La sera della «pecora nera»

Con il podcast video dello spettacolo

25 / 11 / 2010

Semmai fosse ancora necessario porre l’accento sull’importanza e urgenza della riappropriazione del territorio culturale quale patrimonio essenziale ed elemento fondante della rinascita civile e sociale di un paese ormai eticamente, istituzionalmente e umanamente snaturato, ebbene sabato sera al Rivolta ne abbiamo avuta l’ennesima e forte dimostrazione con lo spettacolo di Ascanio Celestini.
In un teatro non-teatro, e per questo ancora più affascinante, uno stupendo spazio di architettura industriale, sapientemente ed efficacemente riutilizzato all’interno dello scenario del centro sociale Rivolta di Marghera, un pubblico di oltre mille persone si è assiepato per assistere alla narrazione delle storie di Ascanio Celestini.
Ciò che maggiormente colpisce in un evento come quello di sabato scorso al Rivolta, non è tanto la massiccia ancorché composta affluenza di giovani e anche di non meno giovani – dato più che naturale considerata la presenza di un personaggio di grande richiamo – quanto piuttosto il fatto che in quel luogo, icona libertaria giovanile per eccellenza, si venisse ad assistere ad uno spettacolo teatrale piuttosto che a un concerto. E un pubblico così numeroso a teatro – e quello di Celestini è un teatro di impegno sociale oltre che di sapienza artistica – un pubblico di persone attente, coinvolte e partecipi, è un segnale inequivocabile di quella rinnovata presa di coscienza sociale, politica e culturale cui si accennava all’inizio.
Di qui l’indispensabilità della cultura, che oggi si vorrebbe cancellare, in questa squallida realtà storica del nostro tempo, sempre più povera di qualità e ricca di vuoto e di apparenza, pervasa da un silenzio di valori così sguaiato. Tanto che può tranquillamente riaffiorare alla memoria, più attuale che mai, la frase che Allen Ginsberg scriveva negli anni cinquanta: “Il messaggio è: allargate l’area della coscienza”.
È un pubblico eterogeneo, vivace ma composto, quello che sabato sera affolla la sala del Rivolta, la gente continua a fluire, si siede, va a cercarsi le sedie che mancano, si serve al bar in fondo e torna al proprio posto con la birra e il panino, oppure va mangiare qualcosa nel bellissimo nuovo locale attiguo e poi a fumare nel cortile. Alla fine lo spazio è stracolmo di spettatori quando dalle quinte del palco entra, accolto con grande intensità, il piccolo grande Ascanio, un microfono e un proiettore.
Ascanio comincia a recitare, a narrare le sue storie solo apparentemente stranianti e surreali, con pacatezza e forza insieme, in un crescendo e di temi e di modalità espressive. E parla di un piccolo paese, di un piccolo popolo e di piccoli personaggi, anche qui solo apparentemente metaforici ma in verità tristemente reali, tra i quali spuntano “Tony Mafioso” e “Tony Corrotto”, l’uno “segretario del partito dei mafiosi” e l’altro “segretario del partito dei corrotti”, che un giorno decidono di fondare un partito unico per mettere insieme le loro forze, e così fondano il grande partito del piccolo popolo. Poi prosegue con grandissima arte affabulatoria di incantatore, a narrare le sue favole moderne, i suoi racconti intrisi di atmosfere tra il pasoliniano e il beckettiano, affrontando, con toni pacati, ironici e sferzanti, tematiche sessuali, razziali, religiose. È una bellissima serata di teatro.
Che dire di Ascanio Celestini che non sia stato ancora detto? È un personaggio, insieme ad altri per fortuna, necessario. Un grande narratore, attore, scrittore, e ultimamente anche un regista, insomma un intellettuale a tutto tondo, un artista multiforme, con un suo stile molto personale.
Ascanio ricrea la memoria orale degli ultimi, del, popolo che vive ai margini di una grande città come la sua Roma: una città che si sta trasformando sotto la cementificazione delle speculazioni edilizie e che, sempre più, assorbe e divora la campagna e con essa i riti e le credenze popolari. Salutato con grandissimi applausi, Ascanio concede il bis, ne concede addirittura due, esibendosi alla fine in un incredibile scioglilingua mozzafiato, una vecchia filastrocca popolare recitata a mitraglia, dove dimostra fino in fondo, se mai ve ne fosse bisogno, le sue straordinarie doti di attore dicitore narratore.
Insomma, davvero un grazie di cuore ad Ascanio, grazie al bellissimo complesso architettonico sociale del Rivolta, e soprattutto grazie a Sherwood, fantastico progetto e fucina infinita di idee, che sta dimostrando che un altro mondo non solo è possibile, ma è davvero alle porte.

Franco Ventimiglia (ReadbabyRead) per Sherwood Reporter

Il podcast video dello spettacolo qui

Vedi anche:Il pomeriggio della pecora nera
Ascanio Celestini il 20 novembre a Padova e Marghera (VE)

Le foto di Ascanio al Rivolta sono di Boz e Francesco Zoletto