Riflessioni ad una settimana dalla chiusura del Vertice dei Popoli.

Rio+20 per la convergenza globale, una risposta alle critiche.

2 / 7 / 2012

E' terminato il Summit di Rio+20: da qualcuno è stato definito un fallimento per la poca concretezza, da altri è stato dichiarato un successo per l'avvenuta convergenza di volontà di lotta costituente tra i popoli.

Sia al vertice ufficiale, svoltosi a Riocentro, sia a quello dei Popoli, nei suoi ricchi e folkloristici 9 giorni all'Aterro do Flamengo, è stato prodotto un documento finale. Impossibile - rispondendo a chi non vede una separazione tra un vertice ufficiale e un vertice dei popoli - non fare una distinzione: l'evento era uno solo, Rio+20, le convergenze erano due, una ristretta e una “aperta”, da una parte popoli e ONG senza istituzioni, e dall'altra governi, multinazionali, istituzioni e altri delegati ONG.

Vertice “ufficiale” vs. Vertice dei Popoli.

A Riocentro, da fantomatiche istituzioni pubbliche e multinazionali, che sembrano voler soltanto annunciare incontri per svolgere attività al servizio del finanzcapitalismo, è emerso un documento fantoccio privo di volontà d'azione a breve termine e senza alcuna indicazione o parametro preciso entro cui svolgere le future attività di governo per un globale (e sociale?) sviluppo sostenibile (o “insostenibile” come hanno intitolato i giornali brasiliani nei giorni recenti).

In poche parole è sorto un documento dalla vaga intenzione di dettare un percorso verde senza vietare la pratica capitalista, sancendo la nascita del capitalismo verde a tutti gli effetti, difatti non si è voluta dare una definizione internazionale di cosa sia l'economica verde, lasciando libertà di interpretazione, non è stata indicata alcuna normativa, è pertanto cristallina la volontà di cumulare ancora capitale riciclando il logos per un uso improprio.

Inoltre si è voluta sminuire la problematica “povertà”, rifiutandone le peculiarità territoriali e senza fare nessun accenno ad una possibile ridistribuzione della ricchezza e del reddito, a parte il governo brasiliano che, parole di Dilma Roussef, giustifica la propria bizzarra visione di pseudo “sviluppo verde” ponendo come priorità lo sradicamento della povertà, ossia, per Dilma, la deforestazione è un male necessario nel processo che porterà allo sfamamento del popolo.

L'energia sotenibile è stata indicata come obiettivo generale per un futuro non fissato, quindi a lungo termine, del tipo “sarebbe auspicabile”.

Per quando riguarda una problematica particolarmente sudamericana, ma simbolica per una difesa ambientale e per la sostenibilità, nel documento non compare nessuna metodologia e nessuna volontà di restaurare o tutelare le aree verdi contro la deforestazione selvaggia.

L'emergenza sociale, alimentare e ambientale pare non essere avvertita.

Interessante è la notizia secondo cui il neo presidente francese Hollande avrebbe, a Rio, tramite collegamente video, suggerito la tassazione delle transazioni finanziarie (percentuale non specificata) da destinare alla creazione di un fondo per lo sviluppo dei paesi poveri.

Nelle battute finali però il fondo non è stato inserito tra gli obiettivi globali del documento, probabilmente il suggerimento è finito nel dimenticatoio di Rio de Janeiro.

All'Aterro do Flamengo i popoli in convergenza hanno creato un documento dal basso senza alcuna pretesa utopica, ovvero senza pretendere che certe pratiche vengano adottate dagli stessi soggetti contro cui si manifesta il proprio dissenso oramai quotidianamente e globalmente. Alla Cupola dos povos è andata in scena una manifestazione lunga 9 giorni, oltre alle numerose persone (totalmente più di 100mila) scese realmente in strada per cortei, flash mob, sit in, blocchi e marce, con una media di 2 proteste al giorno.

Il documento finale del summint dei popoli è un lungo discorso al megafono, un’ agenda di lotta globale, non una carta delle alternative.

Considerando le critiche, senza dubbio il documento finale pare debole quanto quello antagonista, questo per un motivo su tutti: è un manifesto di intenti, una copertina per il contenuto che per tutti i giorni di durata del Vertice dei Popoli si è ingrandito toccando numerose questioni, il risultato non serve per mascherare un nulla sociale senza alternative, ma si pone come guida di mobilitazione per la cittadinanza attiva che propone l'alternativa al sistema in crisi.

L'appello per un nuovo modello energetico basato sull'utilizzo di energie rinnovabili e decentrato, che garantisca energia per la popolazione e non alle multinazionali e la redistribuizione della ricchezza e del reddito, sono due dei punti base, oltre all’ anti-capitalismo e al femminismo non più latenti, a margine del discorso conflittuale, ma posti in essere nei nuovi paradigmi societari latino-americani. Vengono inoltre proposti parametri etico-politici per i nuovi significati di cittadinanza attiva, uno di essi, il principale, è il rapporto simbiotico con la terra e gli altri esseri viventi, entro la dimensione dei diritti naturali.

Nei giorni di forum dei Popoli è stata proposta la Carta della Terra, alla quale hanno già aderito 26 paesi, creata per rispondere alla crisi globale energetica e ambientale; sono state fissate date di protesta attorno ai diversi aspetti della giustizia (ambientale, sociale, di genere e democratica); è stata analizzata l'emergenza climatica ed energetica connessa all'illogica e pericolosa scelta nucleare di vari stati (tra cui il Brasile - due centrali attive e una in costruzione), svelandone le ovvie contraddizioni. Continuando l'elenco approssimativo e dimostrativo, è stato redatto un documento che definisce l'acqua come un diritto naturale intrinseco e protagonista dell'ecosistema, avente lui stesso propri diritti naturali. Terra, acqua e aria, oltre che nell'ottica dei beni comuni, visione a volte retoricamente riduttiva, dato che tali elementi non esistono unicamente dove avviene il saccheggio della cosa pubblica, ma per natura coesistono. E ancora, si è parlato di economia solidale come risposta alla crisi finanziaria puntando su tipi gestione comunitaria e participata dell'economia, dove la riccheza rimane nel territorio combattendo così l'impero della moneta e delle multinazionali, creando nel processo anche lavoro e contribuendo a creare una nuova e rivoluzionaria cultura solidale. Si è proposto anche l'inasprimento delle sanzioni per chi viola i diritti dei lavoratori e della terra, soprattutto nei confronti di aziende/industrie; e infine è stato proposto un tribunale internazione per la difesa ambientale, questione già presente al forum alternativo di Marsiglia sull'acqua, il FAME. Insomma, le questioni sono state analizzate, i contenuti sono numerosi, dietro alla conclusione finale e alla conclusione di ogni plenaria vi è un dibattito lungo 9 giorni.

Nuovi paradigmi di forza e di lotta e le critiche al vertice dei popoli.

Il forum ufficiale è servito solo per cambiare, da parte del potere finanziario, i paradigmi metodologici di forza. Ogni narrazione ha difatti un inizio e una fine, poi deve rinnovarsi per sopravvivere. I rappresentanti dell'1% si sono appropriati dei termini “green economy” e “sviluppo sostenibile”, svuotandoli del significato logico grazie alle forme di diffusione e produzione del sapere monopolizzate, si parte quindi già con una accezione negativa dei termini.

Nonostante le critiche vi è comunque uno scarto dei popoli rispetto ai poteri forti presenti al vertice ufficiale, durante il lungo Forum dei Popoli sono state proposte alternative pratiche di gestioni comunitarie, si è dibattuto numerose volte sui nuovi paradigmi di cittadinanza attiva, sul welfare sull'informazione, sulla cultura, sul concetto di solidarietà, cosa che probabilmente non hanno fatto a Riocentro. Sono stati analizzati e proposti alcuni principi etici per un nuovo modello di civilizzazione: rispetto, cura come reciprocità in opposizione alla dominazione, responsabilità universale, cooperazione e solidarietà, basate su virtù quali ospitalità, convivenza, convivialità e tolleranza. Con un principio fondamentale a fare da cappello al tutto: il commensalismo, ossia il diritto universale per l'accesso al cibo, connesso al diritto naturale universale di accesso all'acqua, per tutti e senza nuocere a nessuno.

Ulteriore critica viene fatta alle dinamiche politiche sudamericane (e brasiliane) che hanno insieme monopolizzato il discorso per una sorta di “ovvia” referenzialità d'ospitalità: ciò non va inteso in modo negativo, ma funzionale per la lotta globale. La sensazione nell'aria è che il capitalismo più spinto non sia ben accetto a sud del mondo. Le tematica dell'acqua, ad esempio, viene affrontata prevalentemente per problemi interni legati a questioni minerarie o quando il discorso verte sulla problematicità delle dighe in costruzione come chiare politiche di saccheggio governativo. Parimenti la bassa componente europea ha permesso che le tematiche venissero monopolizzate, ma la presenza europea avrebbe rischiato di monolizzare a sua volta il discorso, meglio quindi una convergenza sudamericana concentrata sulle tematiche più direttamente sudamericane, ma dai valori globali: insomma, è normale che la crisi globale includa peculiarità territoriali. Dopo il vertice di Rio la convergenza risulta maggiore, tra le questioni più presenti spiccavano Via Campesina; Belo Monte e la deforestazione della regione per la costruzione di una centrale termoelettrica e la violazione dei diritti degli indigeni: la deforestazione in Amazzonia; le manifestazioni contro governo Dilma; il golpe in Paraguay; i diritti delle donne; la lotta contro le corporazioni; la riforma agraria.

Sono queste solo alcune questioni poste in essere alla Cupola dos Povos.

Conflitti “locali” per retificare e mappare il conflitto globale.

La fondamentale questione comunicativa per un cambiamento culturale.

Ha inoltre avuto importanza il fattore culturale e informativo, a Rio è stato organizzato un evento collegato alla Cupola dei Popoli, il II FMML, il Secondo Forum Mondiale dei Media Liberi, che sorge dopo gli incontri preparatori nel nord Africa, a Marrakech nel 2011 e in Tunisia nel 2012, un’edizione mondiale a Belem 2009, in Brasile, e un’assemblea di convergenza nel Forum Sociale Mondiale di Dacar nel 2011, e altri eventi di minore importanza. Per riuscire ad applicare le alternative al sistema capitalistico e per dare più forza alle lotte sociale è necessario rivendicare l'importanza dei media liberi come mezzo di lotta e di espressione, oltre che di informarzione, dei popoli, impedire il monopolio economico sull'informazione e opporsi alla mercificazione delle esprerienze. Proponendo un uso collettivo, gratuità e pluralismo del mezzo informativo e mediatico viene rivendicato il diritto all'espressione e all'informazione. Il tentativo è quello di creare una rete globale informativa, infatti stanno nascendo Carte dei media liberi che servono da promemoria e guida per un azione globale. Con un meccanismo a rete, punti informativi globali ma applicati nel locale, nel nazionale, utilizzando come fonte coloro che hanno il presidio politico dei territori, è possibile creare una rete internazionale di media attivisti che garantisca la difesa, in ogni paese, del diritto di informazione, di cronaca, di espressione, che sia presente ad ogni evento nel glocale, che si dia per contribuire alla formazione di una cittadinanza attiva e (informata) e che si opponga alla mercificazione dei saperi in modo conflittuale, proponendo alternative al modello mediatico e informativo contemporaneo.

In conclusione, si mormora che vi sarà un nuovo Summit internazionale vista la debolezza dell'ultimo. Ma di un altro incontro tra usurpatori dei beni comuni e naturali non ne sentiamo la necessità.

E' vero che si è rafforzata l'allenza tra governi, banche e multinazionali per il protagonismo del capitale anche nell'era verde globale e sostenibile, ma è anche vero che si è rafforzata l'allenza tra i movimenti e le parti sociali, il tono del conflitto va ad alterarsi, la provocazione diventa insopportabile, sono stati quindi stabiliti i nuovi paradigmi di lotta.

Il problema non pare evidenziabile unicamente in un sitema capitalistico, ma egocentristico finanziario, la questione diventa così etica e non economica. E' necessario abbandornare il parassitismo umano per il cooperativismo solidale e sostenibile in difesa del sociale e dell'ambiente.

Come Rio do Janeiro ha suggerito, è necessario andare oltre il protagonismo retorico del capitalismo, che di natura è anche generatore del discorso contro-capitalista in una sorta di meccanismo alienante.

Per sfuggire al capitalismo machiavellico (ma non empatico) e sistemico, fatto per riciclarsi in modo parassitario fino ad esaurimento scorte in un circolo virtuoso, servono termini estranei al discorso (che, ripetiamo, tende a creare sia il favore che il dissenso). Il perno della logica a cui ci si riferisce è la cultura incarnata nelle espressioni e direttamente al volere dei media. E' necessario prendere il popolare protagonismo nella comunicazione, culturale e prettamente informativa, per raggiungere il compromesso culturale e impedire il monopolio capitalista del logos e dei significati, parlare di rivoluzione culturale, conflittuale, non è utopia, si tratterebbe di uno scacco matto alla crisi globale etico-finanziaria, le utopie sono per chi sogna, e noi siamo svegli più che mai.

Clarissa Sant'Ana e Franco Carrassi (Art Lab Occupato - Globalproject Parma)

Francesca Stanca (Ass. Ya Basta - Globalproject)

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