Sabato 27 febbraio, Centro Pergoli (Falconara M.ma)

"La questione energetica nelle Marche"

Presentazione del n. 3, 2009 di Prisma "Economia Società Lavoro"

5 / 2 / 2010

Locandina LA QUESTIONE ENERGETICA nelle MARCHEL'Ambasciata dei diritti di Falconara e l'Assemblea permanente No Centrali Api, in collaboazione con il Moviemento Difesa del Cittadino, promuovono la presentazione del n.3, 2009 di Prisma  "Economia Società Lavoro"(rivista dell'IRES Marche).

Sabato 27 febbraio, presso il Centro Pergoli di Falconara M.ma, interverranno, tra gli altri: Fabio Polonara, Docente dell'Università Politecnica delle Marche e redattore del PEAR (Piano energetico ambientale regionale); Gianni Silvestrini, direttore scientifico del Kyoto Club e della rivista QualEnergia; Maurizio Di Cosmo, Segretario Regionale CGIL Marche.

Questa iniziativa nasce dalla partecipazione di alcuni degli organizzatori al numero 3 della rivista "Prisma, economia, società lavoro", redatta dall'istituto di ricerca regionale Ires Marche, con un articolato commento sul numero monografico che tratta della "questione energetica nelle Marche (che trovate a questo link).
A seguito di questo invito ci è sembrato naturale organizzare un momento informativo e di confronto su una questione attuale e spinosa, per evitare che tematiche così fondamentali restino appannaggio degli "addetti ai lavori", e promuovendolo anzi in uno spazio non accademico e indirizzato alla cittadinanza.

In un periodo di forti cambiamenti, anche ma non solo dettati dalla crisi globale in atto, la questione energetica assume una rilevanza strategica e si pone come uno di quegli aspetti capaci di coinvolgere e rideterminare ambiti generali e centrali che riguardano lo sviluppo produttivo, la qualità della vita, la sostenibilità ambientale, la distribuzione di risorse, l'effettiva democraticità di una comunità.

La recente Conferenza ONU sul clima COP 15 di fine 2009, al di là dell'incapacità di formulare un accordo politico vincolante per proseguire sulla strada aperta dal trattato di Kyoto, ha rilevato due assi di discussione futura unanimemente condivisi.
Lo sviluppo storico con cui la modernità ha cambiato la faccia del mondo, la produzione industriale legata ai combustibili fossili, è ormai sul punto di esaurirsi. Il suo complesso lascito consiste anche in danni incalcolabili alla biosfera ed al nostro ecosistema che mettono a repentaglio il nostro futuro e con i quali dovremmo già da ora fare i conti. Allo stato attuale la produzione da combustibili fossili non solo pecca per la sua nocività ambientale, ma rappresenta uno dei fattori economico-finanziari responsabile della crisi in atto: oltre ad inquinare, non produce più ricchezza. Tutte le delegazioni nazionali, benchè restie ad accettare una autorità garante e vincolante, che dall'esterno detti le regole in materia (per ovvi interessi sovrani e per evitare che attraverso l'istituzione di organismi sovranazionali alcune superpotenze riescano ad influenzare e dirigere le politiche nazionali anche oltre l'attuale...), hanno comunque presentato propri programmi di investimento sulle fonti rinnovabili e sull'energia pulita per il presente ed il prossimo futuro.  Si tratta di tutt'altro che scelte di facciata: l'economicità, la diminuzione dei costi collaterali e degli sprechi, la creazione di nuovi mercati e di nuovi consumi, la capacità di riassorbire, di ricollocare, di creare da zero nuovi posti di lavoro (già dallo stato attuale in percentuali superiori rispetto ai vecchi impianti a combustibili fossili...) sono ormai dati di fatto e non più possibilità o sperimentazioni marginali. Anche i grandi inquinatori globali, gli USA, la Cina, gli stati asiatici e il Brasile, sono saliti sul treno delle rinnovabili.

L'Unione Europea lo è già da tempo, non tanto per questioni ideali, ma soprattutto materiali: soffrendo ormai la competitività internazionale asiatica, mediorientale e americana e rischiando di rimanere fortemente dipendente in materia energetica dall'estero (nella raffinazione del petrolio e nella combustione combinata del gas i ridotti standard ambientali, del costo del lavoro, e dei diritti democratici, consentono a Cina India e altri di installare megapetrolchimici e raffinerie e traspostare in mezzo mondo i propri prodotti a prezzi ridotti e competitivi rispetto a quelli di produzione interna...) l'Europa è all'avanguardia nelle nuove tecnologie e produzioni legate al cosiddetto "capitalismo verde".
Anche a livello istituzionale si sta imponendo una nuova legislazione europea di incentivi e sanzioni (quanto paghiamo per i ritardi sul protocollo di Kyoto...)per spingere in questa direzione, che premierà i virtuosi e penalizzerà ancor più le economie nazionali ancora ancorate a conservare interessi ormai corporativi ed economicamente non più funzionali.
In quest'ottica l'Italia rischia la parte del fanalino di coda: l'attuale politica governativa non solo non incentiva il campo delle rinnovabili ma rilancia, oltre alla scelta nuclearista, che prevede tra l'altro tempi lunghi di implementazione (almeno un ventennio), su scelte conservatrici di tutt'altro tipo: il carbone, le centrali elettriche a metano, i rigassificatori. Di questi ultimi in Italia ne sono previsti 11 (4 nelle sole Marche), di cui alcuni applicando tecnologie scarsamente sperimentate a dagli elevati rischi (rigassificazione off-shore). Se consideriamo che un territorio sconfinato come gli Usa ne hanno solo 4, e che questa scelta tecnologica è avallata unicamente da quei paesi per cui questioni geografiche e morfologiche rendono di difficile applicazione l'approviggionamento via gasdotto, non possiamo non considerare la scelta di trasformare l'Italia nella piattaforma europea del gas, in alternativa ai gasdotti asiatici, sia come minimo avventata...

In questo scenario la Regione Marche ha da tempo assunto una posizione chiara con il PEAR, il piano energetico ambiantale regionale approvato nel 2005, che prevede l'incentivo del risparmio energetico, delle fonti rinnovabili e della microgenerazione e produzioni diffusa di impianti di piccola e media taglia. Meno chiara la situazione quando si passa dalla dalle parole ai fatti. L'applicazione del piano, in questo primo quinquennio si è scontrata con lungaggini ed inefficienze amministrative, con il disinteresse della classe politica, con resistenze localistiche, e con la pressione degli interessi corporativi, restii a scelte innovative a votate al cambiamento.
A tutto questo si aggiunge la questione dell'AERCA, della Vallesina come il fulcro direzionale e produttivo delle Marche, che reclama da dieci anni opere di bonifica e compatibilità ambientale e non ulteriori impianti e infrastrutture inquinanti e non più sostenibili. Richieste tanto legittime quanto ancora pesantemente disattese...

Siamo quindi proprio in mezzo ad un guado, ed ad una serie di bracci di ferro per determinare le scelte strategiche del prossimo futuro. Scelte che influenzeranno pesantemente la nostra economia e la nostra qualità della vita. Scelte che costituiscono anche opportunità di uno sviluppo e di una crescita nuova. Scelte che meritano un dibattito approfondito e la partecipazione di tutti. Scelte che potranno rappresentare un nuovo slancio per l'economia e un punto di vista privilegiato per governare una riconversione produttiva necessaria, prima o poi. Perdere quest'occasione costituirebbe rassegnarsi al dispiegarsi senza argini della crisi. La prospettiva peggiore sarebbe quella di dividersi ancora una volta tra i fautori dell'ambientalismo ad ogni costo e quelli della difesa dell'interesse immediato ad ogni costo. Cambiare ora significa anche e soprattutto scongiurare nuove e prevedibili crisi sistemiche poi. Non vogliamo più ecomostri, tanto meno impianti dismessi che scaricano il peso del proprio smaltimento sul territorio. Nè le nuove centrali Api, tanto meno una nuova ex Montedison...Oggi è invece possibile percorrere la strada di una nuova occupazione e di diversi impianti produttivi, più compatibili col territorio e protagonisti di un nuovo sviluppo.

Per maggiori informazioni:

http://nocentraliapi.noblogs.org/

http://falkatraz.noblogs.org/