Comunicato Stampa

Bari - Mercato Occupato

Utente: virus
5 / 6 / 2010

Forse ai nostri giorni l'obiettivo non è quello di scoprire che cosa siamo, ma di rifiutare quello che siamo. Dobbiamo immaginare e costruire quello che potremmo essere.” ------>Michel Foucault

Siamo precarie/i, facciamo parte di una generazione che non ha futuro semplicemente perché ci è stato tolto. Facciamo parte di quella generazione che vivrà, suo malgrado, peggio della generazione precedente. Viviamo in “libertà vigilata”, non possiamo avere sogni, non aspirare a fare nella vita quello che sappiamo fare, quello per cui abbiamo studiato, quello che ci viene più naturale. Spesso, al contrario, studiamo cose solo per provare a entrare in un mercato del lavoro inesistente. Alcuni di noi fanno parte di quei due milioni di ragazze e ragazzi tra i 19 e 30 anni che secondo l'Istat non studiano e non lavorano. Siamo condannati a vivere un unico presente. Ci viene detto o imposto di non fermarci mai, perché per arrivare dove dobbiamo c’é bisogno di risparmiare tempo e ossigeno; per arrivare a mete fittizie che ci indirizzino in direzioni diverse,
direzioni che inesorabilmente ci allontanano gli uni dagli altri. Attraversiamo le città come luoghi alieni, ostili, incapaci di ascoltare le nostre grida e incapaci di essere scenario ai nostri desideri.

Abbiamo deciso di partire dalla riappropriazione di uno spazio degradato e abbandonato. Degradato e abbandonato come degradate e abbandonate sono le periferie delle nostre città. Lì dove ogni piazza diviene un corridoio senza panche né finestre, grigia e desolata a sussurrarci di non indugiare troppo perché il tempo scorre inarrestabile e il “tempo è denaro”.
E´ arrivato per la nostra generazione il momento di dire basta, il momento di scendere da questa folle giostra. E´il momento di abbattere le pareti senza finestre di questi corridoi di solitudine per farvi passare la luce, il futuro.
E´il momento di tornare dai segmenti ai cerchi.
Oggi ci riappropriamo di una struttura senza vita, un vecchio mercato di periferia e lo trasformiamo in un vero mercato, un suq mediorientale, un foro romano, un punto di incontro. Abbiamo deciso di praticare l'alternativa, cioè noi. Abbiamo deciso di provare a riconquistare ciò che è nostro, iniziando a costruire quello che vogliamo in un luogo trasformandolo da grigio a colorato, da vuoto a pieno di idee e sogni, da povero a ricco di storie, vite, narrazioni.

La società, le persone sono state espropriate della politica come strumento di emancipazione, capacità di progetto, come arma di trasformazione dell'esistente.
Così la rappresentanza è divenuta delega, l'azione politica si è trasformata in favore. La politica è diventata gestione dell'esistente, galleggiamento sulla palude, commercio di posti di potere senza senso sociale.
Perciò essa oggi è incapace di leggere la crisi, e di costruire elementi di riscatto. Perchè essa stessa è in crisi. E continua a scaricare in basso i suoi costi, nella speranza di conservarsi, ma di fatto consumandosi.
Rifiutare questa politica non è antipolitica, ma è qualcosa di propriamente politico.
Ricostruire un immaginario, un linguaggio, una forma dello stare insieme significa mettere in discussione, aggredire una paradigma stagnante. E affermarne un altro: che gli spazi di autonomia, di libertà, di comune che vogliamo creare sono pezzi emergenti del tessuto sociale che si autorappresentano, che aboliscono quella divaricazione tra il politico e il sociale, e che diventano immediatamente sperimentazione dell'alternativa.
Questa è la nostra idea di politica, che non ci sta a rinchiudersi nel ghetto ma che è pronta a invadere le stanze e i palazzi della Politica con la P maiuscola, a rovesciare equilibri e gerarchie, a riaffermare una possibilità di riscatto.
Lo spazio che ci prenderemo sarà aperto a tutte e tutti coloro che ancora oggi si dicono antifascisti, antirazzisti, ambientalisti. Non ci saranno steccati oltre questo.

“Ci hanno insegnato la meraviglia verso la gente che ruba il pane, ora sappiamo che è un delitto il non rubare quando si ha fame”. (F. De Andrè)
E noi abbiamo ancora fame di futuro, di sogni, di desideri!


Stamattina un gruppo di "bamboccioni", attivisti dei movimenti studenteschi, antirazzisti, antifascisti e ambientalisti di terra di Bari ha occupato il Mercato Coperto di Poggiofranco.
Un luogo grigio e abbandonato al degrado.
La nota precedente è il documento politico che spiega chi siamo, cosa faremo e cosa vogliamo.
L'ultima manovra del governo è per noi un insulto, ancora una volta soprattutto su di noi viene scaricato il costo di una crisi che nessuno di noi ha generato. E' stata l'ultima goccia che ha fatto traboccare un vaso pieno di precarietà, assenza di futuro, di prospettiva, di socialità.
Per questo abbiamo deciso di incontrarci in un luogo rimesso in piedi, dove produrre arte (mostre fotografiche, laboratori artistici) cultura, scambio di idee e saperi e soggettivare politicamente una generazione.
Nessuno ci può fermare.

"Ore 17.00 Riunione sulla strage dei 16 Attivisti da parte di Israele"