Breve storia di un bando territoriale
Il collettivo Eduki nasce nell’estate 2014 come risposta ad un bando di gara indetto dal comune di Reggio Emilia riguardante i servizi educativi territoriali ed interculturali, e i servizi di integrazione scolastica per il triennio 2014-2017. Si tratta di un appalto che interessa tutta la provincia di Reggio Emilia coinvolgendo numerosi lavoratori dipendenti di più cooperative e operanti in molteplici servizi.
Da subito è stato possibile osservare e contestare alcune criticità del bando che:
- non contempla un sufficiente costo del lavoro in riferimento al contratto
nazionale,
- la base d’asta risulta essere inferiore al costo complessivo del lavoratore
dipendente,
- non tiene conto delle competenze e delle funzioni specifiche del profilo
professionale dell’educatore,
- aspetto grave, il bando non richiede le professionalità per i lavoratori
impiegati in quei servizi.
Questi sono solo alcuni dei nodi critici di un bando che gioca al risparmio
sulle teste dei lavoratori, mentre allo stesso tempo risulta pesante il deresponsabilizzarsi
da parte dell’amministrazione pubblica nel controllare
la qualità dei servizi che eroga tramite esternalizzazione a soggetti privati
facendo in modo che questi ultimi tamponino le mancanze economiche
di tasca propria per assicurarsi punteggi ulteriori nell’assegnazione del
bando di gara.
Il collettivo Eduki da subito si colloca sulla scena territoriale Reggiana
opponendosi con forza all’idea di un servizio privatizzato che ricatta il
lavoratore attraverso i meccanismi degli appalti al ribasso, i quali hanno
come scopo l’utile e il profitto accantonando dignità del lavoro e la centralità
dei servizi alla persona.
Eduki pone un forte accento sull’impossibilità di separare qualità dei servizi e qualità del lavoro, questi sono elementi intrecciati che mettono
al centro la persona i suoi diritti e la sua dignità.
Intanto nella città l’esito del bando di gara modifica notevolmente le
geometrie di assegnazione dei servizi, alcune cooperative perdono dei
lotti territoriali, molti lavoratori rischiano quindi di perdere il posto di
lavoro.
In questa situazione Eduki, appena nato, decide di muoversi su due
fronti:
Da un lato cerca di organizzare un collettivo di categoria professionale
all’interno del quale il singolo possa riconoscersi, così da scardinare
il concetto di appartenenza alla “famiglia cooperativa” nella quale
l’educatore si è sempre collocato, a favore del concetto di educatore
lavoratore che si riconosce in una determinata categoria professionale e
che diventa promotore di un confronto pubblico con la cittadinanza.
Dall’altro lato opera un’azione sindacale precisa con l’ausilio della
CGIL in modo da salvaguardare tutti quei posti di lavoro che altrimenti
sarebbero potuti diventare posti di inoccupati ai quali l’amministrazione
comunale avrebbe pensato solo in caso di assegnazione di una continuità
“ove ritenuta necessaria” e ovviamente non specificando sul bando i
parametri di questa necessari età; tradotto “mantiene il posto di lavoro
solo chi è ben visto dal committente”.
L’azione sindacale porta al tavolo di contrattazione tutte le cooperative
che fino a prima del bando in questione gestivano i servizi comunali,
l’idea o meglio il diritto che si vuole salvaguardare è quello della continuità
degli educatori sul proprio posto di lavoro e nel contratto nazionale
cui fanno capo le cooperative c’è un articolo che sancisce questo diritto,
ovvero, in caso di cambio del gestore privato che eroga il servizio, il
singolo lavoratore ha diritto di mantenere il proprio posto di lavoro per
continuità venendo assunto dal privato subentrante e mantenendo le stesse
caratteristiche contrattuali che aveva in precedenza.
E su questo punto si apre una questione abbastanza impegnativa per
la committenza comunale reggiana dato che si palesa una realtà che fino
al periodo in questione non era mai stata resa pubblica, molti lavoratori
che dovrebbero mantenere il posto di lavoro non sono inquadrati
con contratti di lavoro regolari, o meglio per anni hanno lavorato per il
comune di Reggio Emilia attraverso le cooperative di appartenenza ma essendo inquadrati con contratti co.co.pro. e co.co.co. mentre nei bandi
era sempre stato esplicitato che le figure professionali utilizzate nei servizi
dovevano essere quanto meno educatori con contratti di livello D1
(educatore di base).
Questa situazione pone almeno alcune questioni sulle quali bisognerebbe
riflettere:
1 - se la committenza comunale bandisce delle gare d’appalto che richiedono
determinate figure professionali che hanno un determinato costo
vincolato dalla tipologia di contratto nazionale con il quale vengono inquadrate
ma poi effettivamente nei servizi lavorano educatori con contratti
di co.co.co e co.co.pro, che fine hanno fatto i soldi risparmiati su
tutti questi contratti di lavoro? Quale la tracciabilità di queste risorse che
sono pubbliche?
2 - se l’amministrazione pubblica deve essere garante di servizi di
qualità alla persona, ma per garantire quei servizi chiude più di un occhio
sui diritti dei lavoratori che erogano quei servizi perché inquadrati
con contratti di lavoro che non tutelano le loro professionalità, chi è che
doveva controllare e garantire trasparenza e qualità nel lavoro? Dovremmo
forse controllare il controllore?
Intanto la trattativa sindacale si chiude con successo e tutti gli educatori
mantengono il proprio posto di lavoro e le cooperative che non usavano
le contrattazioni richieste dai bandi sono costrette ad inquadrare i propri
lavoratori quanto meno con il livello D1, che comunque rimane il livello
di educatore di base e sicuramente non corrispondente alle richieste di
professionalità che poi effettivamente esige la committenza comunale.
Sono da segnalare anche i passaggi sempre per continuità come livello
D2 (educatore professionale) che solo una delle cooperativa che lavora
per il comune utilizzava di propria e virtuosa iniziativa e che sono stati
tutti mantenuti .
Il collettivo Eduki ha continuato la propria azione nel corso dei mesi
successivi alle assegnazioni del bando di gara in questione, organizzando
assemblee pubbliche e cercando di tessere una rete di rapporti anche con
le realtà educative presenti in provincia, ha segnalato più volte il paradosso
di fondo che avvolge la città educante di Reggio Emilia che non
tutela come dovrebbe i lavoratori del settore socio educativo nel quale ha
sempre dichiarato di detenere un’eccellenza, la città educante ha finora dichiarato di voler incontrare e accogliere le richieste dei suoi lavoratori
ma più volte ha tergiversato o glissato le richieste di confronto.
Il gruppo Eduki crede sia necessario ridefinire totalmente il sistema
degli appalti pubblici e non solo per prevenire il dumping contrattuale, lo
sfruttamento di mano d’opera e il demansionamento ma per fare in modo
che le amministrazioni siano responsabili e garanti della qualità dei servizi
e che ciò non può prescindere dalla qualità del lavoro e dal riconoscimento
delle professionalità che si spendono all’interno dei servizi stessi.
La peculiarità di una comunità educante deve essere quella di porre al
centro la persona, i suoi diritti e la sua dignità, è per questo che il gruppo
Eduki vuole fortemente mantenere concreto il confronto sui temi legati al
welfare e al futuro del sistema educativo del nostro territorio.
Compendio per un pensiero sociale
Eduki è un collettivo che nasce dall’esigenza di operatrici e operatori
del settore educativo di pensare e realizzare proposte culturali, educative
alternative e quindi politiche. Nella collettività e nella condivisione
ricerchiamo le energie e gli immaginari necessari per ripensare la figura
dell’educatore e del contesto in cui opera. Ci siamo quindi ritrovati a
riflette su quella che è la nostra professione partendo dalle nostre diverse
realtà lavorative, e questo è diventato il punto di partenza del nostro immaginario.
Pensiamo che un educatore:
• sia un professionista che lavora in ambito educativo con la piena
consapevolezza del suo ruolo e delle sue mansioni, riconoscendone potenzialità
e limiti;
• lavori a parità di diritti e di doveri con altri professionisti, con i
quali condivide progetti e intenti, rispettando e facendo rispettare il suo
ruolo all’interno dei diversi contesti lavorativi;
• conosca potenzialità e limiti dei contesti in cui opera, e in essi
deve svolgere il suo lavoro con la libertà di scelta e non accettando incondizionatamente
obblighi, spesso frutto di squilibri di potere;
• l’educatore che ci immaginiamo riconosce la sua professionalità
e di conseguenza vuole conoscere il contesto lavorativo in cui opera, influenzandone
attivamente le progettualità.
Il collettivo che ci immaginiamo è:
• un gruppo di cittadini, donne, uomini, genitori, educatori, insegnanti,
che vogliono condividere pubblicamente le proprie esperienze e
riflessioni, per creare spazi di confronto.
• un laboratorio di formazione professionale attraverso corsi, incontri
di progettazione di attività sociale e politica
• una risposta concreta agli squilibri di potere dei contesti lavorativi
che impediscono l’affermazione e la legittimazione dei diritti e dei
doveri della figura professionale dell’educatore;
• un luogo in cui la collettività elabora strategie per mettere in relazione
persone idee ed energie, con la finalità di consolidare un movimento
sociale forte, che è in relazione con le altre realtà sociali del territorio
e che rappresenta un interlocutore per i lavoratori del settore, per i
cittadini, e per le amministrazioni politiche, pubbliche e private.