. Nel Puebla ci sono 9722 immobili danneggiati e 1622 irrecuperabili, mentre a Città del Messico 3848 sono danneggiati, 47 sono crollati e centinaia restano “in bilico”.

A quattro giorni dal sisma i volontari e i soccorritori professionisti proseguono con le operazioni di soccorso che finora hanno salvato 69 persone nella capitale, ma cominciano a crescere le tensioni sulla fase incipiente della ricostruzione, con le brigate e i comitati di quartiere che non vogliono lasciarne la gestione in mano al governo. da (lamericalatina.net) e RCDC

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