Gli orrori della dittatura militare dietro l’assassinio di una barbona a Barcellona e la ricerca di Raul desaparecidos a Buenos Aires e molte altre storie ancora raccontate da Montalban

Pepe Carvalho e l’Emanuelle argentina

storie di desparesidos e altro

20 / 3 / 2013

PEPE CARVALHO E L’EMANUELLE ARGENTINA

Gli orrori della dittatura militare dietro l’assassinio di una barbona a Barcellona e la ricerca di Raul desaparecidos a Buenos Aires e molte altre storie ancora raccontate da Montalban

A gennaio di quest’anno è uscito edito da Feltrinelli “La bella di Buenos Aires”, episodio inedito sinora in Italia delle indagini di Pepe Carvalho, detective catalano frutto della raffinata prosa di Manuel Vazquez Montalban. La morte improvvisa dell’autore, avvenuta a Bankok il 18 ottobre 2003, aveva quasi coinciso con il testamento finale del suo personaggio impegnato, insieme al fido Biscuter, in un lungo periplo intorno al mondo, come moderni Don Chisciotte e Sancio Panza, raccontato nei due romanzi pubblicati postumi, rispettivamente nel 2004 e nel 2005: “Millenio 1: Pepe Carvalho sulla via di Kabul” e “Millenio 2: Pepe Carvalho l’addio”. Dopo questi erano stati proposti ancora alcuni episodi rimasti inediti nel nostro Paese come “Tre storie d’amore” (2007), “Sabotaggio olimpico” (2006/2008), “Storia di politica sospetta” (2008), “Assassinio al Prado del Rey e altre storie sordide” (2009/2011).

L’ultimo della serie, dunque, è “La bella di Buenos Aires”, romanzo del 1997, che insieme a “Quintetto di Buenos Aires”, anch’esso del 1997 e pubblicato per la prima volta in Italia nel 1999, rappresentano la parentesi argentina delle gesta di Pepe Carvalho. Per questo motivo i due libri andrebbero letti assieme per assaporare il gusto di un racconto raffinato che si dipana lungo due storie distinte e diverse, unite però dall’interesse dell’autore di riportare al centro dell’attenzione il clima ancora cupo dell’Argentina del dopo dittatura, appesantito dall’enorme e terribile destino dei tanti che hanno subito, direttamente e indirettamente, le atrocità della dittatura militare in quel Paese.

In “La bella di Buenos Aires”, la vicenda pur svolgendosi a Barcellona immerge Carvalho e un sempre più intraprendente Biscuter, “scudiero” moderno e cuoco raffinato, stimolatore continuo per le disgressioni culturali culinarie del detective catalano, nella ricerca della cosiddetta “Emanuelle argentina”, fuggita dai generali in Spagna e, forse, ritrovata assassinata nei vicoli della capitale catalana sotto le spoglie di una povera e sfatta barbona. Nel racconto gli orrori perpetrati dalla dittatura militare argentina sono solo sfiorati e incarnati, di fatto, in alcuni sordidi personaggi che Carvalho incrocia durante l’indagine mentre affiorano in più parti della storia le complicità passate e presenti di una parte della polizia e delle autorità spagnole. Pochi dialoghi tra ex torturatori bastano a Montalban per ricordare al lettore la “Guerra Sucia” perpetrata dalle giunte militari argentine dal 1976 al 1983 con un carico di vittime nell’ordine di 2.300 omicidi politici e 30.000 desaparecidos. Così come bastano le poche diatribe tra Carvalho e il commissario titolare dell’inchiesta per cogliere in pieno la scarsa fiducia dell’autore nel compiuto passaggio alla democrazia delle istituzioni di polizia spagnole, nelle quali affiorano ancora saldamente radicate cultura e ricordo del passato franchista.

 “Il quintetto di Buenos Aires”, invece, affonda nella realtà argentina del dopo dittatura con un Pepe Carvalho incaricato dallo zio americano di trovare il cugino Raul, volontariamente desaparecidos dopo essere scampato alle “cure” dei generali. Città complessa e contradditoria, cialtrona e allo stesso tempo profonda, epica, tragica: questa è la Buenos Aires raccontanta da Montalban mentre attorno a Carvalho si muovono figure diverse della storia attuale e passata dell’Argentina.

La lettura oggi di questi due romanzi cade a proposito dopo la salita al soglio pontificio di un Papa argentino, Jorge Mario Bergoglio, presentatosi come il Papa del ritorno dell’interesse e della centralità della Chiesa per i poveri e gli ultimi del mondo ma con qualche “segretuccio” del passato non proprio completamente svelato. Il ruolo della Chiesa argentina durante la dittatura militare, le posizioni allineate alla gerarchia ecclesiastica di Bergoglio in quel lungo e terribile periodo di terrore, lo scarso per non dire nullo appeal dello stesso con le Madri de Plaza de Majo, riaffiarono indirettamente nella lettura di questi due romanzi di Montalban. Montalban non ne parla esplicitamente, neanche cita tutto ciò che riguarda questi fatti e connessioni ma ricostruisce attraverso dialoghi, racconti e descrizioni una atmosfera che rimanda alla non risolta e pienamente svelata storia della dittatura argentina e delle responsabilità dirette ed indirette delle istituzioni, compresa quella ecclesiastica, dell’orrore di quegli anni perpetrato su migliaia di uomini e donne e sul destino di migliaia di bambini strappati alle famiglie e affidati per farne nuovo nerbo della società argentina agli aguzzini dei padri e delle madri.

Due libri, quindi, ben scritti e gustosi che aiutano a non dimenticare questa parte della storia di un Paese a noi per molti aspetti vicino.

Detto questo vorrei chiudere con alcune note sulle storie scritte da Montalban dedicate al detective catalano. Pepe Carvalho comparve improvvisamente nelle librerie italiane nel lontano 1982 con “Un delitto per Pepe Carvalho” edito da Editori Riuniti. Il personaggio risultò ai lettori di quel tempo – quelli più attenti perché l’edizione rimase poco nelle librerie ed andò presto esaurita e riedita da Feltrinelli solo nel 1994 con un altro titolo, “I mari del sud” – originale e interessante, una sorta di Philip Marlowe mediterraneo, malinconico e allo stesso tempo duro, spesso più osservatore che attore protagonista di vicende che raccontavano la metamorfosi e la modernizzazione di una borghesia in formazione nella Spagna del dopo Franchismo.

In sordina Carvalho ricomparve due anni dopo nelle librerie italiane con “Assassinio al Comitato Centrale”, edito da Sellerio. Si trattava di una vicenda ambientata a Madrid, una delle migliori a mio parere scritte da Montalban, che presenta un Pepe Carvalho polemico e astioso perché costretto ad una indagine “all’estero”, svolta controvoglia fuori dall’amata Barcellona, alle prese con la sua storia passata di ex iscritto al Partito Comunista e con un intreccio di vicende tutte interne al Partito appena uscito dalla clandestinità. In questo libro, più che nel primo, si coglie pienamente il gusto per la cultura culinaria e per la tradizione catalana, la critica sociale post franchista, la denuncia della sempre più aggressiva distruzione del territorio e dell’ascesa di una classe politica corrotta, di destra e di sinistra, votata al business e alla costruzione di privilegi, temi che diventeranno sempre più forti nelle altre storie, in particolare nella “La solitudine del manager” o in “Il centravanti è stato assassinato verso sera”. Il passato comunista e le vicende clandestine durante la dittatura Franchista di Pepe Carvalho vengono accennate ma mai pienamente raccontate nel libro così come la fugace carrira da spia al servizio degli americani che conosceremo solo in “Ho ammazzato J.F. Kennedy”, pubblicato da Feltrinelli purtroppo in Italia solo nel 2001 ma, di fatto, prima vera storia scritta da Montalban con questo personaggio nel 1972.

Solo quando, a partire dal 1990, Feltrinelli deciderà di pubblicare tutte le storie con Pepe Carvalho seppur non seguendo la sequenzialità datagli dall’autore ma partendo a mio parere da uno dei migliori romanzi della serie – “Gli uccelli di Bankok” – i lettori ebbero la possibilità di seguire tutta la lunga vicenda del detective catalano sino all’epilogo finale.

Nel susseguirsi delle storie, Pepe Carvalho appare ogni volta diverso pur mantenendo alcuni tratti essenziali sempre uguali: in alcuni romanzi un Marlowe catalano, duro e vitale mentre in altri più una sorta di pacioso Nero Wolfe mediterraneo, immerso in disgressioni culinarie colte e raffinate mentre gusta piatti prelibati e, incidentalmente, risolve casi spinosi. Osservatore critico in molte disgressioni della trasformazione modernista e del sacco urbanistico di Barcellona, pervaso di apparente pessimismo e fatalismo che diventano la miccia per rinnovate energie rivolte allo  smascheramento di vicende che vedono coinvolti i potenti di turno.

Nelle storie di Carvalho, insomma, c’è tutto ciò che ci si può aspettare da un grande e raffinato scrittore, coscienza critica progressista della Spagna “in carriera” del ventennio post Franchista.

Ad un certo punto del racconto in “La bella di Buenos Aires”, mentre passeggia per l’amata Barcellona con l’antropologa “donna Dorotea”, Carvalho così commenta alcuni dei cambiamenti urbanistici avvenuti:

“Ormai in calle Icaria i corpi decidono spontaneamente di orientarsi verso le torri gemelle, e non sono le Twin Towers, che aprono lo spazio del Port Nou per raggiungere il grande suk di ristoranti che circonda le imbarcazioni. Si siedono sulle gradinate contemplando gli andirivieni delle navi, protagoniste di un angolo che pare trasportato pietra su pietra, nave dopo nave, litro d’acqua dopo litro d’acqua, insegna dopo insegna, da un porto nordamericano moderno e appartato. < Prima, gli americano si portavano via i monumenti, le magioni, le case europee per ricostruirle da loro. Adesso è il contrario. Tutta la Barcellona olimpica, questa nuova Barcellona, sembra il trasloco di qualcosa di essenzialmente yankee.”

Di disgressioni come questa sul sacco olimpico di Barcellona, sulla corruzione dilagante nelle nuove generazioni politiche socialiste, sulla rapace intraprendenza della nuova classe dirigente spagnola che ansima per non perdere il treno della modernizzazione europea e mondiale; di tutta questa distruzione di memoria storica, urbanistica, culturale e di una mancata giustizia, equità e solidarietà sociale di cui oggi, sotto i colpi della crisi economica e finanziaria mondiale, la società spagnola ne può verificare sulla pelle gli effetti, sono piene le storie scritte da Montalban e raccontate da suo alter ego Pepe Carvalho.

La lettura delle storie argentine di Carvalho possono rappresentare per chi già conosca Montalban una riscoperta interessante ma, ancor più, per chi non ne sappia gran chè su Carvalho e su Manuel Vazquez Montalban possono certamente essere una felice scoperta.

Proposte:

Mi limito alla recensione dei due romanzi argentini di Manuel Vazquez Montalban rimandando per la serie completa dedicata a Pepe Carvalho al catalogo Feltrinelli:

“La bella di Buenos Aires”

Edizioni Feltrinelli, 2013

“Quintetto di Buenos Aires”

Edizioni Feltrinelli, 2003

Per chi voglia leggere di Montalban anche qualcosa oltre i romanzi con Carvalho protagonista propongo in particolare:

“Galindez”

Edizioni Frassinelli, 1996 o Edizioni Sperling & Kupfer, 2004

(*) Si tratta della biografia molto interessante di Jesus de Galindez, rappresentante del partito nazionale basco in esilio, rapito a New York, torturato ed infine ucciso dagli uomini Rafael Trujillio dittatore di Santo Domingo. Un libro molto bello, raccontato come fosse una indagine attraverso la ricostruzione della vicenda da parte di una giovane ricercatrice universitaria americana che si prefigge di svelare tutte le oscure vicende di quel caso, gli autori del sequestro, della tortura e dell’uccisione di Galindez e di denunciare le complicità di cui godettero.

20 marzo 2013

Unknown