Cosa ci lascia l'impegno e il pensiero di Barry Commoner

l 30 settembre scorso si è spento a New York Barry Commoner uno dei fondatori della scienza ambientale e uno dei “padri nobili” del movimento ecologista statunitense e internazionale

10 / 10 / 2012

COSA CI LASCIA L'IMPEGNO E IL PENSIERO DI BARRY COMMONER?

Il 30 settembre scorso si è spento a New York Barry Commoner uno dei fondatori della scienza ambientale e uno dei “padri nobili” del movimento ecologista statunitense e internazionale. Per la rilevanza dei suoi studi e per l'appassionato impegno civile sui temi ambientali ed ecologici la prestigiosa rivista Times gli dedicò nel 1970 la prima pagina definendolo il Paul Revere dell'ecologia.

In questa epoca di assoluto disinteresse della questione ambientale la sua morte è stata ricordata con poche riga nei quotidiani nazionali, in qualche blog e poco più. Eppure Barry Commoner ha svolto un ruolo fondamentale nello sviluppo del pensiero ecologista e dei movimenti ambientalisti.

L’ambientalismo ufficiale, quello che si picca d’essene il depositario, quando l’ha fatto ne ha dato uno sbiadito e frettoloso ricordo, così come sbiadita e bolsa è oggi la sua presenza e incidenza politica e sociale nel nostro Paese. Per quanti delle mia generazione che hanno praticato l’ambientalismo come attivismo politico-sociale nei territori e che, proprio per questo, hanno dato vita e/o partecipato negli anni ‘80 ai blocchi davanti ai cantieri per la costruzione delle centrali nucleari di Montalto di Castro e di Trino Vercellese, all’occupazione dei cancelli della centrale nucleare di Caorso, ai campeggi di lotta contro l’installazione dei missili cruise a Comiso, dando vita con quelle mobilitazione ad un esteso e combattivo movimento antinucleare e antimilitarista, le sue pubblicazioni che denunciavano i rischi della produzione nucleare per l'ambiente e la salute, furono molto importanti, contribuendo anche alla comprensione di quanto la questione ambientale rapresentasse una questione nodale per l'agenda politica dei movimenti sociali di quegli anni e per gli anni futuri. Quella stagione di mobilitazioni, di lotte anche dure, con arresti, denunce e feriti davanti ai cantieri e ai cancelli delle centrali nucleari hanno contribuito a costruire una conoscenza critica in molte comunità locali nei confronti delle produzioni nocive e in una grossa parte dell’opinione pubblica consentendo nel 1987 la vittoria referendaria che mise la parola fine alla produzione nucleare in Italia.

Di Barry Commoner ci piace ricordare la semplicità divulgativa delle sue quattro leggi dell'ecologia così sintetizzabili:

  • Ogni cosa è connessa con ogni altra – cioè condividiamo un unico ambiente e chi lo influenza, in positivo o in negativo, lo influenza per tutti;
  • Ogni cosa deve finire da qualche parte – cioè in natura non si può semplicemente nascondere da qualche parte la spazzature e le scorie prodotte;
  • La natura sceglie sempre la strada migliore – quindi i cambiamenti indotti dall'uomo al sistema naturale spesso rischiano di essere dannosi per la sua esistenza;
  • Non ci sono pasti gratuiti – cioè lo sfruttamento della natura porta inevitabilmente alla trasformazione delle risorse utili in inutili.

In questi giorni basterebbe riflettere su queste “leggi” per capire l'assurdità del dibattito in corso attorno alla vicenda Ilva e per registrare l'incompatibilità di quel “mostro” produttivo con la possibilità di una vita sicura per i lavoratori e gli abitanti di Taranto.
Basterebbe riflettere oggi su queste “leggi” per capire anche quanto ancora sia enorme il ritardo cronico del sindacalismo non colluso (penso alla Fiom in particolare) sul nodo ambiente-salute-lavoro; quanto, di contro, sia evidente la collusione di buona parte del sindacato confederale con la logica della subordinazione della salute e dell'ambiente alle necessità del profitto del modo di produrre capitalistico e quanto siano complici istituzioni nazionali e regionali con chi materialmente ha portato a questo stato di cose a Taranto come in molte altre situazioni simili presenti, purtroppo, in Italia.

Se gran parte del mondo politico italiano, compreso parte di quello che si richiama all'ambientalismo, continua a ritenere più importante boccheggiare in attesa dell'esito delle primarie del PD o per l’andamento dello spread, piuttosto che discutere quali scenari prossimi futuri si configurano per il nostro Pianeta a fronte della riduzione della calotta polare artica (è di queste settimane la notiziola dell'attraversamento del Polo Nord per la prima volta nel periodo invernale di navi mercantili giapponesi) e dell'ennesimo allarme lanciato dalla comunità scientifica non collusa con le multinazionali sul progressivo inquinamento dell'atmosfera e sui cambiamenti sempre più rapidi del clima, non desta meraviglia che l'eredità lasciata da un pensatore ecologista come Barry Commoner gli sia del tutto indifferente. D'altra parte è sempre stato ad altri da costoro che si è rivolto con i propri studi e il proprio impegno militante Barry Commoner: a quei movimenti, associazioni, attivisti di base che sono stati in questi decenni la vera linfa dell'ambientalismo italiano, europeo e internazionale e che soli possono rappresentare una speranza per le sorti del Pianeta e di chi ci vive.