La vittoria e lo strapotere delle destre israeliane sono fortemente ridimensionate.

Netanyahu ha fatto flop

La crisi economica morde anche in Israele

23 / 1 / 2013

I quotidiani riferiscono con titoli vistosi del successo elettorale del partito centrista Yesh Atid (C'é un futuro) di Yair Lapid e della severa flessione patita da Likud-Beitenu di Benyamin Netanyahu e Avigdor Lieberman. Il filo-governativo Israel ha-Yom titola: 'La sorpresa di Lapid, la delusione del Likud'. Nelle pagine interne il giornale riferisce che "Il Likud è sotto shock: la campagna elettorale ha fallito". In maniera simile, Haaretz titola: "Successo drammatico di Lapid, delusione nel Likud". Così pure Yediot Ahronot: "Duro colpo per Netanyahu, il balzo di Lapid". Nei primi commenti viene delineata una possibile coalizione di governo che includerebbe Likud-Betenu, Yesh Atid e i nazionalisti di Focolare ebraico di Naftali Bennett.

Fatto sta che queste elezioni hanno avuto un esito diverso da quello che molti commentatori e analisti davano invece per scontato: non solo per il risultato finale, ma anche per l'affluenza al voto, la più alta degli ultimi anni. Un aspetto che ha sorpreso molti e che sembra l'indice di un Paese in cerca di un'alternativa all'immobilismo che - a giudizio di alcuni - ha segnato le stagioni più recenti. E non solo in politica estera ma anche in quella interna, dove i morsi di una crisi crescente hanno indebolito la classe media e portato nelle piazze la gente sempre più in difficoltà con il caro vita. Una denuncia e un malcontento che Lapid ha saputo intercettare, cavalcando la speranza di una qualche svolta. Adesso il pallino è nelle mani del vecchio presidente Shimon Peres: dovrà affidare l'incarico, e non potrà esimersi dallo scegliere in prima battuta Netanyahu. Ma la strada per il premier in pectore appare tutt'altro che in discesa

UN PARADOSSO ISRAELIANO

Molti palestinesi di Gerusalemme osservano le elezioni israeliane svolgersi sotto i loro occhi, senza aver alcuna possibilità di influenzarne l'esito. Dopo il 1967, Israele ha annesso Gerusalemme, ma non ha annesso la sua popolazione. I palestinesi di Gerusalemme sono diventati "residenti" nel loro Paese. Gli sono stati dati alcuni diritti, ma non quello di influenzare il governo o le sue politiche che regolano però ogni minimo dettaglio delle loro vite.
La mia vita [Aziz Abu Sarah ] ne è un buon esempio. Sono palestinese, nato e cresciuto a Gerusalemme Est, ma non ho il diritto di votare in Israele. Oltre a ciò, non ho nemmeno il diritto di costruire sulla mia terra né di celebrare la mia identità. Se decido di vivere all'estero per un po', non sono autorizzato a ritornare. Quando avevo 16 anni, ho vissuto a due miglia da Gerusalemme: mi fu detto che mi avrebbero revocato la residenza a Gerusalemme se mi fossi allontanato da Gerusalemme Est.

PARTITI IN LIZZA

Seggi aperti in Israele dalle 7 ora locale (le 8 in Italia) fino alle 22 per le elezioni legislative per la diciannovesima Knesset [il Parlamento israeliano, ndr]. Più di cinque milioni gli israeliani chiamati alle urne negli oltre diecimila seggi allestiti nel paese.

È caccia furibonda agli ultimi indecisi tra le trentadue liste che si sfideranno. Secondo un sondaggio del gruppo Dialog, pubblicato sul quotidiano locale liberal Ha'Aretz venerdì scorso, sarebbero circa il 15% (pari all'incirca a 17-18 mandati) coloro che si definiscono "incerti" o "non sa".

Nella scorsa tornata elettorale poco meno di due milioni di aventi diritto al voto (il 34%) si astennero, all'incirca 43.000 furono i voti annullati e oltre 103.000 furono i voti per liste che non superarono lo sbarramento. Proprio per questo motivo negli ultimi giorni dura è stata la bagarre tra i principali partiti per cercare di guadagnarsi i consensi in bilico.

I laburisti di Ha'Avodà hanno avuto almeno cinque milioni di conversazioni telefoniche e circa novantamila sono stati i rappresentanti del partito che si sono presentati a casa dei loro possibili elettori. Secondo i dati forniti dal partito fra i principali indecisi ci sarebbero le donne.

Secondo l'ultimo sondaggio di Ha'Aretz pubblicato venerdì gli "incerti" sarebbero più di centro-sinistra, mentre la destra del Likud (partito del premier uscente Netaniahu) e l'estrema destra di "Casa Ebraica" di Bennett mostrano un dato più basso di indecisi (rispettivamente il 26% e 23%).

A compattare i partiti principali è il nemico comune: i voti definiti "inutili" cioè le preferenze per partiti che non supereranno la soglia elettorale del 2%. Infatti questi voti, secondo quanto stabilisce la legge elettorale israeliana, verranno annullati e non saranno attribuiti a nessun partito.

Tra le formazioni escluse nella prossima legislatura ci saranno le liste non guidate attualmente da parlamentari. Solo una volta nelle ultime quattro tornate elettorali, infatti, è riuscito ad un partito nuovo non guidato da membri della Knesset a superare la soglia di sbarramento. L'eccezione fu il Partito dei Pensionati di Rafi Eitan che nel 2006 riuscì a conquistare 7 mandati in barba a tutti i sondaggi degli analisti locali che lo davano per spacciato.

Ma se il nuovissimo Yesh 'Atid del noto giornalista Lapid dovrebbe farcela, a rischiare sono formazioni come Kadima e 'Otzma leIsrael (Forza a Israele) nonostante siano guidati da parlamentari di lungo corso. Rimanere in corsa per questi partitini ha un tornaconto anche economico: per la legge israeliana anche una lista che ottiene più dell'uno per cento e che non supera la soglia del 2% ha diritto a 1.33 milioni di shekel come "finanziamento di partito". Cifra non irrisoria per chi ha investito di tasca sua somme di denaro ingenti per poter sostenere la sua candidatura.

alcuni stralci di Paradosso israeliano e di Partiti in lizza sono

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