Pyongyang, una miccia per l'intera area

20 / 12 / 2011

Da oltre un anno l'Asia orientale ha visto riaccendersi tutti i conflitti irrisolti. Ora aumentano i timori di instabilitàAlla notizia della morte improvvisa di Kim Jong-il la Corea del sud ha dichiarato lo stato di allerta per l'esercito e la polizia, il presidente Lee Myung Bank ha convocato il consiglio dei ministri in una riunione di emergenza, la borsa ha avuto un collasso del 3,5%. L'incertezza monta nell'area già stressata da tensioni costanti e la domanda è cosa accadrà ora.

Da oltre un anno l'Asia orientale ha visto riaccendersi e acutizzarsi tutti i conflitti irrisolti. Di questi il più gravido di incognite rimane quello in atto nella penisola coreana mai formalmente pacificato dal 1953. Se ognuno dei contrasti ha una sua specificità, Pyongyang resta la miccia che li può far esplodere tutti. 

 Si può dire che l'incertezza e l'imprevedibilità è un marchio costante del regno eremita, anche se nessuno ha ancora imparato a gestirle. Ma è certo che la morte del Caro Leader, venuta improvvisa prima ancora che il suo giovane figlio Kim Jong-eun avesse le spalle abbastanza larghe per assumere un'eredità così ingombrante, fa aumentare i timori di instabilità, accresciuti dall'ignoranza totale delle complesse dinamiche interne al regime dominato dalla famiglia ma anche dai militari.

 Eppure cosa potrebbe cambiare se tutti gli analisti concordano che la vera forza della Corea del nord è la sua debolezza, sulla quale ha costruito una capacità di ricatto tale da tenere in scacco il grande vicino cinese, gli ambivalenti fratelli del sud e il potente amato-odiato nemico americano, con una grande abilità a spremere aiuti da tutti. Fa ancora più paura il collasso di Pyongyang che la sua aggressività, e la gigantesca questione nucleare gioca in questo un ruolo di arma a doppio taglio. Tant'è che gli episodi più gravi del 2010, l'affondamento a marzo di una corvetta sudcoreana (incidente le cui responsabilità in realtà non sono mai state chiarite del tutto) e soprattutto il bombardamento a novembre dell'isola di Yeonpyeong, al confine con il sud, non hanno avuto gravi ritorsioni. L'unico vero effetto è stato di allontanare sine die la ripresa dei negoziati a sei sul disarmo nucleare abbandonati da Pyongyang nell'aprile del 2009 in seguito alla decisione del nuovo presidente sudcoreano, Lee Myung-bak, di sospendere tutti gli aiuti al nord.

 Negli ultimi tempi tuttavia si cominciava a percepire un certo disgelo. L'inviato statunitense per la Corea del nord, Glyn Davies, sarebbe dovuto tornare questa settimana a Pechino per incontrarvi un alto funzionario di Pyongyang, preludio, secondo molti, a un riavvio dei negoziati. Sarà difficile che ciò avvenga ora, mentre si avvia una transizione che, pur stabilita, si preannuncia complessa e delicata.

 Quello che tuttavia si può dire con certezza è che la Corea del nord in questo momento ha bisogno più di ogni altro paese di calma e stabilità, e si possono escludere alzate di ingegno per attirare l'attenzione o far precipitare gli eventi. Più difficile è invece prevedere l'atteggiamento di tutti gli interessati alle sorti del paese. Cina, Corea del sud, Stati uniti e, di riflesso, il Giappone, hanno interessi molto diversi tra loro e l'unico elemento che li unisce è la disattivazione della minaccia nucleare, anche se le modalità per raggiungerla divergono. 

 La Cina, la prima ad essere informata del decesso del leader, vuole che la Corea del nord resti lo stato cuscinetto e «amico» che è sempre stato, anche se è stata spesso esasperata dal comportamento contraddittorio e ondivago di Kim Jong-il, il quale tuttavia negli ultimi 18 mesi si era recato per ben quattro volte a fare visita ai vicini (e in agosto si era per la prima volta spinto fino a Mosca). Una riunificazione non è certo nei piani di Pechino, consapevole di quanto diminuirebbe la sua influenza nell'area in caso ciò avvenisse. Quanto agli Usa, un rapporto speciale del Council on Foreign Relations del gennaio del 2009, invitava il governo Usa a prepararsi a un cambiamento improvviso in Corea del nord, coordinandosi con gli alleati nell'area. Il documento chiedeva maggiori contatti con Pyongyang ma soprattutto raccomandava la costituzione di un meccanismo istituzionale permanente per la cooperazione nella sicurezza regionale dell'Asia del nord est.  La regione è cruciale, per gli equilibri asiatici in pieno sommovimento, e che gli Usa siano in una fase di ripresa dell'egemonia nell'area, considerata area primaria di interesse strategico, è ormai strategia dichiarata.