Il D.A.D.A. è sicuramente un progetto
politico che anima uno spazio occupato a partire dall'iniziativa di
un gruppo napoletano di studentesse e studenti, ma anche di
dottorande e dottorandi, che si sono organizzati autonomamente dalle
classiche realtà sindacali e partitiche, per reclamare diritti e
creare simultaneamente margini di autogestione dei saperi nel quadro
della crisi delle istituzioni universitarie. Pertanto è
conseguenziale che, nell'arco di questo anno di attivismo, queste
intelligenze abbiamo trovato pure una comune dimensione teorica
riconoscendosi, seppur in maniera aperta, in un preciso crinale del
patrimonio storico del pensiero politico: quello che si muove tra il
marxismo eretico del postoperaismo, il pensiero della differenza e le
pratiche dei diversi femminismi, per evolversi in una nuova prospettiva
adeguata ai tempi attuali ed alimentata dalle lotte reali dell'ultimo
lustro.
Tuttavia il D.A.D.A. non si è mai
chiuso nell'essere la tana identitaria per la soggettività politica
di chi lo ha occupato. Esso si è piuttosto sperimentato come luogo a
disposizione della più larga comunità che abita i territori
universitari di Napoli. Il progetto perseguito è sempre stato quello
di sperimentare in maniera indipendente ed autonoma tanto la
promozione di servizi dal basso quanto l'organizzazione di percorsi
di autoformazione e di elaborazione, che mirassero immediatamente
alle alternative sociali rispetto all'insoddisfacente (in termini di
uguaglianza, sostenibilità, democrazia) stato di cose vigenti
investendo tutte le risorse cognitive possibili.
Parallelamente al solito lavoro di
contaminazioni di saperi sottratti all'accademia, questo 2013 però
il D.A.D.A. ha voluto iniziarlo con un ciclo (che durerà fino a
maggio) per ridiscutere le categorie basilari della cultura politica
in cui la sua collettività si è raccordata. Si è deciso di farlo
invitando figure del mondo universitario e non solo, partendo da una
discussione su testi emblematici, uno per seminario.
Discussioni, dunque, che non ambiscono
ad una filologia con cui cristallizzare questo o quel "classico
del pensiero". Discussioni che invece si pongono direttamente il
problema di una pratica militante, del suo orientamento in direzione
di una "trasformazione dello stato di cose
presente".
Crediamo - con Deleuze - che la teoria filosofica
sia una pratica, tanto quanto il suo oggetto, non più astratta di
esso. Una pratica dei concetti che - come tale - va giudicata in
relazione alle altre pratiche con le quali interferisce.
Recuperare
saperi di parte, schierati, situati, da utilizzare in
quell'antagonismo di classe che sempre viviamo, contro l'idea di una
conoscenza neutrale, di una tecnica (politica, economica,
governamentale) che si vorrebbe neutrale e super partes.
Ciclo di autoformazione “Cartografi
di contrade a venire”
il 28 gennaio si è svolto il primo
seminario:
Marxismo e postoperaismo
a partire daMarx oltre Marx
di A. Negri - con Giuseppe Di Marco (Docente ordinario di Filosofia
della Storia presso l'Università di Napoli “Federico II”)
i prossimi appuntamenti sono...
27 febbraio:
La reciprocità del
potere
a partire da Microfisica del potere di M. Foucault - con Federica
Giardini (attivista e ricercatrice di Filosofia Politica presso
l'Università Roma 3)
28 marzo:
Dalla subalternità a
nuovi spazi di soggettivazione,
a partire da Oltre la cittadinanza
di P. Chatterjee - con Leandro Sgueglia (attivista e dottorando di
ricerca in studi subalterni e di genere presso l'Università di
Napoli “Federico II”) e Francesco Caruso (già attivista del
movimento no-global e ricercatore dell'UNiCal)
23 aprile:
Autonomia/ pensieri,
organizzazioni, culture
a partire da L'orda doro di
N.Balestrini e P.Moroni – con Peppe Allegri (già attivista della
pantera ricercatore dell'Università la Sapienza di Roma) e Rosario
Dello Iacovo (già attivista della pantera e membro del progetto
99_Posse)
maggio (giorno da definire)
I femminismi: pratiche, teorie, soggettività
a partire dal testo Il contratto
sessuale di C. Pateman- con Simona Marino (femminista, docente di
Filosofia Morale e del Dottorato Interpolo in Studi di Genere
pressopresso l'Università di Napoli “Federico II”, membro del
comitato scientifico de “La camera blu”-Rivista di studi di
genere)
A margine una nota sul progetto
complessivo del D.A.D.A. - Dipartimento Autogestito Dell'Alternativa
di Napoli
Le riforme dei Ministeri Zecchino,
Morattti, Gelmini e Profumo, nei confronti del comparto della
formazione e della ricerca, sono state motivate sia da una tensione
alla privatizzazione e alla selezione, sia da tagli strutturali. Esse
hanno segnato la distruzione dell’Università pubblica in Italia,
per quanto il mondo degli atenei e il circuito scientifico
mostrassero enormi limiti già in precedenza: sia nei termini della
forte gerarchizazzione baronale; sia nei termini dell'effettiva
accessibilità democratica, dato che sono sempre state scarse le
garanzie di diritto allo studio così come le opportunità di
inserimento nel lavoro universitario; sia nei termini dell'impatto
sociale dei saperi ricercati e divulgati. Intanto le trasformazioni
del sistema economico – compresa la crisi dell'ultimo lustro – e
quindi sociale stanno rischiando ulteriormente di inficiare i nessi
comunitari tra tutti gli “abitanti“ dei luoghi universitari:
studenti, lavoratori cognitari, personale vario. Tuttavia, seppur
nella freneticità dei nuovi ritmi, le facoltà restano ancora
territori fisici e sociali in cui interagiscono storie, in cui ci
sono intelligenze vive e vogliose di relazioni diverse rispetto al
potere gerarchico che si struttura sempre più dentro l'accademia.
Bisogna prendere atto del massacro degli enti pubblici di produzione di sapere nonché della conseguente tendenza alla deterritorializzazione dei luoghi di formazione e ricerca. Nel contempo bisogna però saper pure leggere le prospettive di ri-territorializzazione che vengono continuamente aperte dalle spinte relazionali vive nel corpo studentesco e non solo. Soltanto così si può ripartire dalle comunità reali che vivono gli atenei e valorizzarne la forza costituente. Soltanto così è possibile riaffermare l'università e le conoscenze come risorse comuni quindi inalienabili. Soltanto così dal cuore dell'università possono emergere spunti per un'alternativa sociale più complessiva. Soltanto così si salvano pure quei rami del sapere che sono poco o per nulla omogenei alla produzione di profitto, come le scienze umane e sociali, e che pertanto si vedono diminuire le risorse a loro disposizione, prestandosi oramai solo alle velleità pseudoscientifiche di baronati o al coinvolgimento – non senza una certa dose di grottesco – in maldestri tentativi di inserimento nella prospettiva aziendale. Per questo crediamo che sia opportuno riconquistare dal basso spazi fisici e discorsivi per la circolazione di saperi altrimenti esclusi dall'università italiana, tutta concentrata a sfornare conoscenze non impiegabili veramente nel miglioramento delle forme produttive, siano esse industriali o mediche oppure sociali, ma esclusivamente sussumibili nei meccanismi di accumulazione capitalistica.
In questo quadro va letta l'esperienza napoletana di un Dipartimento Autogestito Dell'Alternativa (D.A.D.A.), costruito dentro un edificio occupato, che cerca di determinarsi come luogo di circolazione di saperi liberi da appropriazioni indebite o da bariere disciplinari e burocratiche. In questo anno di occupazione – in uno scenario per il quale tutto è da guadagnare – abbiamo da un lato promosso servizi dal basso e dall'altro strappato all'università, un pò azienda e un pò rudere, il suo preziosissimo tempo per reinvestirlo in traiettorie autonome di ricerca e di divulgazione, costruendo gradualmente ciò che Michel Foucault definiva un “punto mobile di resistenza”. Non abbiamo mai creduto, nel contempo, in un'ottica purista della conoscenza per la conoscenza e il nostro sforzo è stato sempre orientato alla produttività laddove essa venga intesa però nel suo senso sociale. Capire storicamente i territori urbani che abitiamo, comprendere come le scienze giuridiche possano essere davvero funzionali ai diritti sociali e civili, studiare come investire le tecnologie in forme di produzione industriale che siano compatibili con l'ambiente o come dedicarle alla riformulazione delle infrastrutture per la qualità di vita collettiva, analizzare i processi economici per conoscere davvero la crisi odierna e progettare nuovi modelli di sviluppo a partire da una più giusta redistribuzione della richezza, indagare le scienze naturali e mediche per orientarle al rafforzamento del diritto alla salute, rivalorizzare il patrimonio artistico e letterario per dargli una nuova centralità nella crescita del paese: questi gli obiettivi che animano il nostro dipartimento.
Nell'iter tracciato da studenti e dottorandi, ma anche da tanti attivisti del mondo delle lotte sociali, abbiamo incrociato il contributo prezioso di molti ricercatori e docenti che ci hanno aiutato a svolgere le nostre iniziative. Ora vogliamo fare di più e concretizzare un percorso organico con questi pezzi di accademia che hanno dimostrato vicinanza al nostro progetto. Vogliamo che queste figure si mettano in gioco con noi in maniera più diretta nell'ambito di questo laboratorio. Il nostro invito più specifico è quello di far nascere una comune assemblea, permanente ed orizzontale, di elaborazione per i piani di ricerca e di autoformazione del D.A.D.A. , affinché a Napoli si possa costruire insieme un'università dei saperi interdisciplinari e comuni, indipendentemente dall'irridimentazione delle governance d'ateneo.