c’era un pomeriggio di cielo strano al tippiò e noi con
un’ora e mezza di ritardo sulla tabella di marcia. Un caffè che ci
metteva una vita a venir su, mentre gli Oh the lady stone
facevano le prove di un concerto che non avremmo visto. C’era un poco
di emozione. Un po’ tanta. Dissimulata, dissimulatissima, io sono
tranquilla e tu?io pure. C’era la scenografia, che subito ha ricevuto il
battesimo di un nome proprio. C’era una pianura padana c’ero io che
raccontavo storie ma non troppe c’era Francis che pure lui raccontava un
pochetto.
C’era il Pedro tutto rimesso a nuovo che quando ci sono entrata quasi
non mi sembrava lo stesso posto dove tredici anni fa entrai, senza casa e
coi dreadlocks, a chiedere un giaciglio per la notte. C’erano tutte e
c’erano tutti e tutte e tutti sapevano chi eravamo e ci sorridevano e
chiedevano come era andato il primo marzo e domandavano se per caso
avessimo bisogno d’aiuto.
C’era che a un certo punto non lo volevo fare più. C’era che Francis era
troppo lontano là, in fondo alla sala. C’era che se era così lontano
allora uffa sarebbe stato come farlo da sola, lo spettacolo. C’erano le
persone. Improvvisamente. Che lo sapevano tutti che era un debutto. Un
debutto dopo quanto e quale silenzio. E quando sono entrata in scena
hanno applaudito, così, solo per darmi coraggio, per dirmi che erano là
per me, nonostante tutta la cricca dei teatranti di Padaniacity m’avesse
bellamente ignorata, loro invece erano là, cento persone, tutte per me
tutte per noi, tutte in quel capannone a vedersi il teatro, cazzo, sfido
io.
C’era che ero emozionata, e l’ho fatto durare troppo poco. E mi mancava
la Ba che non c’era. E mi dispiaceva perche’ pensavo di averlo fatto
male. E non volevo sentire nessun commento perchè avevo paura di quei
sorrisi finti che so bene cosa significhino. Ma poi una persona che non
conoscevo mi ha detto una cosa piccolapiccola, ma appuntita e brillante e
allora ho pensato che anche solo per quella cosa ecco, sarebbe valsa la
pena.
C’era l’intervista, che ci siamo sentite proprio delle rockstar.
Così è cominciata la nostra turnè. Una primavera precoce ci ha accolti lanciando bistecche da sei etti sul lago Trasimeno. Umili eroi a testa alta si sono commossi alle nostre parole. Un bagno gelido e fradicio ci ha visti cambiarci zompettando. Una fatina m’ha scaldato l’acqua in un pentolino. Lacrime e risate e una sala che sembrava pienapienissima. Veramente, veramente, il calore eravamo noi. E Lafla e una degnissima rappresentanza di nipotini ci hanno fatti sentire a casa.
E poi la notte e i racconti della nostra ospite appena uscita fuori dal mondo delle fate dagli ombrelli rossi, e poi il viaggio, i saluti veloci perchè una volta che si è arrivati a Bulagna è tutto come prima tutto di nuovo metallico e ingranato e già non c’è più spazio già la turnè è sospesa fino al prossimo uicchend già penso che vorrei scrivere per gratitudine e per gioia e per timore di dimenticare ma anche non vorrei scrivere perchè troppe cose si sono chiuse a chiave nella magica valigia da sessanta euri già sogni e promesse imballati nell’astuccio dei cd già sono in ritardo e cazzo ho dimenticato le chiavi della macchina in una delle tasche di Francis.