La «gente»: materiale grezzo per la politica

Intervista a Leonardo Bianchi, autore de "La Gente. Viaggio nell’Italia del risentimento".

26 / 3 / 2018

Leonardo Bianchi, blogger e giornalista, nasce a Padova nel 1986 e si laurea in giurisprudenza all’Università di Bologna. Durante gli anni universitari inizia ad interessarsi di politica e a collaborare con alcuni blog, nel 2008 apre il blog personale La Privata Repubblica, dove ancora oggi scrive di attualità, politica e cultura con una vena satirica. Dal 2013 è news editor di Vice Italia e collabora con diverse testate giornalistiche tra cui Internazionale e Valigia Blu.

Nel 2017 pubblica un saggio per Minimum Fax intitolato La Gente. Viaggio nell’Italia del risentimento.

Alcuni giorni fa è stato ospite a Radio Sherwood, per parlare del suo libro.

 In cosa si differenzia il concetto di gente da altre categorie di lettura interclassista della società, come ad esempio quella di popolo”? Gentismo e populismo sono sinonimi?

Il gentismo è una variante del populismo, che si differenzia da quest’ultimo in quanto spesso rifiuta un leader che rappresenti il partito e faccia da mediatore. Si potrebbe definire il materiale grezzo a cui attingono le classi politiche.

Riguardo alla categoria di gente utilizzata, riprendendo un libro del 1995, La Sinistra Populista (La sinistra populista. Equivoci e contraddizioni del caso italiano, a cura di S. Bianchi, Castelvecchi 1995 ndr). Già a partire da questa lettura è facile intravedere come già dagli anni ‘90 i politici e i nuovi partiti abbiano iniziato a riferirsi non più al popolo, ma alla gente. Un termine d’uso più comune, vuoto di significato, a cui ognuno ne attribuisce uno diverso.

Il popolo era più vicino alle grandi ideologie e ai partiti di massa, mentre la gente proviene da una retorica sondaggistico-pubblicitaria ed è contraddistinta dal consumo di merci, informazioni e politica.

Quali sono le fratture storiche che hanno portato – nel nostro Paese – all’affermazione politica del “gentismo”?

Si possono individuare due macro fratture che determinano rispettivamente l’insorgere e il consolidarsi del fenomeno.  La prima avviene con lo spettacolo di Beppe Grillo il 18 febbraio 1992, durante il quale introduce la categoria di gentocrazia. A suo avviso la gente dovrebbe smettere di aver paura nel dire ciò che pensa e ha tutti gli strumenti per farlo: per questo introduce il telefono sul palco per rispondere alle chiamate del pubblico.

La seconda macro frattura coincide con l’uscita, nel 2007, del libro La Casta, inchiesta giornalistica di Don Antonio Stella e Sergio Rizzo (edito da La Feltrinelli, ndr), non tanto per il libro in sé, quanto per il frame anti-casta che inizia a imporsi nel discorso pubblico. Il libro diventa lo strumento con cui si definisce il «nemico per eccellenza» di vasti strati sociali e viene utilizzato dalla politica, cioè la casta stessa, per evitare di essere travolti dall’indignazione generale. Si crea, così, una fortissima polarizzazione tra «noi», la gente, e «loro», la casta.

Le ultime elezioni sembrano definire un quadro nel quale il “momento populista” - inscenato tra populismi in concorrenza tra loro – vince su ogni fronte.

Bisogna effettivamente capire cosa si vinca e quale sia la posta in palio. Al momento formare un governo è ancora difficile e quello che verrà sarà diverso da qualsiasi premessa o promessa elettorale.

Il momento populista in Italia si apre molti anni fa, all’inizio della Repubblica. Nel 1946 era nato proprio nel nostro Paese il prototipo di populismo europeo, il Fronte dell’uomo qualunque. Negli anni ‘50, ’60 e ‘70 non c’erano partiti populisti, ma il linguaggio populista apparteneva ai grandi partiti di massa, in particolare alla Dc. Negli anni ‘90 insorge un primo momento populista vero e proprio, che si concretizza con l’affermazione di Berlusconi e della Lega alle elezioni politiche del 1994, con le grandi promesse rispetto alla prima crisi economica dell’età post-moderna, con un cambiamento repentino della composizione sociale. Tra il 2010 e il 2012 questa fase si chiude, con la crisi del berlusconismo e le lotte intestine alla Lega, che poi hanno sancito l’affermazione di Salvini e la sua “nazionalizzazione”.

In questo contesto quanto la rete è un campo di battaglia? E quanto è importante?

La rete è fondamentale, anche se il vero campo di battaglia nelle ultime elezioni italiane è stata la televisione, dove i leader si sono contesi l’arena senza mai scontrarsi apertamente. Durante le ultime elezioni sono stati pochi i messaggi destinati esclusivamente alla rete. Sulle pagine social dei leader politici per lo più venivano postati video ripresi da programmi televisivi. Questo non deve sorprendere, in quanto non ci sono più barriere tra i diversi media. La rete aiuta a costruire e a mantenere l’immagine dell’uomo politico comune: un esempio è Salvini, che rappresenta il gentista medio.

La rete è il luogo nel quale si riproduce non solo l’hate speech, ma forme di vita che si basano sull’odio razziale, di genere e altro. Come si evolve questo fenomeno?

Siamo sicuri che sia solo sulla rete e non sia invece lo specchio di discorsi che circolano nella società? Ne sono l’esempio Radio Padania e la trasmissione La Zanzara che mirano a provocare e scandalizzare, ma fino a dove si può arrivare? Parlare di hate speech solo su internet non basta, ma su internet sono presenti meno filtri ed è quindi più facile esprimersi. È uno strumento molto ambivalente, le leggi già ci sono ma resta la questione della loro applicazione e dell’educazione digitale e generale.

Quale può essere il ruolo dell’informazione “indipendente” in tutto questo?

Il giornalista indipendente ha un ruolo molto importante. Il principale, e quello di cui io stesso mi servo maggiormente, è il racconto del territorio, dalla provincia o della periferia che la stampa mainstream non ha i mezzi per raggiungere o distorce per fini politici. Qui sta la funzione che ritengo più importante, quella di contro-narrazione, quella di illuminare gli angoli più oscuri.

Si tratta di fornire una versione e un’opinione differente che non si trova altrove, ma che è necessaria soprattutto in questa fase, nonostante con i social la sua diffusione stia diventando più facile.