A proposito delle elezioni di Napoli e di Milano.

31 / 5 / 2011

libero

Riferendosi ad esse molti pensano che "la liberazione è un esercizio quotidiano". Intendendo che la vita è spesso soggiogata dell'elettoralismo e dalle sue ingannevoli vittorie. Si ha paura dei  malefici, dei danni, dello spettacolo, delle facili illusioni e della forte forza di alienazione insita nella rappresentanza. Troppo volte siamo stati ustionati dalle derive elettoralistiche e dal delirio amministrativista.

Ma è pur vero che un buon ambiente non guasta e aiuta.  

Giso Amendola ha visto lontano scrivendo: "Veltroni ha dichiarato che sta finendo la nottata. Poi si è trasformato in pipistrello ed è sparito." La nottata è al di là da finire e ci si innamora dell'oscurità rimanendone prigionieri se non si consolidano organizzazioni non centraliste e antirappresentative, se non nascono le istituzione del comune fra e oltre la putrescenza del pubblico e del privato, oltre i partiti.

Occorre porre un punto fermo: questo centrosinistra non basta. Occorre andare contro ed in odio alla destra oltre la sinistra.

Amministrare non è cambiare le cose e la vita. Per questo occorre fare moltitudine. Non c'è altro dispositivo possibile.

Ma anche coi limiti e la compressione del terreno elettorale questo dispositivo è cominciato a funzionare a Napoli e Milano. 

Le figure di Pisapia e di de Magistris si sono messe in produzione in un tumultuoso spazio postpolitico e pre- biopolitico dove è riuscita a canalizzarsi una potenza immanente del comune fagocitata e promossa dai movimenti territoriali e sociali, dai centri sociali più capaci, da quelli del tumulto del 14 dicembre a Roma. Questo è stato lo start ed il carburante politico, teorico, e sociale per queste vittorie. 

De Magistris a Napoli si è costituito oltre il pataracchio del centrosinistra e delle sue primarie. Pisapia a Milano si è imposto e non è stato proposto dal centrosinistra; altri erano i candidati ed i progetti della maggioranza di questa coalizione. E la sua storia sopravanza questa coalizione.

Si tratta di fatti e verità inoppugnabili e sono state le premesse indispensabili per rompere il circolo vizioso ed autoreferenziale dell'autonomia della politica partorendo il flusso costituente di queste due vittorie elettorali.

Il PD non ha vinto e nemmeno SEL e IDV hanno ottenuto grandi risultati. Rifondazione, invece, è riuscita solo a riscattarsi dall'emarginazione politica in cui era stata costretta negli ultimi tempi.

Ma tutti, non sono stati trainati, come si dice in televisione, dalla forza di un nuovo modo di fare politica creati dai movimenti che hanno investito queste campagne elettorali oltre che dalle personalità e della storia dei due candidati? Che si sia vinto con pochi soldi e poca struttura partitocratica e pochissima politica classica non significa niente?

Vedere questo e superare le banalità televisive del nuovo modo di fare politica - decine di nuovi modo di fare politica dagli anni settanta ad oggi sono stati proclamati in vari momenti ma nessuno, nessuno, è sopravvissuto alla sola esaltazione ideologica, di un particolare momento - introducendo nel nostro vocabolario parole come comune, moltitudini, biopolitica e immanenza ci difenderà dai rischi del piombare in un personalismo "alternativo" e dalla captazione del capitale di queste vittorie attraverso la rappresentanza e la separatezza dalla vita reale. Vittorie che se restano solo elettorali rinnovano il dominio e non aprono spazi di indipendenza. Ci aiuterà molto anche non dimenticare le virtù dei tumulti. 

E' possibile che quello che è successo a Napoli e a Milano non siano solo semplici vittorie elettorali? 

Non potrebbe trattarsi di tumulti, scomposizioni sociali, compressi nelle elezioni?

dott. nessuno.