Esiste un posto, nel cuore di Tunisi, a qualche passo dalla Medina, dove il razzismo è bandito.
Questo posto è El Hamra, la prima sala cinematografica di Tunisi, ora teatro e luogo d’aggregazione per i giovani e per la società civile in generale.
Si trova a metà di via al Jazira, nascosto dalle colorate bancarelle che affollano la strada e al suo ingresso si trova un motto dipinto a grandi lettere: “Crèer, c’est résister. Résister, c’est créer.”
El Hamra è stato sede delle poche organizzazioni autorizzate durante Ben Ali, quali ad esempio l’Associazione tunisina delle donne democratiche e la Lega dei diritti dell’uomo, e oggi ospita, oltre alle diverse compagnie teatrali, attivisti ed esponenti della società civile.
È in questo rifugio per le menti libere che incontro l’attrice e attivista Rim Hamrouni.
Attrice e attivista. Due anime della sua identità che Rim non può scindere ma che anzi trasforma in uno strumento di partecipazione sociale, portando la creatività nella politica e la politica sul palco del teatro.
Per Rim far vivere il teatro, entrare ed assistere allo spettacolo è già un atto di resistenza. L’arma dell’ attore è la sua arte ed è attraverso questa che arriva direttamente alla coscienza delle persone: ecco la lotta, ecco la libertà.
Il problema del razzismo, sostiene, è culturale, non sociale. La società tunisina, come la sua legge, non è razzista è la mancanza di una cultura della tolleranza e dell’ accoglienza che rende gli uomini razzisti. È per questo, incalza, che durante quel grande esperimento di partecipazione collettiva spontanea (la rivoluzione) è stata la fraternità e lo spirito di unione ha portare alla caduta del regime.
Durante quelle settimane nessuno parlava di differenze, di confini; tutti, bianchi e neri, donne e uomini, musulmani e non, condividevano il grande progetto di riappropriazione dello spazio pubblico, dello spazio condiviso. Erano gli abitanti, e non i cittadini (categoria soggetta all’ arbitrarietà di confini imposti), a costituire comitati di quartiere, a costruire cultura, a sperimentare la partecipazione.
La Tunisia non ha bisogno di razzismo e di smembramento identitario, la Tunisia ha bisogno di una nuova unità, che assicuri uguaglianza ed inclusione, perché la rivoluzione non è finita; la disuguaglianza ,la disoccupazione e la povertà sono ancora problemi da risolvere. Insieme.
(dalla delegazione di Ya Basta Perugia in Tunisia)