I molti workshop di oggi
attorno al tavolo sul Climate Change al Forun Sociale Mondiale di
Tunisi dimostrano come il nodo della crisi climatica ed ecologica, degli
stili di vita, dell'opposizione alle grandi opere ed alla devastazione
del territorio siano temi al centro del dibattito dei movimenti europei e
mondiali. Delegazioni provenienti da tutto il mondo arabo, dalle
filippine, organizzazioni africane, europee, sud americane e
statunitensi hanno discusso su come i cambiamenti climatici si
intreccino come fattore aggravante in termini di impoverimento e
migrazioni forzate per le popolazioni locali agli impatti
dell'agricoltura industriale che controlla la produzione alimentare.
I noti meccanismi di land grabbing e di esclusione dalle
risorse idriche con cui il controllo multinazionale dell'industria
agricola gestisce la produzione aveva già spinto milioni di contadini,
espropriati di ogni risorsa, verso favelas e slums delle grandi urbanizzazioni in espansione verticale nel sud del mondo. Oggi
un clima reso sempre più violento e bizzarro da un modello di sviluppo
insostenibile, aggiunge un elemento di imprevedibilità alla vita (ad
esempio) dei paysennes africani, per cui mobilità e migrazioni rappresentano spesso l'unica possibilità di sopravvivenza.
Questi contadini, riuniti in numerose associazioni, gruppi e ONG,
non si limitano a denunciare la desertificazione ed il cambiamento
climatico come una delle principali ragioni del loro spostamento, ma si
battono anche contro la mancanza di diritti o riconoscimenti
internazionali legati a questa situazione di "rifugiati climatici". Climate Rights e Migrant's Rights viaggiano
assieme. Non sono mancate infatti le voci contro un'Europa fortezza che
ha ormai esternalizzato le sue frontiere, in particolare qui, nel nord
Africa.
Ma rifugiati climatici, contadini impossibilitati a vivere della
loro terra e costretti ad urbanizzarsi in condizioni di estrema povertà
non sono una caratteristica esclusiva dell'Africa sub-sahariana. Negli
Stati Uniti ("il ventre della bestia") mesi di siccità alternati a
piogge torrenziali ed uragani hanno messo in ginoicchio le zone rurali
del continente, costringendo il 75% delle family farm (le
fattorie a conduzione familiare) alla chiusura. Esattamente come, due
anni fa, le piogge torrenziali, violente ed inaspettate in un Nord-Est
impermeabilizzato da una cementificazione incontrollata hanno allagato
Vicenza e la terraferma veneziana, causando milioni di euro di danni.
E di Vicenza si è parlato anche nel pomeriggio, all'assemblea
contro le grandi opere inutili, quando i No dal Molin hanno lanciato la
mobolitazione del 4 maggio
che si opporrà all'inaugurazione della base militare sede dell'AFRICOM,
responsabile per le operazioni militari statunitensi nel continente
africano. Le grandi opere rispondono alle stesse logiche di profitto
dell'agro-business, incuranti della volontà e della salute dei
cittadini, impongono un modello di sviluppo basato su cemento e consumo
di suolo, di energia e di risorse, rendendo il territorio più debole sia
dal punto di vista economico che ambientale. Oltre ai comitati
vicentini erano presenti, tra gli altri, i comitati No TAV valsusini,
quelli contro il terzo valico, i tedeschi che a Stoccarda si oppongono
alla costruzione di una nuova superstrada, la S212, i francesi di Zone a Defendre Notre Dame de Landes,
il luogo dove si vorrebbe costruire il più grande aeroporto di Francia
ed il Comitato No Grandi Navi di Venezia che ha lanciato anche in questa
sede la due giorni di mobilitazione internazionale del prossimo giugno
(sabato 8 e domenica 9). Insieme le diverse esperienze di lotta
ambientale hanno steso la prima bozza della "Carta di Tunisi" che verrà
probabilmente ratificata domani durante
l'assemblea di convergenza di tutti i tavoli di discussione sul tema
ambientale. Non un'improbabile coordinamento tra diversi gruppi, quindi,
ma una sorta di "carta di intenti" la costruzione di un terreno comune
per tutti i comitati e cittadini che lottano contro le grandi opere e
per un modello di sviluppo diverso e partecipato, per una nuova stagione
di democrazia e difesa dei beni comuni.
Il 29 marzo dalle 15.00 alle 16.00
In diretta webstreaming dal Campus Al Manara Tunisi
Immagini e voci dal Forum Sociale Mondiale
Interviste e contributi live a cura di GlobalProject - DinamoPress - Un Ponte per .. - A Sud - Carovana Libertè e Democratiè
Servizio ed interviste realizzate da Globalproject in collaborazione con DinamoPress
Per contatti in Tunisia:
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