Tunisia - Je ne m'appelle pas azzi - Io non mi chiamo negro

L'atelier dedicato ai diritti dei migranti nell'area del Maghreb

19 / 4 / 2014

Nella giornata centrale del Forum, l'atelier dedicato agli accordi di mobilità tra Europa e Maghreb è stato moderato da Driss El Korchi, rappresentante del Groupe de Coopération Belgique-Maroc, associazione nata nel 2004 in Belgio che si occupa di immigrazione, diritti dell’uomo e dinamiche migratorie interne ed esterne al Marocco.

Il Forum Sociale sulle Migrazioni è stato lanciato per la prima volta a Bruxelles nel 2010: qui si erano intrecciate molte realtà di comunità migranti in Europa. Nel 2012 è stato riaperto a Ouejda (Marocco), dove il principale punto discusso è stato quello della condizioni dei migranti sub-sahariani.

L’attuale edizione del forum ha visto confrontarsi molteplici realtà che hanno tutte uno scopo comune: discutere dei diritti che nonostante il formale riconoscimento rimangano inapplicati.

Per quanto concerne la situazione dei migranti marocchini, vari movimenti e associazioni, tra cui quella citata sopra, sono riusciti ad aprire una nuova fase facendo riconoscere i diritti fondamentali, quali quello di istruzione, prima non garantito. In particolare in Marocco alcune associazione molto attive in questo settore sono Al gadem e Ma Smitish Azzi (trd. Non Mi Chiamo Negro).

Come ultimo punto si è discussa la questione della al-Thurat al-‘Arabyy (primavera araba) e di come la rivoluzione tunisina abbia influenzato la società civile del Maghreb portando alla luce una realtà, quella marocchina, molto distante dai fermenti rivoluzionari. Tuttavia i movimenti locali si stanno muovendo per promuovere una maggiore democratizzazione del paese. 

La giornata prosegue con l'incontro con Amal, una giovane marocchina nera attivista di un’associazione giovanile che opera attraverso i media per cambiare la cultura discriminatoria radicata sul territorio marocchino.

Il razzismo in Marocco si rivolge non solo ai numerosi migranti sub sahariani che attraversano il paese diretti in Europa ma anche, e soprattutto, ai cittadini marocchini di colore.

Amal ritiene che si debba partire dai giovani per decostruire gli stereotipi che alimentano pratiche razziste e discriminatorie e che sia importante farlo attraverso l’immediato strumento dei media e dei social network.

Attraverso il progetto “io non mi chiamo negro” l’associazione  tenta di intervenire sulla mentalità diffusa e cambiare le statiche rappresentazioni sociali dei neri e degli immigrati.

Il razzismo in Marocco è per molti ancora un tabu, non degno di rappresentare un problema da risolvere e pertanto  non esistono rappresentanze politiche che affrontino la questione.

La lotta è lasciata nelle mani delle associazioni e dei movimenti che tentano di aprire una vertenza nonostante la diffusa indifferenza della società civile.

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I report completi dell'iniziativa saranno in Globalproject.info e Unponteper.it
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