[*] Stonewall, la storia non si riscrive

10 / 5 / 2016

La scintilla della rivoluzione l'abbiamo iniziata noi checche, travestiti e puttane. Dove stavate voi, ch'eravate nascosti allora, e venite a raccogliere gli allori adesso, di una rivolta della quale non avete alcun merito?

Sylvia Rae Rivera

Il potere delle immagini è impressionante e da non sottovalutare: spesso quando pensiamo a noti fatti storici ci rifacciamo non tanto a testi scritti, quanto alle rielaborazioni cinematografiche che rimangono impresse nella memoria fino a divenire più reali del reale. 

Ci sono storie che si decide di non raccontare sul grande schermo perché non ve ne sia memoria, e quando ci si riesce, magari grazie a produzioni indipendenti, ci si deve scontrare con la difficoltà della distribuzione nei cinema. Ci sono casi poi in cui ci si riesce scendendo a compromessi, compromessi che mutano la storia, fino a renderla una copia sbiadita della realtà. Accade spesso con le versioni cinematografiche dei romanzi, di cui si decide di omettere particolari scomodi, come successe nel caso di Pomodori verdi fritti alla fermata del treno in cui il rapporto d’amore lesbico fra le protagoniste venne completamente oscurato nella versione cinematografica.

Se nell’esempio sopracitato la censura venne applicata ad un romanzo, nel caso dell’ultimo film di Roland Emmerich ciò che accade è ancor più grave, perché si sceglie di raccontare fatti realmente accaduti non semplicemente omettendo dei particolari, ma sostituendo tout court gli attori in scena.

Come sia iniziata di preciso la rivolta del 28 giugno 1969 a Christopher Street nei pressi dello Stonewall Inn , non è chiaro, un tacco a spillo o forse una bottiglia lanciata contro la polizia, ma ciò che ci è dato sapere è che quella rivolta che oggi rappresenta l’inizio del movimento di liberazione Gay è iniziata grazie a Sylvia Rivera, Marsha P. Johnson,  Miss Major Griffin Gracy, Brenda Howard e Stormé DeLarverie: un gruppo di donne trans, lesbiche, drag queen, nere e latine, stanche dei soprusi della polizia che frequentemente organizzava retate nei bar gay, stanche di essere picchiate, umiliate e arrestate perché colpevoli di essere meravigliosamente se stesse. 

A partire da quei corpi dissidenti iniziò una rivolta contro la polizia, che fu costretta a rifugiarsi nel bar. Quella notte vi furono numerosi arresti e molti dimostranti furono brutalmente picchiat*, pres* di mira soprattutto coloro che indossavano abiti femminili. Alla fine circa 2.000 manifestanti spinsero in ritirata 400 podliziotti al grido di We are everywhere!  La rivolta proseguì per due notti facendo riaffiorare la rabbia per i soprusi subiti non solo nella notte del 28 giugno ma anche in tutti gli anni precedenti.

Quella rivolta, che oggi celebriamo con le annuali sfilate del Pride, è figlia di queste eroine troppo spesso dimenticate ed emarginate dallo stesso movimento che avevano contribuito a creare, che erano e sono scomode, in primis per chi vuole dare un immagine del movimento gay bianca, borghese ed eteronormata. Scomode perché ribelli sboccate e mai piegate al potere che le voleva rendere invisibili.

In linea con un certo revisionismo storico il film diretto da Roland Emmerich, in uscita nelle sale cinematografiche italiane in questi giorni, con un operazione di whitewashing* e ciswashing** relega le vere protagoniste di quella rivolta a mere comparse, o addirittura le elimina, consegnando la storia nelle mani di Danny Winters, un ragazzo bello, bianco e cisgender***. Noi non ci stiamo, non accettiamo che ancora una volta si tolga la parola alle donne nere per darla all’uomo bianco, che ancora una volta si releghino in secondo piano le soggettività che per classe, razza e genere non sono ritenute degne di avere pari dignità e diritti. Per questo non andremo a vedere nessun film che cerchi di raccontare la storia del movimento LGBTQ escludendone le protagoniste. Vi invitiamo invece a partecipare al fundraising per l’autoproduzione della pellicola, Happy Birthday Marsha, che forse non riscuoterà lo stesso successo di pubblico, ma che avrà il merito di aver reso onore a chi si è battuto per la nostra libertà di essere favolosamente noi stess*. 

* Whitewashing: letteralmente imbiancare oppure coprire mascherare, occultare. Il termine viene utilizzato anche per indicate una pratica diffusa nel mondo dei media (film, telefilm, fumetti ecc.) che consiste nel prendere un personaggio originariamente non bianco e dargli connotati caucasici per renderlo più appetibile ad pubblico bianco.

** Ciswashing: pratica atta ad ignorare negare o minimizzare la partecipazione di soggetti trans a determinati eventi. 

*** Cisgender: persona che identifica il proprio genere con il sesso biologico di nascita.