“A coloro la cui umanità è troppo preziosa
per essere distrutta da muri, sbarre e case della morte.
E
soprattutto: a coloro che continueranno a lottare finché il razzismo
e l’ingiustizia di classe non saranno banditi per sempre dalla
nostra storia.” Angela Davis
Per la prima volta approderà in Italia dal 7 al 12 Aprile una carovana di attivisti storici dei movimenti Black statunitensi. Due attiviste del Sekou Odinga Defense Committee: Dequi Odinga, insegnante e moglie di Sekou Odinga (fondatore dei Black Panthers del Bronx di NY e in prigione dal 1981 al novembre 2014) e Yaa Asantewaa Nzingha, artista, educatrice. Insieme a loro George Sen One Morillo, attivista, fuorilegge dei primi anni '80, ricercato per i suoi graffiti dalla polizia di Nyc nonché uno dei primi writers al mondo, e infine M1 (ossia Mutulu Olugbala aka M1 from Dead Prez), leggenda dell'hip hop militante mondiale.
Proponiamo qui di seguito alcuni elementi utili per l'introduzione al dibattito.
Uno dei
momenti più importanti, nella storia dei diritti degli afroamericani
negli States, si inserisce nel biennio tra 1964-65.
Dopo
l'assassinio di Kennedy del 1963, il presidente Johnson da una parte
promulga - nel '64 - il civil rights act estendendo così i diritti
civili alla comunità afroamericana ( divieto di discriminazione in
luoghi pubblici), dall'altra allarga il 24esimo emendamento della
Costituzione con l'eliminazione dell'obbligo del pagamento di una
tassa per la popolazione nera per avere accesso al
voto.
Successivamente, nel 1965, dopo le marce da Selma a Montgomery - finite spesso e volentieri in veri e propri bagni di sangue ( nuovamente alla ribalta grazie al film Selma - La strada per la libertà nelle sale in questo periodo) – viene elargito anche il Voting rights act assicurando di fatto il voto agli afroamericani e dandogli ulteriori garanzie nell'accesso al mercato del lavoro con l'executive order 11246 a tutela delle minoranze etniche.
Passaggi
epocali per una comunità colpita soprattutto da una segregazione de
lege nella parte meridionale degli USA.
Sembra quindi
chiudersi in maniera positiva la grande stagione di lotte condotte da
King e altre associazioni.
Invece qualcosa scatta nelle menti
della comunità afroamericana. Da subito emerge come il semplice
emanare leggi non cambi una segregazione de facto sempre viva e
pulsante nel cuore dell'America bianca e razzista; di conseguenza si
sposta il baricentro degli obbiettivi da raggiungere così anche il
baricentro politico: Dal Sud, il ritorno al Nord.
Sì, si può
parlare di “ritorno” perché quando parliamo di orgoglio nero, di
riscoperta di tradizioni etniche e di storia africana parliamo di un
piccolo uomo giamaicano nel primo decennio del 900, Marcus Garvey.
Uno dei primi a parlare della necessità della creazione di un
stablishment nero in grado di competere e scavalcare quello
bianco.
Tornando agli anni '60 il contesto chiedeva un altro tipo
di lettura: erano gli anni dell'indipendenza delle prime nazioni
africane, gli anni in cui Malcom X ( il padre era seguace di Gravey)
promulgava la Nation of Islam facendo leva sulla necessità di avere
una cultura, una tradizione ed una religione totalmente slegata
"dall'uomo bianco".
Il primo a coniare il concetto del
"black power" è Stokely Carmichael nel 1966 a seguito del
ferimento di James Meredith. Quest'ultimo era un giovane
afroamericano che, ammesso a frequentare la University of Mississipi,
voleva dimostrare, marciando verso la capitale Jackson, come non si
dovesse più temere il razzismo dell'uomo bianco. Dopo aver marciato
per 20 km fu ferito da un fucile. Sebbene King riprese la marcia poco
dopo, appariva ormai chiaro che la strategia non violenta del "I
Have a Dream” aveva le ore contate.
Bisogna fare attenzione
a non leggere in contrapposizione le due strategie: Robert Williams
della NAACP (National Association for Advancement of Colored People)
benché facente parte di una delle più grosse organizzazioni per i
diritti afroamericani , già nel '62 aveva cominciato a parlare della
necessità di autotutela, con un articolo dal titolo eloquente
"NEGROES WITH GUNS".
Ufficialmente il primo Black
panther party viene fondato nel 1966 ad Oakland in California da
Newton e Bobby Seale.
La peculiarità delle Pantere nere fu quella di rifiutare le istanze non violente e integrazioniste di King, a loro avviso inefficaci e addirittura motivate da una nascosta collusione con le strutture di potere dei bianchi. Al principio della non violenza le Pantere sostituirono quello dell'autodifesa (self-defence) come strumento di lotta fondamentale. In particolare, cominciarono a praticare il "Patrolling". Questo consisteva nel pattugliare, tenendo sempre le armi in bella vista, le azioni della polizia, in modo da condizionarne l'operato, impedendo che questa abusasse del suo potere contro le persone di colore che fermava. Altra peculiarità del Black Panther Party fu la lettura della discriminazione dei neri all'interno di un'ottica marxista-leninista di lotta di classe, e quindi di opposizione alla struttura capitalistica della società statunitense.
Il
partito nacque sulla base di dieci punti programmatici (il ten point
plan, "piano dei dieci punti"). Questi punti erano così
descritti nello statuto dell'organizzazione:
1. Vogliamo la
libertà, vogliamo il potere di determinare il destino della nostra
comunità nera
2. Vogliamo piena occupazione per la nostra
gente
3. Vogliamo la fine della rapina della nostra comunità
nera da parte dell'uomo bianco
4. Vogliamo abitazioni
decenti, adatte a esseri umani
5. Vogliamo per la nostra
gente un'istruzione che smascheri la vera natura di questa società
americana decadente. Vogliamo un'istruzione che ci insegni la nostra
vera storia e il nostro ruolo nella società attuale
6.
Vogliamo che tutti gli uomini neri siano esentati dal servizio
militare
7. Vogliamo la fine immediata della brutalità
della polizia e dell'assassinio della gente nera
8. Vogliamo
la libertà per tutti gli uomini neri detenuti nelle prigioni e nelle
carceri federali, statali, di contea e municipali
9.
Vogliamo che tutta la gente nera rinviata a giudizio sia giudicata in
tribunale da una giuria di loro pari o da gente delle comunità nere,
come è previsto dalla costituzione degli Stati Uniti
10.
Vogliamo terra, pane, abitazioni, istruzione, vestiti, giustizia e
pace
Oltre a questi punti, il Partito sviluppò, attraverso specifiche campagne, una strategia di radicamento sociale che fu, più che il possesso delle armi, la vera chiave di volta della loro lotta politica e il nucleo della strategia dell'autodifesa. Nacquero così diversi programmi a favore delle comunità, come il Free Breakfast for Children (programma di colazioni gratuite per i bambini neri), il programma di assistenza sanitaria gratuita per i neri, e le scuole di educazione politica per gli adulti. Inoltre le pantere nere provvedevano ad accompagnare i parenti dei detenuti di colore che avevano l'impossibilità di muoversi autonomamente e con i mezzi pubblici alle carceri tramite un vero e proprio servizio di trasporti.
La repressione governativa
però non tardò a farsi sentire. Il movimento entrò nel mirino di
Edgar Hoover e dell'FBI, che iniziò a operare per smantellarlo
attraverso l'infiltrazione di agenti sotto copertura, blitz nelle
sedi del movimento, arresti e altre forme di repressione. Famoso, a
tal proposito, fu l'assassinio di Fred Hampton, uno dei leader del
movimento, il 4 dicembre 1969. La repressione divise il partito, che
finì per dissolversi; i militanti intrapresero altre e diverse forme
di lotta, dalla lotta armata a posizioni più moderate.
Le Pantere
segnarono la storia contemporanea della società americana. Figure
come quelle di Bobby Seale, Huey P. Newton, George Jackson, Angela
Davis e altri divennero simboli della rivolta contro la
discriminazione razziale e dell'emancipazione degli afroamericani.
A distanza di quasi cinquantanni, fatti come il pestaggio di Rodney King del 1992 e i recenti avvenimenti di Ferguson del 2014, fanno riflettere!
La situazione negli Stati Uniti è davvero cambiata? La presenza di un presidente “nero” esprime realmente un cambiamento reale a livello culturale? La politica post-razziale di Obama ha prodotto i risultati sperati?
Ne parleremo con:
Dequi
Kioni-Sadiki
Attivista, insegnante, membro del Sekou Odinga
Defense Committee e moglie di Sekou Odinga
George Sen One
Morillo
Attivista, nei primi degli anni '80 era ricercato dalla
polizia di Nyc per i suoi graffiti. E' considerato uno dei writers
storici del mondo.
Mutulu Olugbala aka M1
From "Dead
prez", leggenda dell'hip hop mondiale
Yaa Asantewaa
Nzingha
Artista, attivista, educatrice e membro del Sekou Odinga
Defense Committee
Un'occasione unica per confrontarsi sulla
lotta per i diritti umani e politici delle comunità afroamericane,
dei detenuti politici e della lotta di resistenza negli Stati Uniti.
Il dibattito si snoderà dipanando un fil rouge che lega i movimenti
black degli USA anni '60, passando attraverso la cultura di strada
degli albori dell'hip hop, fino alla lotta armata degli anni 70/80,
arrivando ai giorni nostri, con alcuni militanti sono ancora accusati
di terrorismo (Assata Shakur) e le notizie che arrivano dalla
Pennsylvania, dove a Mumia Abu-Jamal storico attivista delle Black
Panthers è stato ricoverato in gravi condizioni di salute e gli è
stata negata la visita dalla famiglia. Un incontro pensato per far
raccontare per la prima volta in Italia coloro che hanno vissuto
quegli anni e la seguente dura repressione sulla propria pelle,
pagando, col carcere e non solo, la propria appartenenza politica e
la coerenza delle proprie idee.
Appuntamenti :
8 aprile 2015: Roma - Forte Prenestino
9 aprile 2015: Padova - Pedro
10 aprile 2015: Bologna - TPO
11 aprile 2015: Torino - Gabrio
Per coloro i quali ancora oggi ingiustizia e razzismo rappresentano dei veri ostacoli alla reale convivenza civile la presenza è d’obbligo.