La Palestina della convivenza: storia e attualità della nakba

Un contributo sulla mostra fotografica in tour nelle Marche. A cura di Enrico Bartolomei

9 / 3 / 2013

La mostra La Palestina della convivenza. Storia dei Palestinesi 1880-1948 è una rigorosa opera di documentazione della storia dei Palestinesi, con fotografie-documento recuperate da diversi archivi palestinesi e non, che narrano la storia della Palestina dall'Impero Ottomano al 1948 e forniscono il ritratto di uno dei paesi più sviluppati dell'intero Medio Oriente, così com'era, almeno fino al primo dopoguerra e all'avanzata del sionismo.

L’esposizione ricostruisce i settanta anni che hanno preceduto la formazione dello Stato di Israele nei territori già abitati dai Palestinesi, toccando tutte le principali vicende che hanno portato una terra ricca e ospitale, incrocio e varietà di persone ed etnie, ad essere letteralmente cancellata dal paesaggio, dalle cartine e persino dalla memoria collettiva.

La Palestina della Convivenza è un mostra sulla storia dei Palestinesi dal 1880 al 1948 illustrata da immagini d'epoca ed è suddivisa in quattro capitoli argomentati per un totale di 27 pannelli. Il primo capitolo, La Palestina nell’Impero Ottomano, presenta l'immagine di una terra in cui i rapporti tra le diverse comunità furono stabili e pacifici, maturati lungo un millennio di coesistenza, fino all’avvento del sionismo, all'inizio della colonizzazione, agli accordi segreti delle potenze coloniali per la spartizione del Medio Oriente, alla Dichiarazione Balfour tramite la quale l'impero Britannico si impegnò ad appoggiare il progetto sionista per la formazione di una focolare nazionale ebraico in Palestina.

Nel secondo capitolo, La Palestina sotto il Mandato britannico, si affronta il periodo in cui si affermarono, con il supporto britannico, istituzioni proto-statali ebraiche eclusive e si registrò un'impennata della "immigrazione" ebraica verso la Palestina in conseguenza del crescente clima di antisemitismo che prendeva piede in Europa. In un paese in cui i Palestinesi costituivano la stragrande maggioranza della popolazione e possedevano la quasi totalità delle terre coltivabili, questo non poteva che portare ai primi attriti tra la popolazione indigena palestinese e i coloni ebraici.

Il terzo capitolo ricostruisce le vicende de La grande rivolta araba (1936-1939): al fine di rivendicare l'indipendenza nazionale della Palestina dal Mandato e la fine dell’immigrazione ebraica nel paese, i Palestinesi cominciarono uno dei più lunghi scioperi della storia del Novecento che avrebbe paralizzato la vita del paese per tre anni. Le conseguenze della repressione Britannica, con l'aiuto delle prime organizzazioni paramilitari soniste, sulla società palestinese fu di proporzioni enormi: oltre il 10% della popolazione adulta palestinese fu ucciso, ferito, imprigionato o esiliato. Nel frattempo, la Potenza mandataria aveva pubblicato un rapporto in cui si ventilava per la prima volta l'ipotesi di dividere la Palestina in uno stato ebraico e uno stato arabo.

Il quarto e ultimo capitolo, La scomparsa della Palestina (1940-1948), fu il più tragico della storia palestinese: l'annunciata fine del mandato britannico e la proposta di partizione della Palestina avanzata dalle Nazioni Unite accesero la miccia di un conflitto che fornì ai sionisti il pretesto per mettere in pratica il famigerato "Piano Dalet" per la pulizia etnica della Palestina. Così la Palestina scompariva dalla carta geografica e i Palestinesi erano dispersi in tre entità geopolitiche distinte: la cosiddetta Cisgiordania, annessa alla monarchia hashemita; Gaza, sotto il governo militare egiziano; Israele, comprendente una consistente minoranza di palestinesi che avevano scampato l'espulsione. Inoltre, oltre 750 000 Palestinesi erano diventati profughi e vivevano nei campi allestiti in vari stati arabi. Quella che i Palestinesi chiamano Nakba (la Catastrofe), si era consumata.

Il valore della mostra non sta solamente nella ricostruzione didattico-fotografica delle principali vicende storiche della Palestina moderna, quanto nel vivido affresco della vita quotidiana delle sue genti, che offre una panoramica originale e inedita su una Palestina il cui cammino verso la modernità fu bruscamente interrotto dall'affermarsi dell'ultima impresa coloniale di insediamento del XX secolo.

La storia della Palestina è quindi la storia della lotta tra un movimento coloniale di insediamento e la popolazione indigena che ha cercato di resistergli. Le origini della tragedia palestinese invitano a una riflessione sullo stato attuale del progetto coloniale sionista in Palestina. Viviamo tutt'ora in un presente coloniale: la pulizia etnica non si limita infatti al periodo 1947-49, in cui circa un milione di palestinesi furono costretti a lasciare la Palestina, ma dura tutt'oggi perché l'ideologia che guida le azioni delle classi dirigenti israeliane, il sionismo, è sostanzialmente operativa anche ora. Esiste infatti una relazione diretta tra le politiche dei governi israeliani e l'ideologia sionista che le ha prodotte. Ciò che cambia sono le circostanze storiche e le forme e attraverso cui la colonizzazione della Palestina e la pulizia etnica dei palestinesi vengono portate avanti.

Da un lato assistiamo al rafforzamento delle tendenze razziste in seno alla società e alla classe politica israeliana (come dimostrato dalle recenti elezioni), alla giudaizzazione di Gerusalemme Est, alla continuazione del processo di colonizzazione e bantustanizzazione della Cisgiordania sotto occupazione militare (che ha reso la soluzione dei due stati impraticabile sul terreno) e alla continuazione dell'assedio sulla Striscia di Gaza, soggetta a periodiche incursioni militari. Dall'altro il teatro politico palestinese appare più che mai fragile e diviso, e i due principali attori (Hamas e Fatah) non sembrano intenzionati ad avviare un serio processo di riconciliazione. Piuttosto, sia l'Autorità Palestinese di Ramallah che il governo di Hamas nella Striscia di Gaza preferiscono la "gestione della divisione" e il consolidamento dell'autorità politica nelle rispettive zone di controllo.

Senza la ricostruzione su basi democratiche e trasparenti del movimento nazionale palestinese che porti alla formulazione di una strategia di liberazione chiara e condivisa, anche le ricadute politiche di notevoli successi diplomatici come il riconoscimento della Palestina come stato non membro all'ONU possono risultare discutibili. Un segnale molto interessante al riguardo è la campagna per l'elezione diretta del Consiglio Nazionale dell'Organizzazione per la Liberazione della Palestina (OLP), una sorta di "parlamento" universale, in cui tutti i segmenti del popolo palestinese (in Israele, nei territori occupati di Cisgiordania e Striscia di Gaza e in diaspora) sono chiamati a partecipare attivamente alla ristrutturazione del movimento di liberazione nazionale.

L'esposizione ci aiuta a recuperare una dimensione complessiva della questione palestinese, spesso distorta dalla narrazione dominante israeliana, sfatando alcuni miti molto diffusi in occidente. Ad esempio, la convizione che i palestinesi si riducano a coloro che vivono sotto occupazione militare in Cisgiordania e Striscia di Gaza, dimenticando i palestinesi in Israele, che subiscono un sistema di discriminazione che li degrada a cittadini di terza classe, o i palestinesi che vivono in esilio e in diaspora, cioè la maggioranza dei palestinesi, che hanno  il diritto di tornare alla proprie case come stabilito dalla risoluzione no. 194 dell'Assemblea Generale dell'ONU.

Anche la Palestina viene ridotta alla Cisgiordania e alla Striscia di Gaza, che rappresentano circa un quinto dell'estensione originaria della Palestina del Mandato britannico, o Palestina storica. Un altro mito vuole che il conflitto cominci nel giugno 1967, con l'occupazione israeliana della Striscia di Gaza, della Cisgiordania e di Gerusalemme Est (ed altri territori arabi), rimuovendo così gran parte della storia dello sradicamento dei palestinesi che, come documentato nella mostra, comincia con l'arrivo delle prime ondate di coloni sionisti, prosegue durante il Mandato britannico e ha un tragico epilogo nel 1948 con la Nakba, lo spartiacque fondamentale nella storia della Palestina e dei palestinesi.

Enrico Bartolomei, attivista della Campagna Palestina Solidarietà Marche, dottorando all'Università di Macerata