Noi, l'EZLN e l'assurda candidata contro il potere

19 / 10 / 2016

Abbiamo deciso di aprire una rubrica - Sin bajar la mirada -  su Global Project per discutere assieme a quanti ne sentano il desiderio, la scelta "assurda" dell'EZLN e del Congreso Nacional Indigena (CNI) di candidare una donna indigena alle presidenziali messicane del 2018 e per monitorare il percorso di avvicinamento a tale evento. Partiamo da qui, dal nostro calendario e dalla nostra geografia, con alcuni piccoli spunti di riflessione.

Gli ultimi vent'anni di movimento sono stati indiscutibilmente segnati dalla folgorante apparizione sulla scena politica mondiale degli indigeni del Chiapas e dai comunicati, a volte irriverenti, del loro leader, il Subcomandante Marcos, oggi Subcomandante Galeano.

La nostra storia recente è anche un pezzo di storia zapatista, molti di noi sono cresciuti con il mito della rivoluzione senza armi, molte suggestioni zapatiste le abbiamo trasformate in pratiche di lotta nei nostri territori, forti anche della potenza simbolica e mediatica derivante dal richiamarsi alle terre ribelli del Chiapas. Soprattutto, dello zapatismo abbiamo fatto nostro uno slogan diventato modus operandi del nostro agire politico, quel camminare domandando che ci invita a non dare mai per scontata la strada intrapresa, a riflettere sull'efficacia delle nostre azioni, a considerare che non tutto è lineare e che a volte per poter procedere d'un passo è necessario farne due indietro.

Ed è proprio da questo camminare domandando che, a nostro avviso, bisogna ripartire per comprendere appieno la decisione dell'EZLN e del CNI di partecipare alle presidenziali messicane del 2018 con una candidata indigena e donna. Innanzitutto, saltano subito agli occhi due cose: la prima, lo stesso SubGaleano l'ha definita tanto assurda da non sembrare vera e cioè l'idea stessa di partecipare alla tornata elettorale; la seconda, è la scelta di candidare una donna e indigena, ovvero colei che nell'attuale Messico violento e machista è considerata l'ultima ruota del carro nella scala sociale.

Di certo, ad una prima impressione, la scelta di partecipare alla vita politica ufficiale può sembrare illogica e incoerente rispetto alla stessa storia del movimento messicano, ma sono loro stessi ad averci insegnato a non guardare alle apparenze: gli zapatisti hanno sempre utilizzato i processi elettorali per provocare e portare l'opinione pubblica a parlare della questione indigena. L'esempio più eclatante è la Otra Campaña del 2006 quando il fu SupMarcos girò il Paese in sella ad una motocicletta per costruire una rete di movimento al di fuori della Selva Lacandona. Tutt'al più gli zapatisti hanno esortato a non votare e puntare più in alto, che l'unico modo di cambiare l'esistente è proprio l'auto organizzazione, la resistenza e l'autonomia. In nessuna occasione hanno dichiarato che non avrebbero mai partecipato alle elezioni. Quindi, guardandola da questo punto di vista, non si tratta di una scelta incoerente, ma l'esatto opposto, il proseguimento naturale di un percorso che ha visto gli zapatisti affrontare sempre i nodi della politica ufficiale.

Resta comunque una decisione "assurda", che fa discutere e riflettere, una scelta anche pericolosa per ciò che può essere compreso o mal compreso dalla società civile messicana e internazionale. Affrontare il nodo della rappresentanza politica è sempre stato difficile per i movimenti: in questo senso, la storia recente dell'America Latina ci insegna che non ci sono mai governi amici, i vari Morales, Maduro, Correa, Lula e Kirchner sono esempi di come i governi progressisti, giunti al potere anche grazie al fondamentale appoggio dei movimenti, hanno poi tradito le attese e sono stati successivamente scaricati dai movimenti stessi per l'incapacità di produrre una rottura col sistema capitalistico. I molti anni di governi progressisti hanno dimostrato infatti che la politica fatta dall'alto è fatta di compromessi e concessioni ai poteri forti e occulti della finanza, cosa inaccettabile per i movimenti. È anche per questo motivo che l'EZLN non ha mai voluto appoggiare la candidatura a presidente del Messico di Andrés Manuel Lopez Obrador (AMLO), ora dirigente del movimento MORENA ma prima esponente del PRD.

È su questo tema che, come abbiamo avuto modo di constatare nei nostri recenti viaggi in Messico, si apre una profonda spaccatura nella società civile messicana: se è vero che AMLO non risolverà i problemi, è pur vero che è considerato il minore dei mali rispetto a PAN e PRI, e che forse un governo sotto la sua presidenza avrebbe potuto/potrebbe risparmiare la vita ad alcune migliaia di persone, vittime di dieci anni di narcoguerra che ha provocato la morte di 150 mila persone e la sparizione forzata di altre 30 mila. Altro aspetto non condiviso è la questione indigena: il richiamo costante alla "purezza" indigena fatta dagli zapatisti è vista da molti come un elemento che mette ai margini una parte, maggioritaria, della società messicana.

Questi sono solo alcuni aspetti emersi a pochi giorni dall'annuncio dell'EZLN. Considerazioni sicuramente parziali, provvisorie, da approfondire.

Considerazioni che, come Associazione Ya Basta! Êdî Bese! vogliamo affrontare per riprendere a camminare domandando, aprendo una discussione pubblica sulla scelta politica "assurda" fatta dall'EZLN e dal CNI.

Noi non ci siamo fermati, abbiamo inseguito, camminato, corso accanto a tante lotte che sono nate in diversi angoli del mondo, proprio per questo, ancora una volta, vogliamo metterci in gioco, conoscere e approfondire. Noi, insieme a chiunque voglia farlo, proponendo il suo punto di vista, la sua narrazione o la sua valutazione.

Per inviare i vostri contributi scrivi a [email protected]