La presentazione del volume, coordinata da Francesco Raparelli con gli autori Augusto Illuminati e Tania Rispoli è stata l'occasione per una riflessione sui conflitti del presente. Il punto di partenza della ricerca aperta per analizzare come " i tumulti contestano la governance come la rivoluzione era il rovescio
immaginario della sovranità" e come "imparare a costruire nelle insorgenze
continuità e potenza istituzionale".
"Tumulti. Scene dal nuovo disordine planetario"
Quarta di copertina
Tumulti, insurrezioni, cortei, barricate…
Parole
sempre più ricorrenti nelle cronache politiche (dai moti studenteschi
europei alla resistenza operaia, passando per le insurrezioni nel mondo
arabo e gli «indignati» spagnoli) che indicano tanto lo sconvolgimento
dell’ordine esistente quanto l’emergere di pratiche che ben poco hanno a
che fare con la tradizione rivoluzionaria del Novecento. Come se le
categorie di Stato e Rivoluzione non riuscissero più a spiegare i
processi in corso. Come se fossero inadatte a capire un’epoca in cui la
politica assume la forma del tumulto, dell’imprevedibilità degli
incontri e degli esiti, dell’esodo dai partiti e dalle organizzazioni.
Perché
la forma politica del tumulto significa disconoscimento della
controparte del potere come Uno (da decapitare e sostituire); significa
tenere fermi al proprio interno conflitto e pluralità; significa
rifiutare la rappresentanza ma anche darsi nuove istituzioni flessibili,
costituenti.Dalla «muta» di Pentesilea ai Ciompi machiavelliani,
passando per i «diplomati senza futuro», questo libro è un testo di
filosofia politica sulla forma-tumulto e l’inesorabile declino della
sovranità.
Introduzione
Una tesi semplice: a sovranità
rivoluzione, a governance tumulti. Dunque, teorizzazione dei tumulti
prima di quella della sovranità a ridosso dell’assolutismo
cinquecentesco, ideologia tumultuaria nel declino della sovranità e
delle illusioni rivoluzionarie. Precisando, appunto, che abbiamo a che
fare con condotte simili ma formalizzazioni dissimili, soprattutto nel
loro rapporto con una filosofia della storia. Forse anche con oggetti
diversi: la pluralità pre-moderna di Historiae, la Geschichte
otto-novecentesca come singolare collettivo che imprime un’accelerazione
impetuosa al corso degli accadimenti, la pluralità nella percezione
contemporanea di serie storiche.
Pratiche, rivendicazioni,
vocaboli consonanti: democrazia, liberazione, tumulti, insurrezione,
barricate… Procediamo per associazioni di idee e nomi. C’è qualcosa in
comune, di spendibile oggi? Sì, certo, se tumulto è di più agevole
pronuncia che non rivoluzione, di essa meno compromesso e usurato ma che
ne trattiene la forza, il desiderio, con minori rischi di infilarsi nel
garbuglio di avanguardia e presa del potere, transizione e potere
costituente, riformismo e messianismo. E beninteso dei concetti opposti:
potere destituente, contrazione nel presente, no future, evento,
spontaneità lampeggiante… Garbato espediente con cui ci si scosta dalla
coppia esodo-rivoluzione, dopo aver scavallato quella rétro di riforme e
rivoluzione, ritrovandoci però sulla linea di partenza. Perché i
tumulti differiscono fra loro, si riscontrano in situazioni affini tanto
all’esodo quanto alla rivoluzione e perfino alla controrivoluzione,
perché servono a classificare in negativo una condizione di apertura:
democrazia del tumulto, società del conflitto, eccedenza pluriversa
riguardo a ogni universale conclamato. Lo scontro installa e tiene in
vita le istituzioni senza esaurirsi in esse. Costituente e
costituzionalizzabile, il tumulto non è pertanto mera jacquerie, si
oppone a ogni sublimazione teologica, a ogni rinchiudersi del molteplice
nell’Uno: l’ordine definitivo che segue il grande disordine, l’armonia
restaurata dopo l’ultima violenza. Nel disincanto post-rivoluzionario il
tumulto promette la revoca fulminea del fatto compiuto, opera la
cacciata simbolica del tiranno, la sospensione illegale della legge
incartata. Fiorisce con il disagio sociale senza contenere di per sé una
strategia, che pure potrebbe veicolare o suggerire. Non legifera
sull’universale (come il sovrano, Stato o Rivoluzione) bensì suggerisce
esempi per il bios in comune. Mischia defezione e protesta, exit e
voice. Solo in superficie possiede l’istantaneità presunta dell’eterno e
del miracolo, con cui condivide l’interdizione dell’ordine: in realtà
fa presa nella misura in cui innesta un processo durevole, fa
precipitare il clinamen ribelle in sequenza costruttiva, riesce a far
regola della propria eccedenza, norma della propria deviazione. Scorre
nel fare comune delle singolarità e delle differenze.
I tumulti
del passato – Machiavelli ne sarà campione – non sono assimilabili se
non di striscio a quelli moderni e anche quelli contemporanei sono
leggibili in modo assai diverso a ogni salto di generazione, al punto
tale che perfino gli autori di questo libro devono sottoporsi a un
incessante travaglio traduttivo delle loro soggettive esperienze.
L’unica costante del tumulto (come del Wunsch freudiano) è di essere
particolare, irriducibile e inconfrontabile. C’è qualcosa di persistente
fra piazza del Popolo a marzo 1977 e il 14 dicembre 2010? Fra Genova
1960 e 2001?
Sali dolcemente il pendio di Belleville per rue
Ramponeau e arrivi all’angolo con rue Tourtille, dove il 28 maggio 1871
resistette, al dire di Lissagaray, l’ultima barricata della Comune di
Parigi. Per quanto sia uno degli angoli meno gentrificati del quartiere,
a tutt’oggi fitto di murali e residenze popolari, la memoria delle
barricate vi è appena una traccia nell’immaginazione, riattivabile però
quando ritornano le sommosse nelle banlieues, nei centri di Roma o
Londra o Tunisi invasi dai ragazzi delle periferie – sempiterna figura
del mob, della racaille. Cosa vi è di reale? Cosa di conforme? Nulla e
tutto. Diciamolo in negativo (è maledettamente più facile) usando le
espressioni oracolari con cui Lacan conclude il Seminario VII:
Alessandro arrivato a Persepoli parla come Hitler a Parigi. Sono venuto a
liberarvi da x o da y (le discrepanze di preambolo non contano). Segue
il messaggio decisivo: continuate a lavorare, che il lavoro non si
fermi. Intendiamoci bene, il cambiamento non deve diventare l’occasione
per manifestare il benché minimo desiderio. Per i desideri, ripassate.
Possono aspettare. Fine dell’oracolo.
La rivoluzione troppo
spesso termina così. Magari potremmo ripensarla in altra forma, vedremo.
Il tumulto sta al di qua del ritorno all’ordine. Per questo è
fascinoso. Forse insufficiente, facile da sconfiggere, e dopo tutto
torna come prima. Andiamo a scrutare dove porta il sentiero. Quali
territori traverseremo? Dapprima gli abbagli evolutivi del socialismo
ottocentesco, che riflettono lo spontaneo dilagare di una religione del
progresso e cui si oppone rudemente il tardivo giacobinismo di
Buonarroti e la realtà delle sommosse, poi – con un passo indietro – le
premesse teologico-politiche poste dal monoteismo (neo)platonico e
cristiano, infine la suggestione di un politeismo che la faccia finita
con l’egemonia dell’Uno. La seconda parte sta più a ridosso del
contemporaneo: fenomenologia ed esemplarità dell’insorgenza, l’arco
delle differenze che compongono la democrazia e la sollecitano in senso
espansivo, la pratica del comune e dell’eccedenza. Nella logica del
tumulto la differenza non è sacrificata alla superstizione del destino
rivoluzionario come Ifigenia né testimonia da nobile vittima del
contropotere statuale come Antigone, ma getta la sua sfida come
fuori-di-conto, mette a rischio la vita, ci prova come la nomade
Pentesilea.
Gli autori
Augusto Illuminati: ha
insegnato Storia della filosofia all’Università di Urbino fino al 2009.
Ha collaborato a «Luogo comune» e «Alfabeta». Attualmente è redattore
di «Common» e «Global Project». Fa corsi per la Lum, presso il centro
sociale romano Esc Atelier. Fra le pubblicazioni Sociologia e classi
sociali (Einaudi, 1967), Gli inganni di Sarastro (Einaudi, 1980),
Winterreise (Dedalo, 1984), Completa beatitudo (L’orecchio di Van Gogh
2000), Del comune (manifestolibri 2003).
Tania Rispoli: è attivista di Esc Atelier di Roma. Collabora con le riviste «Posse», «Alfabeta», «Common».
Link utili:
Derive Apprdi
Esc Atelier Autogestito
La rubrica "Life during Wartime" di Augusto Illuminati su Globalproject.info
Recensione di Marco Rovelli su "L'Unità"
Speciale di Alias/il manifesto su Tumulti