Semmai fosse ancora necessario porre l’accento
sull’importanza e urgenza della riappropriazione del territorio
culturale quale patrimonio essenziale ed elemento fondante della
rinascita civile e sociale di un paese ormai eticamente,
istituzionalmente e umanamente snaturato, ebbene sabato sera al Rivolta
ne abbiamo avuta l’ennesima e forte dimostrazione con lo spettacolo di
Ascanio Celestini.
In un teatro non-teatro, e per questo ancora più affascinante, uno
stupendo spazio di architettura industriale, sapientemente ed
efficacemente riutilizzato all’interno dello scenario del centro sociale
Rivolta di Marghera, un pubblico di oltre mille persone si è assiepato
per assistere alla narrazione delle storie di Ascanio Celestini.
Ciò che maggiormente colpisce in un evento come quello di sabato scorso
al Rivolta, non è tanto la massiccia ancorché composta affluenza di
giovani e anche di non meno giovani – dato più che naturale considerata
la presenza di un personaggio di grande richiamo – quanto piuttosto il
fatto che in quel luogo, icona libertaria giovanile per eccellenza, si
venisse ad assistere ad uno spettacolo teatrale piuttosto che a un
concerto. E un pubblico così numeroso a teatro – e quello di Celestini è
un teatro di impegno sociale oltre che di sapienza artistica – un
pubblico di persone attente, coinvolte e partecipi, è un segnale
inequivocabile di quella rinnovata presa di coscienza sociale, politica e
culturale cui si accennava all’inizio.
Di qui l’indispensabilità della cultura, che oggi si vorrebbe
cancellare, in questa squallida realtà storica del nostro tempo, sempre
più povera di qualità e ricca di vuoto e di apparenza, pervasa da un
silenzio di valori così sguaiato. Tanto che può tranquillamente
riaffiorare alla memoria, più attuale che mai, la frase che Allen
Ginsberg scriveva negli anni cinquanta: “Il messaggio è: allargate
l’area della coscienza”.
È un pubblico eterogeneo, vivace ma
composto, quello che sabato sera affolla la sala del Rivolta, la gente
continua a fluire, si siede, va a cercarsi le sedie che mancano, si
serve al bar in fondo e torna al proprio posto con la birra e il panino,
oppure va mangiare qualcosa nel bellissimo nuovo locale attiguo e poi a
fumare nel cortile. Alla fine lo spazio è stracolmo di spettatori
quando dalle quinte del palco entra, accolto con grande intensità, il
piccolo grande Ascanio, un microfono e un proiettore.
Ascanio
comincia a recitare, a narrare le sue storie solo apparentemente
stranianti e surreali, con pacatezza e forza insieme, in un crescendo e
di temi e di modalità espressive. E parla di un piccolo paese, di un
piccolo popolo e di piccoli personaggi, anche qui solo apparentemente
metaforici ma in verità tristemente reali, tra i quali spuntano “Tony
Mafioso” e “Tony Corrotto”, l’uno “segretario del partito dei mafiosi” e
l’altro “segretario del partito dei corrotti”, che un giorno decidono
di fondare un partito unico per mettere insieme le loro forze, e così
fondano il grande partito del piccolo popolo.
Poi prosegue con grandissima arte affabulatoria di incantatore, a
narrare le sue favole moderne, i suoi racconti intrisi di atmosfere tra
il pasoliniano e il beckettiano, affrontando, con toni pacati, ironici e
sferzanti, tematiche sessuali, razziali, religiose. È una bellissima
serata di teatro.
Che dire di Ascanio Celestini che non sia stato
ancora detto? È un personaggio, insieme ad altri per fortuna,
necessario. Un grande narratore, attore, scrittore, e ultimamente anche
un regista, insomma un intellettuale a tutto tondo, un artista
multiforme, con un suo stile molto personale.
Ascanio ricrea la
memoria orale degli ultimi, del, popolo che vive ai margini di una
grande città come la sua Roma: una città che si sta trasformando sotto
la cementificazione delle speculazioni edilizie e che, sempre più,
assorbe e divora la campagna e con essa i riti e le credenze popolari.
Salutato con grandissimi applausi, Ascanio concede il bis, ne concede
addirittura due, esibendosi alla fine in un incredibile scioglilingua
mozzafiato, una vecchia filastrocca popolare recitata a mitraglia, dove
dimostra fino in fondo, se mai ve ne fosse bisogno, le sue straordinarie
doti di attore dicitore narratore.
Insomma, davvero un grazie di
cuore ad Ascanio, grazie al bellissimo complesso architettonico sociale
del Rivolta, e soprattutto grazie a Sherwood, fantastico progetto e
fucina infinita di idee, che sta dimostrando che un altro mondo non solo
è possibile, ma è davvero alle porte.
Franco Ventimiglia (ReadbabyRead) per Sherwood Reporter
Il podcast video dello spettacolo qui
Vedi anche:Il pomeriggio della pecora nera
Ascanio Celestini il 20 novembre a Padova e Marghera (VE)