Reggio Emilia alla rovescia: Reddito di esistenza

17 / 4 / 2015

La novità del mercato del lavoro è quella del lavoro senza reddito…e se invece pensassimo ad un reddito senza lavoro? Da tempo è entrata a far parte della vulgata l’idea che il lavoro non debba essere necessariamente pagato: stage, tirocini e infine il lavoro volontario. Quest’ultimo è ormai in voga in diverse iniziative culturali che propongono un’arricchente e stimolante esperienza di lavoro in cui incontrerai persone interessanti che apriranno nuove strade per la tua futura carriera... ma intanto quello che si ritiene “normale” è che una persona lavori senza ricevere nulla in cambio... Il fatto che tutto questo sia ritenuto condivisibile da una parte della nostra società é allarmante e rende urgente uno sforzo creativo in senso opposto: perché allora non pensare ad un reddito senza lavoro? Può sembrare qualcosa di tremendamente utopico e folle ma se ci si pensa bene non è altrettanto folle parlare e ahimè praticare politiche di lavoro senza reddito? In Italia stiamo assistendo all’incapacità del welfare state di far fronte alle necessità dei cittadini: la crisi che stiamo attraversando è una crisi economica, culturale e morale. Occorre ripensare il ruolo della persona nella società e nelle relazioni perché questo è un nodo fondamentale: il modo di creare delle relazioni dotate di senso e la scelta di come relazionarsi sono in crisi; la crisi dunque è morale perché le relazioni sono improntate non sulla giustizia sociale ma su altri valori. Questo sistema di valori sembra cristallizzato: la crisi di giustizia ha portato e continua a portare enormi disuguaglianze. Ad oggi si può affermare che non c’è lavoro per tutti e che negli anni a venire ce ne sarà sempre meno; parallelamente le misure di sostegno al reddito, i cosiddetti ammortizzatori sociali, non sono distribuiti a tutti i cittadini e sono fonte di disparità ulteriori. Attualmente l’individuo beneficiario di misure di sostegno al reddito viene considerato solo sotto l’aspetto economico e socio-sanitario senza tenere in minima considerazione i bisogni, le idee e le azioni che ne conseguono. Le persone vengono considerate tutte uguali: l’idea che sta alla base del welfare state attuale è che coloro che sono in stato di bisogno agiscono allo stesso modo cioè orienteranno le loro azioni per massimizzare l’utile. Tutto questo è piuttosto riduttivo perché non tiene conto di come la persona beneficiaria si relaziona con la collettività e di come potrà cambiare la sua vita nelle relazioni con gli altri. In questo quadro, in cui la concezione del lavoro produttivo non può più essere quella che ha caratterizzato il ventesimo secolo ed in cui é evidente ripensare i valori fondanti su cui può essere costruita una convivenza solida ed accettabile, una risposta può essere appunto la redistribuzione della ricchezza in maniera diversa da quella attuale e quindi arrivare a pensare ad un reddito di esistenza universale, individuale e incondizionato. Occorre prendere coscienza di alcune convenzioni sociali che sono latenti e che orientano pesantemente il nostro modo di vedere gli altri, il lavoro, il tempo e l’esistenza. Pensando al reddito dato a tutti per il “solo” fatto che tutti abbiamo diritto ad un’esistenza degna, un’obiezione potrebbe essere: “Se tutti avessimo un reddito garantito, chi lavorerebbe?” Nelle realtà in cui si è sperimentato il reddito di esistenza si è visto come le persone si sono maggiormente impegnate per rendere migliore la propria vita e quella altrui restituendo alla collettività quanto avevano ricevuto non in termini monetari ma di tempo. In un’epoca in cui tutto viene monetizzato, il tempo è la risorsa più preziosa che abbiamo e che non ci può essere restituita. Oggi si dà più valore al lavoro che al tempo: sembra quasi che più si è impegnati nel lavoro più si venga riconosciuti a livello sociale. Il legame considerato una colonna portante del reddito-lavoro può essere scardinato e si può pensare invece che non è necessario lavorare per avere un reddito. Tutti hanno diritto a un’esistenza dignitosa nella quale possano trovare la propria strada. Svincolando il reddito dal lavoro le possibilità che si aprono sono nuove ed estremamente interessanti. Per esempio se tutti avessero un reddito potrebbero scegliere quale lavoro svolgere e discutere con maggiore respiro le condizioni di lavoro: in altre parole saremmo meno ricattabili! Un reddito di esistenza consentirebbe di avere degli spazi e dei tempi per pensare, incontrarsi, creare... non risolverebbe tutti i problemi ma sarebbe un ottimo strumento per combattere le disuguaglianze. Al contrario di quello che si potrebbe pensare la fattibilità economica non sarebbe l’ostacolo principale: diversi studi e simulazioni hanno dimostrato che le risorse ci sarebbero, si tratta solo di come vengono gestite, ovvero delle scelte politiche che vengono compiute. La sfida più grande si rivela quindi di natura culturale e etica. Per arrivare a questo occorre un profondo cambiamento a livello di mentalità: idee e pregiudizi come: “Non posso accettare che tutti ricevano un reddito di esistenza perché gli altri sono fannulloni” sono così radicati nella nostra società individualista che è necessario un grande lavoro culturale di cambiamento e di ripensamento del valore che viene dato alla persona in quanto soggetto dotato di pensieri, desideri e diritti! In molti contesti si vede come il denaro ha più valore della persona: se qualcuno ha perso il lavoro è anche un po’ sua la colpa, in altre parole se l’è meritato. Queste idee sono latenti nel nostro modo di pensare ma si manifestano nel modo in cui consideriamo gli altri, il lavoro, il denaro, sul sostegno che diamo ad un partito politico piuttosto che ad un altro, sulle decisioni in merito alla redistribuzione della ricchezza… Una sperimentazione sul reddito di esistenza è stata portata avanti a Reggio Emilia per un anno all’interno del laboratorio sul Reddito di esistenza promosso da Mag6. La beneficiaria è stata una persona che ha potuto provare sulla sua pelle cosa volesse dire che la collettività si fosse fatta carico dei suoi bisogni per un anno e lei diventasse almeno temporaneamente più libera di pensare a se stessa ed a cosa cercava per il proprio futuro. La sua testimonianza la si può trovare in questo documento http:// www.bin-italia.org/UP/pubb reddito_esistenza_13_ottobre_%202014. pdf nel quale i partecipanti al laboratorio hanno deciso di relazionare la loro esperienza di ricerca e scambio. Questo laboratorio rientra in una progettualità più ampia, che attraverso vari strumenti quali il dono o il prestito di beni e servizi, l’uso di una moneta complementare, la riflessione e l’autoformazione sulla natura ed il ruolo del denaro nella nostra società, mira a contrastare la monetizzazione di ogni aspetto della vita della persona ed a riportare al centro la mutualità nelle relazioni e nei percorsi di ogni membro di una comunità. Il percorso verso la città che vogliamo richiede libertà nell’immaginare nuove strade fuori dal sentiero battuto comunemente e coraggio nel percorrerle. Qualcuno ha detto che tutte le grandi scoperte dell’umanità erano inconcepibili ed assurde, prima che qualcuno ci pensasse.

Reggio Emilia alla rovescia

Reggio Emilia alla rovescia: Reddito di esistenza